Il Papa sull’eutanasia. Niente di nuovo sotto al sole


Welby


Ci ritorna su, naturalmente. Il Pastore Tedesco ha da precisare. Con voce inconfondibile e cantilenante, ha quest’oggi, ancora una volta, ripetuto ribadito e sottolineato la

Ferma e costante condanna etica di ogni forma di eutanasia diretta, secondo il plurisecolare insegnamento della Chiesa

Benedetto XVI contro le spinte eutanasiche, dettate da una visione utilitaristica nei confronti della persona.


Mentre il dibattito scientifico e legislativo infuria sui grandi temi etici, l’aborto, la pillola e l’eutanasia, e mentre un uomo controverso – e che alla Chiesa non può certo andare giù – viene candidato dal Pd, il Papa al congresso promosso in Vaticano dalla Pontificia Accademia delle Vita sul tema, guarda un po’, Accanto al malato inguaribile e al morente: orientamenti etici ed operativi, riporta le eventuali pecorelle smarrite all’ovile.

E infatti:

in una società complessa, fortemente influenzata dalle dinamiche della produttività e dalle esigenze dell’economia, le persone fragili e le famiglie più povere rischiano, nei momenti di difficoltà economica o di malattia, di essere travolte

Presa perfetta sulla miseria umana e sulle situazioni in cui la pecorella più debole, italiana soprattutto, potrebbe perdersi.


E allora il richiamo è alla società civile, affinchè, sostanzialmente, non si perda e non perda la fede e ad essa si ispiri. Necessario dunque

lo sforzo sinergico della società civile e della comunità dei credenti deve mirare a far sì che tutti possano non solo vivere dignitosamente e responsabilmente, ma anche attraversare il momento della prova e della morte nella migliore condizione di fraternità e di solidarietà, anche là dove la morte avviene in una famiglia povera o nel letto di un ospedale

Va bene, ma se il malato in coscienza, terminale e lucido chiede di disporre della propria libertà e morire?


La società, e soprattutto quei covi di non fede che sono il mondo della scienza medica e della laicità, deve comunicare la solidarietà dell’amore, la salvaguardia e il rispetto della vita umana in ogni momento del suo sviluppo terreno, soprattutto quando essa patisce una condizione di malattia o è nella sua fase terminale. Con tutto l’amore del mondo, il malato dimentica? L’incoscienza si risolve? Trova un senso? Mesi, anni, decenni di immobilismo e coma trovano sublime realizzazione?


Terapie e interventi medici adeguati,

individuati e gestiti secondo i criteri della proporzionalità medica, sempre tenendo conto del dovere morale di somministrare e di accogliere quei mezzi di preservazione della vita che, nella situazione concreta, risultino ordinari


La morale cattolica è molto chiara.

Occorrerà sempre assicurare ad ogni persona le cure necessarie e dovute, nonché il sostegno alle famiglie più provate dalla malattia di uno dei loro componenti, soprattutto se grave e prolungata. Anche sul versante della regolamentazione del lavoro, solitamente si riconoscono dei diritti specifici ai familiari al momento di una nascita; in maniera analoga, e specialmente in certe circostanze, diritti simili dovrebbero essere riconosciuti ai parenti stretti al momento della malattia terminale di un loro congiunto


La società non può mancare di assicurare il debito sostegno alle famiglie che intendono impegnarsi ad accudire in casa, per periodi talora lunghi, malati afflitti da patologie degenerative o bisognosi di un’assistenza particolarmente impegnativa. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana

Tutta la solidarietà del mondo non risulta essere risposta concreta a stati di necessità. A libero arbitrio, delle persone e di uno Stato in TEORIA laico. A meccanismi precisi e che è sempre più complesso rendere indipendenti. A documento di medico, parola di Papa risponde. In un ambito analogo, in un ambito che non dovrebbe essere gestito così. Ma siamo in Italia. E L’Italia è un giardino.

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