Hillary Clinton, ovvero: come si rosica made in US

Hillary Clinton
Hillary Clinton sta, come si direbbe a Roma, rosicando. Tsunami Barack è il suo incubo infinito. L’afroamericano è alla sua decima vittoria consecutiva dopo il Supermartedì del 5 febbraio scorso. 10. 10 vittorie per lui.
In Wisconsin si è portato a casa il 58% dei voti, contro il 41 dell’ex First Lady. Nelle native Hawaii è un tripudio (Hillary aveva sperato nel miracolo, ma niente): il 76% è un risultato pesante. Per le isole, inoltre, il momento è importante: sempre, le votazioni per le primarie sono fino ad ora arrivate quaggiù alla fine,a conti e giochi fatti. Oggi le isole hanno invece votato nella consapevolezza che i giochi sono aperti, e che il supporto è decisivo. Dall’altro lato del mondo, ma fa assai meno notizia mediatica e ha sempre solo un trafiletto di attenzione, il meno colorito John McCain ha stracciato Mike Huckabee nel Wisconsin e nella seconda parte delle primarie dello Stato di Washington, dove si era già imposto il 9 febbraio anche se di stretta misura, e adesso ha vinto con margine maggiore.

Dio è morto. Marx pure. E Fidel… al momento manda i suoi saluti

Fidel Che
Se si prova ad andare sul sito del quotidiano Granma, la rete oggi impazzisce un po’. Fenomeno poeticamente noto come impallamento. República de Cuba. La Habana Año 12 Nro. 3045. Martes 19 de Febrero de 2008. Actualizado: 8:30 a.m. @ 605 “Año 50 de la Revolución”. Il sito è poco agibile. Chissà quanti click avrà totalizzato. Noto ora che anche, ad esempio, RaiNews24 linka al sito. Da tutto i, mondo, in tutto il mondo, staranno leggendo. O provando ad effettuare l’accesso.
E’ già storia, anche se pubblicato appena questa mattina. La lettera con cui Fidel Castro rinuncia alla presidenza di Cuba chiude un’era. Dopo 49 anni al potere, Fidel Castro annuncia sull’edizione online del quotidiano Granma, ufficialmente e senza smentita che, insomma, rinuncia alla carica di presidente. Potere che Fidel non esercitava, causa malattia, da ormai 19 mesi. Sulla malattia, il più stretto segreto di Stato.

Comunico ai miei compatrioti, che in questi giorni mi hanno fatto un grande onore eleggendomi a membro del Parlamento, che io non aspirerò né accetterò – ripeto – non aspirerò né accetterò la carica di presidente del Consiglio di Stato e di comandante in capo

Ed ecco che, ufficialmente, si apre la transizione.

Proposta shock. Di Pietro perde la testa: una sola rete a Mediaset

Di Pietro
Magari, viene da rispondere. Ci potrebbe essere da guadagnare, viene da azzardare. Comunque, quell’indisciplinato di ex magistrato datosi alla politica l’ha sparata grossa. Ha proposto nientepopodimenoche un intervento radicale sull’informazione.
Dall’alto del suo blog, Antonio Di Pietro lanciare la proposta di programma di governo dell’Italia dei Valori.
Il post porta il titolo: Grande Biagi, piccola televisione pubblica, e ha, attualmente, 918 commenti tra i più disparati.
La proposta? Una sola televisione pubblica senza pubblicità, pagata dal canone e sottratta all’influenza dei partiti: l’esecuzione della sentenza europea su Europa 7 e lo spostamento di Rete 4 sul satellite; limite di una sola rete per i concessionari privati (un esempio per meglio comprendere? Non è difficile. Si chiama Mediaset); abolizione dei finanziamenti pubblici all’editoria.

Primarie USA: Nel nome del padre (di Bush)

Il bello delle primarie americane, o meglio statunitensi, è che sostanzialmente quando non ci sono voti in prossimità, ma si sta solo cercando di preparare la prossima votazione e quindi la campagna elettorale abbinata alla stessa, si vedono i volti più noti e maggiormente disparati andare ad appoggiare questa o quella fazione.

Supponiamo, ad esempio, che Robert De Niro domani si svegli e decida improvvisamente di pronunciare al pubblico la propria posizione politica e di affermare che cosa si prepara a votare sia alle primarie sia alle successive elezioni. Tutti i fan di “Rob” a quel punto saranno come stregati dalla sua posizione politica e inizieranno a pensare che forse De Niro non ha tutti i torti a votare l’una o l’altra fazione.

E’questo il bello della presidenziale “Made in USA”. Che la gente, la popolazione ci tiene. Vuole votare e per farlo è disposta a mettere il proprio faccione in primo piano. Ma con simpatia. Con la voglia di mostrare a tutti che si vota una determinata fazione o persona perchè lo si crede veramente, non perchè lo si è costretti a fare o perchè è così da una vita. E vi assicuro che in Italia, almeno ai miei occhi, ogni giorno che passa è sempre più così.

