Processo breve: Napolitano, Berlusconi, De Magistris

Nessuna trattativa: il Quirinale assicura che – in merito alle discussioni sul processo breve Giorgio Napolitano non presterà il fianco ad alcuna mediazione nè tantomeno interverrà per appianare le divergenze tra partiti.

Utilizza l’ironia, il Presidente della Repubblica, ma al contempo lancia l’allarme reale: la priorità del Paese è un’altra. “E’ venuto il momento che l’Italia si dia una seria politica industriale nel quadro europeo, secondo le grandi coordinate dell’integrazione europea. Ne abbiamo bisogno per l’occupazione e per i giovani, motivo principale di preoccupazione. Processo breve? Ricordate la legge sulle intercettazioni? C’è qualcuno che ha informazioni in merito?“.

Tra i cinque punti sanciti dal Popolo della Libertà al fine trovare un accordo squisitamente politico con i finiani di Futuro e Libertà, quello inerente al processo breve rischia di far saltare il banco, visto che tra gli uni (PdL) e gli altri (Fli) la distanza pare allo stato attuale ancora immensa. E se per Gianfranco Fini basta una frase a mettere in guardia gli ex alleati (“No a leggi che tutelano i politici e danneggiano i cittadini”), pare altrettanto ovvio che – così come è stato partorito al Senato – il decreto del cosiddetto “processo breve” non incontra il consensio dei finiani. Allineati, in questo, con il pensiero del Capo dello Stato.

Berlusconi e i suoi, a questo punto, non possono che prenderne atto: nel corso del vertice di Palazzo Grazioli svolto a inizio ssettimana (al quale hanno partecipato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, il consigliere giuridico, Niccolò Ghedini, i ministri Franco Frattini e Giulio Tremonti, il portavoce Paolo Bonaiuti) si è cercato di intervenire (e correggere) la legge senza tuttavia stravolgerne il senso. Probabili modifiche:

1. Modulare i termini della prescrizione, entro un certo limite, in modo da non escludere i processi Mills e Mediatrade nei quali il Premier è coinvolto.
2. Ridurre il numero dei processi che andrebbero al macero.

Con tali accorgimenti, il pacchetto incontrerebbe maggior gradimento al Quirinale ma sembra in ogni caso andare incontro alle richieste dei finiani (Italo Bocchino: “Noi non ci stiamo”).

Chi non ha dubbi, invece, nel rimarcare la netta contrarietà (da sempre) sono gli esponenti dell’Italia dei Valori che, per bocca del deputato Luigi De Magistris, continuano a bollare tale eventualità come “mannaia sulla giustizia”. L’ex magistrato:Se ne convincano tutti, in primis Fini, al quale è richiesta la coerenza del no. In Europa una norma che abroga i procedimenti giudiziari, svuotando lo stato di diritto, non esiste. Cosa dirà, anzi scriverà il ministro Frattini? Forse che la giustizia lumaca si supera azzerando la giustizia stessa? Oppure cercherà di farsi beffa delle istituzioni comunitarie glissando su un dato macroscopico, cioè che questa norma serve solo per immunizzare Berlusconi dai processi Mediaset e Mills?“.