25 aprile. Il giorno dopo. C’era una volta


Napolitano


C’era una volta Giorgio Napolitano, a difesa del 25 aprile. Vero è che è il Presidente della Repubblica. Vero è che Napolitano ha la storia che ha – il primo Capo dello Stato che abbia fatto parte del Partito Comunista Italiano. Durante l’università Durante gli anni dell’Università, fa parte del GUF, il gruppo universitario fascista: collabora infatti con il settimanale IX maggio tenendo una rubrica di critica teatrale. In questo periodo si forma tuttavia il gruppo di amici storico di Napolitano che seppur militando ufficialmente nel fascismo guardava alle prospettive dell’antifascismo.


Napolitano auspica che il 25 aprile divenga

una festa di tutti e un simbolo di pacificazione

Dopo tanti anni, Napolitano ricorda che è necessaria un’analisi

ponderata che però non significhi in alcun modo confondere le due parti in lotta, appiattirle sotto un comune giudizio di condanna e di assoluzione

Le ombre della Resistenza non vanno occultate, ma guai a indulgere a false equiparazioni e banali generalizzazioni; anche se a nessun caduto, e ai familiari che ne hanno subito la perdita, si può negare sul piano umano un rispetto maturato col tempo

Celebrazioni in tutta Italia: consegna delle medaglie d’oro al merito civile ad alcuni Comuni e alla memoria di diversi italiani, per i loro gesti valorosi compiuti negli anni della Resistenza e della Liberazione. Napolitano all’Altare della Patria di Roma era lì insieme alle massime autorità dello Stato. Momenti solenni, non solo a Roma. In una congiuntura storica, in cui, più o meno latentemente, la polemica sul significato simbolico della Festa della Liberazione continua. Si fa, anzi, più profonda.


Silvio Berlusconi, infatti, è intervenuto.


Il 25 aprile indica simbolicamente il ritorno dell’Italia alla democrazia ed alla libertà

In quel giorno di 63 anni fa si videro le piazze festanti attorno alle truppe alleate e ai combattenti per la libertà. Purtroppo seguì la guerra civile, l’occupazione da parte dei tedeschi, che creò un segno di sangue nella memoria italiana. Generò un odio tra vincitori e vinti che segnò la coscienza del Paese

E ancora:

Ormai tutto questo è storia e adesso è tempo di dare al 25 aprile un senso italiano popolare e nazionale, un senso di libertà e di pace. Il giorno della Liberazione è un alto simbolo di libertà, e così deve essere vissuto da tutto il popolo italiano

Rivediamo, ricapiamo il 25 aprile.

Credo fermamente che oggi ci siano le condizioni storiche e politiche perché questo 25 aprile possa rappresentare un salto di qualità verso la definitiva pacificazione nazionale. Quando, quasi dieci anni fa, autorevoli esponenti della sinistra invitavano a capire anche le ragioni dei ‘ragazzi di Salò’, e quando più recentemente hanno invitato a saldare il debito contratto con gli esuli Istriano-dalmati e con chi, più sfortunato, finì infoibato, hanno indicato la strada giusta. Togliere quei veli, capire quelle ragioni non può in qualche modo ledere l’orgoglio di chi combatté per la libertà contro la tirannia. Non c’è revisione storica che possa cambiare la gratitudine che dobbiamo a quei combattenti che posero le basi per la libertà delle generazioni successive e per il ritorno dell’Italia nel consesso delle democrazie. Ma non c’è gratitudine che possa impedire la ricostruzione obiettiva di quegli anni. L’anniversario della Liberazione è dunque principalmente l’occasione per riflettere sul passato, sul presente e sull’avvenire del Paese. Se oggi riusciremo a farlo insieme, avremo reso un grande servizio non a una parte politica o all’altra, ma al popolo italiano e, soprattutto, ai nostri figli che hanno il diritto di vivere in una democrazia finalmente pacificata


C’era una volta Giampaolo Pansa. Come non pensare a lui? Giornalista de La Stampa, de Il Giorno, de Il Corriere della Sera, di Panorama e, ancora oggi, de La Repubblica e de L’Espresso (di cui è stato codirettore). I suoi romanzi e saggi di storia contemporanea hanno sollevato polemiche di grande eco. Il sangue dei vinti – tra gli altri – racconta le violenze compiute dai partigiani comunisti nei confronti di fascisti, partigiani bianchi e talvolta anche cittadini comuni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.


Un approccio critico al mondo del centrosinistra italiano. Accusato da molti di aver gettato fango sulla Resistenza: Giorgio Bocca tra gli altri. Critiche, al Pansa, anche per la metodologia di ricerca, dall’approccio alla scelta delle fonti. Contestato anche da giovani dei centri sociali, non si può dire che Pansa non abbia avuto coraggio nel portare avanti degli approcci diversi in un filone difficile da scardinare. Ha detto

Mi iscriverei al partito di Montezemolo

Il suo sarcasmo, a prescindere dall’essere d’accordo o meno, ha rotto gli schemi. Purtroppo, ne ha creati altri.


C’era una volta Ciarrapico. Walter Veltroni non si è fatto sfuggire l’attacco a Silvio, che ha ricevuto Giuseppe Ciarrapico a Palazzo Grazioli, novello senatore del Popolo della libertà. L’uomo che ha dichiarato di non aver rinnegato il fascismo.