Kosovo, independence day

kosovo
E’ giunta l’ora. Un’ora difficile. Un’ora che avrà delle conseguenze, e che potrebbe essere l’inizio di qualcosa.
La procedura per la dichiarazione d’indipendenza unilaterale del Kosovo dalla Serbia è cominciata. Seduta straordinaria del Parlamento prevista tra pochissimo, per le 15, e convocata dal dal primo ministro Hashim Thaci.
Una decisione difficile e significativa, quella della maggioranza kosovaro-albanese. Un cambiamento cruciale, sostenuto, sul piano internazionale, dagli Stati Uniti e, con cautela, dall’Unione Europea. E contemporaneamente osteggiata da Belgrado. E da Mosca.

Berlusconi: La solitudine in un attimo

Povero Silvio. Ce l’hanno praticamente tutti con lui. Beh, onestamente l’atteggiamento di tutti i suoi possibili alleati non mi stupisce. Berlusconi è uomo che accentra a se oltre al potere anche le telecamere dei media e quindi, candidarsi al suo fianco, significa, per chi come UDC e UDEUR che vive grazie alle apparizioni davanti alle telecamere, sparire momentaneamente dal mondo pubblico, giusto il tempo di una legislatura.

Si avete capito bene. Non è solo l’UDC a fare spallucce a Berlusconi. Anche l’UDEUR, che alle ultime informazioni pervenute era già parte del PDL, in realtà è molto lontano ancora da questa posizione.

Certo la fase delle trattative, mi si vorrà far notare, è ancora agli inizi. Si stanno ancora indicando i candidati premier e le possibili liste che li sosterranno. Però queste dure batoste che stanno colpendo sia il Partito delle Libertà sia il Cavaliere, di certo non ne lasciano un’immagine pulita all’elettore. Che, se tutti la pensassero come me, si chiederebbe: ma Berlusconi cosa sta architettando?

Quel tesoro di tesoretto Redux

sindacato
Sul tesoretto si avvelenano i sindacati. Un po’ evidentemente risentiti con Padoa Schioppa e compari. Sindacati e Bertinotti. Che per torna a sentire velleità di contrattazione collettiva.
Ad aprire le danze è il dimissionario Presidente della Camera. Non si possono opporre vincoli di bilancio a chi guadagna appena mille euro e fa fatica da arrivare alla fine del mese. Semplice considerazione di Fausto Bertinotti, che ha dato il via alle polemiche, in verità serrata e con scarso spiraglio si composizione, di ieri da parte delle forze sociali – i sindacati in prima linea – con l’a sua volta dimissionario Ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa.
Il suddetto Ministro, solo ieri, aveva laconicamente avvisato un’Italia che, in fondo, ci sperava, che il tesoretto non esiste. Non c’è nessun pozzo dal quale attingere per provare a risanare qualcosa. Ma i sindacati non ci stanno.

Liberi Tutti!

Un’esortazione, un’ordine, un comando. Insomma lo si prenda come volete, ma in Ciad deve definitivamente arrivare il momento del “Liberi tutti!”. Siamo poco lontani da quel Kenya che ormai da 2 mesi sta vivendo giorni di angoscia, precedentemente sempre in primo piano e poi scomparsi, in silenzio e lentamente, nel dimenticatoio dei media. Una legge, quella mediatica, inesorabile che appena non servi più, ti fa scomparire dagli occhi di tutti.

Ieri era Kenya, oggi è Ciad. Sempre di Africa si tratta. Un paese troppo spesso dilaniato da lotte interne e da imposizioni di potere che dovrebbero invece lasciare spazio a un maggior dialogo come si confà ai paesi maggiormente democratici. Paesi dove l’opposizione di governo, seppur sconfitta alle elezioni, deve portare avanti le sue funzioni di oppositore, in rispetto ai voti conquistati, cercando di “migliorare” ciò che la maggioranza di governo cerca di produrre per il futuro dello stato.

Evidentemente queste semplici regole di vita democratica in Ciad mancano completamente. Da circa 15 giorni infatti, alcuni esponenti dell’opposizione di governo sono stati incarcerati dopo alcuni scontri tra esercito e ribelli. Una situazione questa che è stata garantita, poco più di 6 mesi fa, dall’accordo politico firmato con la supervisione della UE.

Obama, Hillary, Hillary, Obama. M’ama non m’ama. Nel segno della profezia nera

Clinton Obama
La soap delle presidenziali continua. All’ultima sfida, e soprattutto sovrastata in modo ormai imbarazzante dalla forza comunicativa, di proposta, di spessore, e perchè no di diversità e giacchè anche un pizzico di maschia virilità dell’incubo delle notti della senatrice: Barack Obama.
La povera Hillary è stata schiacciata dal rivale della stessa casa madre in altri 4 Stati. Louisiana, Nebraska e Stato di Washington sabato, e domenica, ciliegina sulla torta, il Maine, 24 soli delegati in palio, ma un’altra tessera nel puzzle democratico che è più di un sassolino nella scarpetta di Hilary.
Obama, nel Maine, ha portato a casa il 62% dei consensi, mentre la Signora Clinton solo il 38. Poco meno del doppio. Numeri del genere stanno estremamente scottando all’ex First Lady. Sostanzialmente, così tanto certo non se lo aspettava.

