Sarkozy e Zorro: tasse alle TV private per aiutare quelle pubbliche


Zorro


Nicolas Sarkozy alla riscossa. Al presidente piace il mondo mediatico e la celebrazione. In questi tempi di occhi puntati sulla di lui vita privata – a volte, appare, più all’estero, in quest’Italia cui tanto piace il gossip e, perchè no, il voyeurismo, che nella stessa Francia – Sarkozy pensa ad una riforma delle dinamiche televisive d’oltralpe. Ecco la proposta: eliminare gli spot commerciali dalla tv pubblica e tassare i ricavi pubblicitari dei canali privati per ridurre il deficit.


Durante la conferenza stampa di inizio anno, nel Salone delle feste dell’Eliseo, Nicolas Sarkozy ha annunciato le sue intenzioni a più di 500 tra giornalisti, fotografi e operatori televisivi provenienti da oltre quaranta Paesi. Al Presidente, come è normale che sia, è toccato anche rispondere alle inevitabili domande sulla sua relazione con la cantante ed ex modella italiana Carla Bruni. E’ una storia seria, ha affermato. Difficile immaginare il contrario – o che semplicemente affermasse qualcosa di differente – dopo la maestosa esposizione mediatica del loro viaggio in Egitto e delle romantiche passeggiate tra le Piramidi.


Tornando alla realtà, il capo dello Stato ha esordito affrontando il tema del rinnovamento culturale del servizio pubblico radio-televisivo. Un settore che, nei suoi piani, deve mirare alla qualità e non può funzionare solo con criteri mercantili. La proposta concreta? Voglio che i requisiti della televisione pubblica siano modificati profondamente, e voglio considerare la possibilità di eliminare completamente le pubblicità dai canali pubblici. Togliere, dunque, gli introiti pubblicitari al broadcasting pubblico, per assicurarne un innalzamento effettivo dal punto di vista dei contenuti e della qualità. Il finanziamento e quindi la sussistenza economica della Tv pubblica potrebbero essere assicurati per altra via. Potrebbe essere introdotta una tassa più alta sulla raccolta pubblicitaria delle tv private e una tassa infinitesimale sul volume d’affari dei nuovi mezzi di comunicazione, come internet o la telefonia mobile.

Nobile nelle intenzioni e nei contenuti: Sarkozy crede che la tv di stato abbia un ruolo sociale importante, e che questo ruolo vada difeso e assicurato. Ergo, la suddetta non può operare secondo mere logiche commerciali. Nobile, sì. Ma come la prenderanno i destinatari delle tasse rigonfiate? Per il momento, ha risposto solo il mercato: dopo la sarkozyana conferenza, le azioni del gruppo di tv commerciale Tf1 sono salite del 10% e quelle di M6 di quasi il 7%. Sono salite, quindi, anche le azioni della società Bouygues, legata a TF1 e il cui presidente è un caro amico di Sarkozy.


Il Presidente Sarkozy ha toccato molti altri argomenti. Ha esposto la direzione che intraprenderà la Francia sul piano internazionale. Agirà in favore di Germania, Giappone, Brasile, India e di un grande paese africano, affinchè diventino membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Le ragioni di questo operato sono chiare e precise: non si possono definire i grandi temi mondiali, ha spiegato il Presidente, senza avere la presenza di un paese africano o sud americano. Quello che intende fare la Francia è proprio chiedere un’organizzazione che corrisponda al mondo d’oggi e non di ieri.


Sulla questione immigrazione, ecco la posizione francese. Italia e Spagna hanno chiesto di organizzare con la Francia espulsioni collettive. Si vuole, ha precisato il Presidente, arrivare alle 25.000 espulsioni: si tratta di applicare decisioni della giustizia. Il Capo dellìEliseo non si è soffermato in particolari sul come verranno effettuate queste espulsioni, ma ha riferito che il premier italiano, Romano Prodi, e quello spagnolo, Zapatero, gliele avrebbero richieste. Per contro, il ministro Giuliano Amato, da Roma, ha precisato subito dopo, ufficialmente, che l’Italia non fa nessuna espulsione collettiva. Nelle sue parole: Da noi le espulsioni sono regolate dalla legge Bossi-Fini, che prevede specifici provvedimenti di espulsione. Tutto prevediamo, dunque, fuorché la possibilità di espulsioni di massa o di gruppo.


Per quanto riguarda la politica interna, tornando in Francia, Nicolas Sarkozy ha ripetuto vuovamente la sua intenzione a eliminare nel 2008 il tetto delle 35 ore settimanali lavorative. Un limite introdotto nel 1998, quando al governo c’era l’opposizione socialista, e che i governi di centro-destra, antecedenti a quello attuale, hanno già cominciato a modificare nell’ottica di eliminarle completamente. Sarkozy, lo scorso novembre, aveva annunciato alcune modifiche, con la proposta di esentare alcune imprese dal tetto delle 35 ore in cambio di aumenti salariali.

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