Immigrazione, l’ennesima tragedia: “Decine di morti in mare”

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E’ successa un’altra tragedia dell’immigrazione, l’ennesima, questa mattina al largo di Lampedusa. Un rimorchiatore cipriota aveva prestato i primi soccorsi e segnalato alla Centrale operativa delle Capitanerie di porto un barcone in avaria a 90 miglia dall’isola, ed era partito subito da Catania un elicottero della Guardia Costiera, che aveva poi calato sulla barca un cestello con acqua e generi di prima necessità.
Successivamente, alle 14.40, quattro motovedette hanno raggiunto il barcone, ed iniziato il trasferimento degli occupanti, ormai stremati, per il trasferimento al porto di Lampedusa. Tre di loro erano gravemente disidratati, tra questi anche una donna incinta.
Anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Altero Matteoli e il comandante della Capitaneria di porto di Pantelleria, Giovanni Nicosia, hanno seguito le operazioni di soccorso.
Stando a quanto riferito dai primi superstiti, durante il viaggio in mare decine di migranti sarebbero morti di stenti e di fame, e i loro cadaveri sarebbero stati abbandonati in mare. Una delle quattro marocchine soccorse dalla Guardia Costiera avrebbe raccontato: “Eravamo trecento, ma un centinaio, sopratutto donne, non ce l’hanno fatta e gli uomini sono stati costretti a buttare in acqua i loro corpi“.
Il motore sarebbe infatti andato in avaria poco dopo la partenza
, e il barcone sarebbe rimasto per giorni in balia delle onde.Le forze dell’ordine, tuttavia, devono ancora vagliare queste prime testimonianze.

Il governo approva il rifinanziamento delle missioni. Ritiro soldati, Napolitano frena Bossi

 
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Il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il decreto sul rifinanziamento delle missioni militari all’estero, che prevede comunque una riduzione del costo delle operazioni dagli 811 milioni di euro del semestre scorso a 694, come annunciato dal ministro della Difesa Ignazio La Russa.
Ieri la Lega aveva annunciato la possibilità di un ritiro di alcuni soldati, e oggi il leader del partito, Umberto Bossi, al termine della riunione, ha dichiarato: “Grazie alla Lega migliaia di soldati torneranno a casa“. Ma oggi era stato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a frenare su questa ipotesi, affermando: “No a decisioni o ritiri unilaterali: toghether out or toghether in”.
Oggi, dopo l’incontro a Palazzo Chigi tra il premier Berlusconi e i ministri La Russa, Calderoli, Frattini, Maroni e Tremonti ed il sottosegretario Letta, è stato quindi deciso che l’importo complessivo per le missioni ammonterà a circa 700 milioni di euro, comprensivi di altri tre mesi di impegno in Libia, mentre verrà ridotto di circa 600 uomini il contingente in Libano.
Il ministro Calderoli, invece, ha annunciato che “Dei 9950 militari attualmente impegnati, 2078 uomini rientreranno a casa entro fine anno”, e di questi, ha aggiunto, “mille uomini rientreranno entro il 30 settembre 2011, mentre gli altri 1078 entro il 31 dicembre 2011″.

Ministeri al Nord, no da Pd, Alemanno e Polverini. Critiche dalla Cei

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E’ polemica ormai anche all’interno della stessa maggioranza per la richiesta della Lega, ribadita ieri dal suo leader Umberto Bossi in occasione del tradizionale raduno di Pontida, di trasferire alcuni ministeri da Roma al Nord. Domani, infatti, si terrà alla Camera il voto di fiducia sul “decreto sviluppo”, ma il Pd ha annunciato di voler presentare un ordine del giorno contro il trasferimento dei ministeri, e il sindaco di Roma Gianni Alemanno intende presentare una mozione analoga all’interno del Pdl, ed ha firmato la petizione popolare, presentata dalla presidente della Regione Lazio Renata Polverini, per far rimanere i ministeri a Roma.
Il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, in mattinata, aveva cercato di arginare le divisioni su questo tema all’interno della maggioranza, affermando: “E’ in atto un confronto ma è sbagliato drammatizzare sia da parte di chi è al Nord e sia per chi è a Roma che dovrebbe occuparsi di governare la Regione e il Lazio”. Cicchitto aveva poi precisato: “Non riteniamo possibile rompere l’unità dello Stato, ma è possibile ragionare sul decentramento di alcune sedi”.
Anche il coordinatore del Pdl Ignazio La Russa aveva criticato il sindaco e la governatrice, affermando: “E’ sbagliato agitarsi se ancora non piove e, in quel caso, aprire l’ombrello porta sfortuna”.