Menu di oggi: Campagna Elettorale

Siamo entrati, dopo l’annuncio del presidente della Repubblica di sciogliere le camere, ufficialmente in campagna elettorale. Così tutti i nostri governanti preparano i vestiti nuovi della festa, si tirano a lucido, schiariscono la voce e preparano discorsi e promesse che dovranno ammaliare gli elettori. Sarà la gara a chi si venderà meglio, ma soprattutto a chi si venderà a più gente.

Eppure questo clima di cambiamento non lo vedono tutti. Tra coloro che pensano che non sia poi cambiato così tanto lo scenario in questi mesi è Luca Cordero di Montezemolo, il capo di Confindustria. Le parole di “Luca Luca” sono così pungenti che fanno riflettere:

Super Martedì, Super pareggio tra Obama e la Clinton

Clinton Obama
L’hanno chiamato tsunami, terremoto, onda anomala. Barack Obama, secondo alcuni – ma è sempre suonato strano, per i meno frettolosi e i più morigerati – doveva, secondo alcuni soldaggi, travolgere e stravolgere.
I sondaggi sono la vera anima nera di queste presidenziali infinite targate USA. Per quanto, spezzando una lancia a favore, l’utilizzo mediatico degli stessi sia plausibilmente un’insana ricerca dello scoop. Fatto sta – e l’avevano detto, anche questo – che il tanto atteso Super Martedì non ha ribaltato una beata fava. Lo stesso Barack aveva pronosticato il sostanziale pareggio poi verificatosi. Mentre Hillary, ora, ancora per un attimo, allontana i suoi incubi peggiori.
Nelle più grandi (e più esposte all’overdose mediatica) primarie della storia presidenziale Usa, con tanto di 24 Stati con in palio più di 3000 delegati, il singolar tenzone ha portato a casa un sostanziale pareggio.

E ascesero al Colle

Quirinale
Il Quirinale è un bel posto. Una convergenza strana di atmosfere lo sovrasta, tra spazio e istituzionalità. E ora, è arrivato il momento. Odierna nota ufficiale del Quirinale stesso: Ai sensi dell’articolo 88 della Costituzione, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, riceverà questa sera, al Palazzo del Quirinale, il Presidente del Senato della Repubblica senatore Franco Marini, alle ore 18,00 e il Presidente della Camera dei Deputati, onorevole Fausto Bertinotti, alle ore 19,00.
E siccome la Costituzione, in questo anno appena cominciato e già martoriato, fa anche 60 anni, fa solo bene andare a vedere per esteso cosa dice la Carta al suo articolo 88 . Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.
Marini è già passato, ora è la volta di Bertinotti. Per un unico, troppo probabile risultato. L’annuncio ufficiale dello scioglimento è atteso per domani. Ci dormiranno tutti su.

Super Martedì: la prima donna contro il primo afroamericano. Agli elettori l’ardua sentenza

Obama vs Clinton
Il leggendario Super Martedì è arrivato. Così come la resa dei conti, finalmente. La sfida Hillary-Barack alla svolta. Forse.
Hanno ultimamente fatto i fidanzatini sulla Cnn. Deliziosi e delicati uno nei confronti dell’altra, con alcune tematiche ancora lì a dividerli ma con un approccio assai differente dalla rissa, che pure li aveva visti protagonisti. Uno stil novo che ha fatto parlare della possibilità di dream ticket.
Alla vigilia della resa di oggi, il Washington Post ha pubblicato i contributi di due famosi scrittori made in USA sui due contendenti del partito democratico. Michael Chabon ha detto la sua su Barack Obama, mentre Erica Jong ha appoggiato Hillary Clinton.

Sveglia Libano!

Sono quasi 3 mesi che il Libano sta dormendo, vivendo una situazione di stallo che sembra non volersi sbloccare dallo scorso 23 novembre quando è scaduto il mandato di Emile Lahoud. Da allora il paese si trova senza un presidente e quindi senza un governo stabile.

Uno scenario, questo in Libano, tipico dei paesi musulmani, dove al termine di un mandato molto spesso si sussegue un periodo di instabilità non dovuto ad eventuali cambi di governo o ad elezioni non gradite (come invece è capitato in Kenya ad esempio), ma a una situazione di disorganizzazione che permette poi al più forte in quel momento di prendere in mano il potere.

Così però non sembra in Libano, dove il candidato teorico alla presidenza il comandante dell’esercito Michel Suleiman non riesce a salire definitivamente al potere. A suo sostegno sta accorrerà mercoledì Amr Moussa, il segretario generale della Lega Araba.