Siccome le cose hanno un valore simbolico, il fatto che Berlusconi abbia voluto ricevere un uomo che non ha mai smesso di dichiarare la sua continuità politica con il fascismo è evidentemente un segnale politico che marca una distanza molto profonda e molto grave con tutti gli italiani che festeggiano il giorno in cui in Italia si è ritrovata la libertà

Perchè, per Walter, Uolter o che dir si voglia, il 25 aprile

è una grande festa di libertà e Berlusconi ha voluto celebrarla ricevendo coloro i quali stavano dalla parte di chi la libertà l’ha proibita. Un atto di questo genere è un gesto anche di sfregio nei confronti dei democratici e di questa grande pagina che ha riguardato la storia italiana

Ovviamente il Pdl ha risposto

Dall’alto di quale pulpito Veltroni si permette di impartire lezioni di democrazia anche al presidente Berlusconi che ha ricevuto almeno 30 persone in una mattinata di lavoro intenso?

Si tratta, ricordano, di un senatore democraticamente eletto. Questa la realtà, Pdl o meno.


C’era una Beppe Grillo. Da Torino, e dal suo secondo Vaffa-Day.

Dedichiamo questa manifestazione a coloro che stanno manifestando nell’altra piazza, noi siamo la naturale continuazione dei nostri nonni, di quei valori di quella gente che ha combattuto, ha perso la vita per lasciarci una nazione più libera o quasi. Se avessimo un decimo di cuore di quelle persone o un centesimo di coglioni di quelli noi compiremo un lavoro per loro

E’ andata peggio della prima volta, per Grillo. A settembre, 200mila persone. Ieri a Torino, le forze dell’ordine fanno sapere che la piazza – piena, e piena era – al massimo o può contenere tra 45-50 mila persone. Poche migliaia di persone, invece, sono rimaste in piazza Castello a seguire la manifestazione per il 25 aprile, indetta dal Comitato della Regione Piemonte per l’affermazione dei valori della Resistenza. Attacca Napolitano, Grillo:

Il presidente Napolitano dovrebbe essere il presidente degli italiani, non dei partiti. I partiti non ci sono più

Lo chiama Morfeo Napolitano.


A spiegare Grillo interviene Adriano Celentano in video:

Quello che vuol dire Grillo è che bisogna fare qualcosa prima che sia troppo tardi per controbilanciare la falsità delle cose che quotidianamente ci propinano

E poi il grande tema, l’informazione:

Vorrei un giornale pagato da chi lo legge e non dai finanziamenti pubblici

dice Grillo. Tre referendum per l’abolizione dei finanziamenti pubblici all’editoria, per l’abolizione dell’Ordine dei giornalisti e della legge Gasparri.

Non esiste e non può esistere un Ordine. Chiunque deve essere libero di scrivere. Perché mai ci deve essere un Ordine dei giornalisti e non un Ordine dei poeti?

Ma siamo proprio sicuri che questa abolizione assicurerebbe libertà? Siamo proprio sicuri che non creerebbe una massa non qualificata (neanche ora lo è, ma una selezione c’è. E’ la modalità di selezione ad essere malata, non il concetto stesso di selezione, bisognerebbe chiedere a Grillo).


Attacco ai giornali:

È L’Unità il giornale che ieri ci ha messo in prima pagina dicendo che siamo contro i valori della Resistenza. Un giornale che prende soldi per stampare 120 mila copie, ne vende 70 mila e le altre le butta in discarica. Noi disboschiamo la Val d’Aosta per finanziare quelli lì


C’era una volta Marco Travaglio.

Questa giornata deve essere un atto d’amore per l’informazione e per i giornalisti che la danno. Dedichiamo questa giornata a Enzo Biagi ed Indro Montanelli

Parola di Marco Travaglio, a Torino. Sarebbero d’accordo? Non è possibile chiederlo, a Montanelli e a Biagi.

Anch’io scrivo sui giornali italiani, sui giornali che prendono i fondi per l’Editoria ed io auspico che non ci siano più questi finanziamenti. Come? Basterebbe imporre un tetto della pubblicità in televisione

E, per fortuna, Travaglio conserva lucidità sull’Ordine:

Noi abbiamo un Ordine che non era riuscito nemmeno ad espellere un giornalista che faceva la spia con i soldi del Sismi. Questo è l’ordine che va abolito, ma l’idea in se non era sbagliata

Lorenzo Del Boca, presidente dell’Ordine dei giornalisti, risponde a Beppe Grillo:

L’Italia è l’unico Paese al mondo dove una persona, come Beppe Grillo, può andare in giro a dire che l’Ordine dei giornalisti è stato creato dal Fascismo e secondo quelle logiche; quando, invece, è nato nel 1963 da un’apposita legge. Questo significa non conoscere la storia, significa sbagliare. Quindi, al “Vaffa” di Grillo dovrei forse rispondere “ma Vaffa tu!’”

Sul sito dell’Ordine dei Giornalisti, la risposta di Del Boca.


Il dibattito è salute. Ma il tentativo di renderlo tale deve essere la priorità.


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