Pdl, Alfano nominato segretario politico. Si dimetterà da ministro

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Si è riunito oggi l’ufficio di presidenza del Pdl, che ha deciso di nominare un segretario politico del partito, come aveva annunciato lo stesso premier Berlusconi, e di affidare tale incarico al ministro della Giustizia Angelino Alfano, che dovrebbe comunque dimettersi da Guardasigilli. Ad Alfano sarà quindi affidata la guida politica del partito, e sarà affiancato da tre coordinatori con competenze più specifiche: Ignazio La Russa si occuperà di propaganda, Denis Verdini di organizzazione e Sandro Bondi dei valori del partito.
Per Berlusconi, la nomina di Alfano “serve per ridare slancio al partito e al nostro elettorato”, visto che, ha aggiunto il premier, il Guardasigilli “è giovane, ha fatto bene come ministro ed è ben voluto da tutti”.
La nomina di Alfano a segretario politico del Pdl dovrebbe comunque essere formalizzata entro giugno da un Consiglio nazionale convocato proprio per modificare lo statuto del partito, che finora neppure prevedeva la carica di segretario.
Resta ancora aperta, invece, la partita su chi andrà a ricoprire la carica di ministro della Giustizia al posto di Alfano. Per adesso, sono circolati diversi nomi, in particolare quello del vicepresidente della Camera Maurizio Lupi e del capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto, anche se quest’ultimo, già stamattina, aveva smentito, affermando: “Non ho nessuna intenzione di fare il ministro, preferisco il lavoro in Parlamento come sto facendo”. Lupi, invece, ha commentato: “Smettiamola con le ipotesi e il toto-nomine”.

La Russa censurato alla Camera

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La Russa, la scorsa settimana, è stato il protagonista di un acceso scontro tra lui e le forze dell’opposizione. Lo scontro si è concluso con un “Vaffa” di La Russa, contro il presidente della camera Gianfranco Fini, testimoniato dai presenti in aula e dei giornalisti presenti in quel momento.

Sono arrivate oggi le decisioni da parte del consiglio della camera, riguardo proprio gli scontri che ci sono stati in aula la settimana scorsa. In una nota, l’ufficio della presidenza della Camera, comunica che ha inviato una lettera di censura a La Russa e per conoscenza anche al premier Silvio Berlusconi.

Processo breve rinviato, è bagarre fuori e dentro Montecitorio

 

E’ stata una convulsa e tesissima giornata politica oggi alla Camera, dove la maggioranza ha cercato, invertendo l’ ordine del giorno dei lavori, di accelerare l’ iter della legge sul processo breve, che si è conclusa con le forti contestazioni dei manifestanti fuori Montecitorio, ma anche con le “escandescenze” del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, protagonista di un durissimo scontro verbale con il presidente della Camera, Gianfranco Fini.
L’ opposizione, dopo aver valutato le possibili forme di ostruzionismo, aveva chiesto a Fini di evitare il contingentamento dei tempi, e il presidente della Camera aveva accolto la richiesta raddoppiando i tempi di intervento.
Il capogruppo del PD Dario Franceschini aveva attaccato duramente il governo, affermando: ” Questa è l’ ultima delle vergogne, se non avete la forza morale di fermarvi, almeno provate vergogna per un’ altra pagina nera della Repubblica” e sostenendo che “Il processo breve ha come unico scopo di fermare il processo Mills del presidente del Consiglio, ma le conseguenze immediate saranno che migliaia di processi rischiano la prescrizione e saranno liberati anche imputati di rapina o violenza sessuale. ” Per il segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani, invece, “Questo è il governo della menzogna. Abbiamo capito a cosa serve il viaggio di Berlusconi a Lampedusa: serve a togliere i riflettori da qua, dove per salvare una sola persona si buttano a mare centinaia di processi”.
Parole simili sono state usate dal leader dell’ UDC Pierferdinando Casini, per il quale è “Il solito provvedimento che serve solo a placare le ossessioni giudiziarie del presidente del Consiglio”.

