Sveglia Libano!

Sono quasi 3 mesi che il Libano sta dormendo, vivendo una situazione di stallo che sembra non volersi sbloccare dallo scorso 23 novembre quando è scaduto il mandato di Emile Lahoud. Da allora il paese si trova senza un presidente e quindi senza un governo stabile.

Uno scenario, questo in Libano, tipico dei paesi musulmani, dove al termine di un mandato molto spesso si sussegue un periodo di instabilità non dovuto ad eventuali cambi di governo o ad elezioni non gradite (come invece è capitato in Kenya ad esempio), ma a una situazione di disorganizzazione che permette poi al più forte in quel momento di prendere in mano il potere.

Così però non sembra in Libano, dove il candidato teorico alla presidenza il comandante dell’esercito Michel Suleiman non riesce a salire definitivamente al potere. A suo sostegno sta accorrerà mercoledì Amr Moussa, il segretario generale della Lega Araba.

Chiaramente non è l’unico Suleiman a volere mettere le mani sulla massima poltrona libanese. A contendere il potere al comandante ci saranno Michel Aoun, leader dell’opposizione crisitiana, Amin Gemayel e Saad Hariri.

Nomi forse a noi italiani sconosciuti, ma di primissimo piano in Libano. Tanto in primo piano da comportare la controversia di potere, costringendo l’intervento del capo della Lega araba.

La base del dialogo tra i candidati a governare il paese sono appunto l’elezione del presidente, la formazione di governo e la nuova legge elettorale. Insomma tutto ciò che attualmente manca in un paese ancora troppo arretrato come il Libano.

Nuove riforme per portare a nuova vita. Come una rinascita del paese tramite l’intervento delle organizzazioni internazionali. A questo punto una domanda sorge spontanea, varrà veramente la pena questa manovra elettorale, serve davvero la democrazia in paesi dove troppo spesso non è il potere politico ma quello militare a farla da padrone?

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