Libia, si preparano i raid. Anche l’ Italia parteciperà

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Dopo che ieri il Consiglio di Sicurezza dell’ ONU ha approvato con dieci voti a favore, cinque astenuti e nessun contrario la risoluzione che mira ad imporre una “no fly zone” sulla Libia “con tutti i mezzi a disposizione”, quindi, se necessiario, anche con l’ uso della forza, quest’ ultima ipotesi sembra farsi strada sempre di più. Nononstante, infatti, il leader libico Gheddafi abbià annunciato la sua disponibilità per il “cessate il fuoco”, venendo però smentito dagli insorti, che affermano che i combattimenti stanno continuando, i paesi dell’ ONU, e in particolare la Francia, non credendo alle parole di Gheddafi, si starebbero preparando ad un intervento militare, anche se, per adesso, sarebbe esclusa la presenza di forze di occupazione via terra.
Anche l’ Italia intenderebbe partecipare, non soltanto mettendo a disposizione le basi militari, ma anche mezzi e uomini: questo sarebbe l’ orientamento del Consiglio dei ministri straordinario di oggi e del voto delle Commissioni di Senato e Camera. Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha infatti spiegato che l’ Italia metterà a disposizione “le proprie basi e non solo”, pur ribadendo che, comunque, la risoluzione ONU “Esclude esplicitamente azioni militari terrestri”. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha invece dichiarato: “Abbiamo ricevuto numerosissime richieste prima della risoluzione ONU, per l’ utilizzo delle nostre basi. Abbiamo sempre detto di si, ma abbiamo sempre condizionato l’ utilizzo a finalità umanitarie”. Sarebbero sette le basi aeree che verrebbero rese disponibili.

Libia, i ribelli a Gheddafi: lasci entro 72 ore e non sarà processato

In Libia, il Presidente del Consiglio nazionale dell’ opposizione, Mustafa Abdel Jalil, ha lanciato un ultimatum al Colonnello:Se Muhammar Gheddafi lascerà il Paese entro le prossime 72 ore, non sarà processato per i crimini che ha commesso” ha dichiarato. La proposta comprendeva anche la fine dei bombardamenti aerei e le dimissioni del rais.
Al momento, Gheddafi non ha replicato a tale proposta: secondo alcune indiscrezioni, sarebbero infatti in corso contatti tra gli insorti e i fedelissimi del rais, per arrivare ad una mediazione. Jalil ha comunque escluso che “siano in corso trattative dirette con Gheddafi”, spiegando di aver parlato ora perchè “è necessario arrivare ad una soluzione che eviti ulteriori spargimenti di sangue”.
In un’ intervista alla tv Al Arabya, Jalil ha precisato di voler “trattare con Muhammar Gheddafi ma solo con lui e direttamente e solo se assicura che intende dimettersi”. Jalil avrebbe comunque rivelato ad Al Jazeera che sarebbe in corso una mediazione anche con la partecipazione di rappresentanti stranieri per risolvere la crisi libica. Secondo un giornale arabo, l’ ex premier sudanese Sadiq al-Mahdi avrebbe cercato di condurre questa trattativa con Abdel Jalil per conto di Gheddafi.

Cosa è successo in Libia?

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Muammar Gheddafi è apparso oggi in tv, smentendo le voci che lo volevano fuori dal paese. Le proteste contro il leader libico sono iniziate la scorsa settimana a causa del suo aspro regime. Le forze di sicurezza governative hanno violentemente represso i manifestanti, uccidendone almeno 233.

Il potere di Gheddafi è minato solo dalla rivolta popolare, ma anche dai dirigenti politici del paese, che stanno prendendo sempre più le distanze dal suo governo, che dura ormai da più di tre decenni.

L’Italia, come altri Stati, ha iniziato le operazioni di evacuazione di civili e personale, ritenuto non essenziale. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, criticato in questi giorni per la sua vicinanza a Gheddafi, ha sollecitato un intervento internazionale per scongiurare una guerra civile nel paese nordafricano.

Caso Battisti, FOTO delle proteste a Roma. Berlusconi incontra il figlio di Torregiani

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Proteste e sit-in bipartisan si sono svolte oggi a Roma davanti all’ ambasciata e alle sedi consolari brasiliane contro la mancata estradizione di Cesare Battisti, che l’ ex presidente Lula si era rifiutato di consegnare all’ Italia, dove l’ ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo (PAC) era stato condannato all’ ergastolo per quattro omicidi. Nella capitale, la manifestazione si è svolta a piazza Navona, davanti all’ ambasciata del Brasile, dove erano presenti esponenti e militanti di PDL, UDC e del Movimento per l’ Italia di Daniela Santanchè, di cui Torregiani è dirigente, ed anche di PD ed IDV. Vari gli slogan e gli striscioni contro Battisti, ma anche contro Lula.
Un presidio è stato organizzato anche a Milano dalla Lega Nord, davanti al consolato del Brasile, e un’ altra manifestazione si è tenuta a Torino, organizzata dai giovani del PDL.

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Il presidente del Consiglio Berlusconi ha incontrato stamattina Alberto Torregiani, figlio del gioielliere Pierluigi, una delle vittime di Battisti. Al termine dell’ incontro, il premier ha dichiarato: “Mi sono radicato nell’ idea che Battisti ha rivestito di ideologia politica una sua realtà di criminale vero. Questa vicenda non riguarda i nostri rapporti che abbiamo col Brasile ma un caso di giustizia per cui i nostri rapporti con quel Paese non cambieranno a causa di questa situazione”. Il premier ha anche annunciato che intenderebbe fare una conferenza stampa a Bruxelles, con il Partito Popolare Europeo, la terza settimana di gennaio, per “far conoscere la realtà dei fatti”, e anche “arrivare fino alla corte di Giustizia dell’ Aia”. Torregiani si è detto soddisfatto dell’ incontro: “Berlusconi mi ha promesso maggiore fermezza e determinazione e se ce ne sarà bisogno, useremo il pugno duro” ha dichiarato.

Maggioranza battuta alla Camera. I finiani: “No alla fiducia” – FOTO

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La maggioranza è stata battuta per due volte, oggi alla Camera, nel corso della votazione sull’ articolo 4 della ratifica delle modifiche al Trattato dell’ Unione Europea che assegna all’ Italia un seggio supplementare al Parlamento europeo.

Quando, infatti, l’ emendamento proposto dalla maggioranza era stato bocciato da una votazione a scrutinio segreto, il PDL aveva deciso di votare contro l’ intero articolo, ma i finiani di Futuro e Libertà hanno votato assieme al PD e all’ UDC, consentendo che l’ articolo passasse con 292 si, 250 no e un astenuto. La norma prevede che i seggi al Parlamento europeo passino da 72 a 73 e che il seggio supplementare venga assegnato all’ UDC.

La maggioranza, col suo emendamento, voleva che l’ assegnazione  del seggio venisse fatta con una diversa  redistribuzione del voto, in modo che venisse attribuito al PDL, e non all’ UDC, come previsto dall’ emendamento dell’ opposizione poi approvato.

Il voto di oggi ripropone la questione della tenuta del governo, al punto che il ministro dell’ Interno Maroni ha dichiarato: “Non so neanche se arriveremo a fare il decreto di fine anno” sul federalismo.

Intanto, i finiani, tramite il loro capogruppo alla Camera, Italo Bocchino, avvertono: “non ci sono le condizioni per cui noi possiamo votare in questo momento la fiducia al governo Berlusconi.”

Berlusconi: “Fiducia o elezioni”. Napolitano: “Ci vuole responsabilità”

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Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha ribadito oggi la sua intenzione di andare alle urne se il 14 dicembre non verrà data la fiducia al governo da parte delle Camere. Ieri, con l’ incontro tra il capo dello Stato Napolitano e i presidenti delle Camere, Fini e Schifani, veniva fissato il calendario istituzionale, con le prossime tappe cruciali per il governo: dopo l’ esame della manovra finanziaria, che si concluderà il 10 dicembre, il 13 il premier si recherà la mattina in Senato, e il pomeriggio alla Camera, mentre il 14, prima a Palazzo Madama, poi a Montecitorio, si terrà il voto di fiducia.

La priorità verrà dunque data alla legge finanziaria, e Napolitano, durante la cerimonia di oggi, al Quirinale, per la consegna dei riconoscimenti ai cavalieri del lavoro, si dichiara per questo “soddisfatto per il senso di responsabilità dimostrato ieri da parte di tutte le forze politiche”, aggiungendo che” avremo bisogno di altri segni di questo senso di responsabilità nei tempi a venire”. Il presidente della Repubblica si dice anche preoccupato per le “turbolenze finanziarie, che persistono, che investono l’ eurozona”, e ammonisce:” abbiamo il dovere di fare fronte al costo del debito pubblico”, che definisce “pesantissimo”. Inoltre, si compilmenta con le parti sociali per aver “concordato un documento propositivo”, mettendo così in pratica quello ” spirito di condivisione” da lui richiesto.

Discorso Berlusconi 29-09-2010: le reazioni della politica

Silvio Berlusconi ha parlato: in Parlamento gli è occorsa poco meno di un’ora per rendere pubblico il pensero della maggioranza di Governo rispetto alla situazione di crisi che ha portato il Premier a chiedere la fiducia dell’emiciclo. Parole misurate e propositive, nessun tono acerrimo nè sfida a muso duro nei confronti degli avversari.

Tutt’altro: aperture e citazioni (riprese, tra le altre, le parole di Walter Veltroni, allora segretario Pd, che richiamava alla memoria Piero Calamandrei) hanno condito le frasi del fondatore del Popolo delle Libertà anche se una evidenza su tutte pare importante.

Di fatto Berlusconi, pur aprendo al confronto con i finiani di Futuro e Libertà, non ha – per dirla alla Ignazio La Russa – “esteso alcun riconoscimento nè concessione verso il gruppo che si rifa a Gianfranco Fini“. In tal senso, il Presidente della Camera (che non può certo essere soddisfatto delle parole udite) ha ammesso (al termine di un conciliabolo con i “suoi”) che l’intervento di Berlusconi – per quanto non apprezzato – non lascia scelta: Futuro e Libertà garantirà la fiducia alla maggioranza.

Il pensiero del Fli lo si individua anche attraverso le dichiarazioni – che hanno fatto seguito all’intervento del Premier – di Fabio Granata:Non abbiamo bisogno di riconoscimenti. Noi ci siamo, esistiamo già. Siamo un gruppo parlamentare e presto saremo anche una forza politica“.

Miccichè lascia il PdL: “Fondo il partito del popolo siciliano”

Gianfranco Micciché lascia il Pdl. Conferma il diretto interessato nel corso di una intervista al quotidiano Il Corriere della Sera. A rendere ancora più critico lo scenario politico di questa coda d’estate, è la decisione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, legato a Silvio Berlusconi fin dal lontano 1993, anno in cui l’attuale Premier fece affidamento alle capacità di un manipolo di uomini provenienti da Publitalia ’80 per diffondere il messaggio di Forza Italia.

Da allora, fedeltà al partito fino allo scorso 2008, quando qualcosa si incrina: in primo luogo, il legame tra due alleati storici quali erano stati Miccichè e Totò Cuffaro, a tal punto sfaldato che lo stesso Miccichè si farà pregare (e rilasciare garanzie precise: un ruolo di vertice nell’Esecutivo) prima di appoggiare la candidatura a Presidente della Regione Sicilia di Raffaele Lombardo (intimo dello stesso Cuffaro).

Invece, con il passare dei mesi e con il rafforzamento dei rapporti tra lo stesso Lombardo e Miccichè (legame ora nuopvamente ai minimi storici per via dell’intesa di Lombardo con il Pd) quest’ultimo conferma l’intenzione di voler lavorare per la creazione di un partito del Sud e frenare l’impeto leghista che sbilanciava il PdL in direzione opposta.