Ballottaggio primarie Pd affluenza

Affluenza in calo per le primarie del Pd, fase ballottaggio. Stando a quanto affermano i comitati, infatti, alle 12 avrebbe votato circa un milione di elettori, con un trend in fase calante (la conferma arriverà tuttavia solamente a fine orario utile). Pronta la reazione dei “renziani”, i sostenitori del sindaco di Firenze: la colpa sarebbe stata delle regole. Proprio la scarsa tenuta dei dati elettorali sta tuttavia inducendo molti potenziali elettori a rompere gli indugi in questi ultimi minuti, convinti della maggiore valenza che avrebbe la propria preferenza.

Primarie Pd votare anche se non lo si è fatto al primo turno?

Dopo una lunghissima ed estenuante settimana di polemiche, è finalmente giunto il momento del voto. Tuttavia, a seggi in fase di apertura, il caos su chi possa o meno votare non ha ancora finito di arricchire i discorsi delle opposte fazioni in gara, con Pier Luigi Bersani che ha infine ammesso come il Partito Democratico non abbia bisogno “di fuoco amico”, poichè “il nemico è la destra, il Pdl faccia le primarie, hai visto mai che vogliano venire a farle da noi”. Una dichiarazione che tuttavia non è stata sufficiente a placare i malumori.

Renzi corre da solo?

Nuova confusione nel centro sinistra. Come era lecito attendersi, il risultato del recente primo turno delle primarie Pd ha generato ulteriori scontri tra le parti in causa con il centro destra che, approfittando del caos generato tra le fila dei “renziani” e dei “bersaniani”, sta cercando di catturare l’interesse del sindaco di Firenze, che secondo alcuni osservatori potrebbe addirittura scegliere di correre da solo con un’alleanza centrista. “Se uscissimo dal Pd avremmo tra il 12% e il 25%” – ha affermato Renzi durante una recente intervista. Prima però di aggiungere: “non lo farei assolutamente mai”. Ci credete?

Berlusconi sponsorizza Renzi

Silvio Berlusconi sponsorizza Matteo Renzi, appena sbarcato in ballottaggio per la poltrona di nuovo leader della coalizione di centro sinistra insieme all’attuale segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Durante un intervento alla trasmissione televisiva “La Telefonata”, di Belpietro, l’ex premier afferma come “gli italiani sono lontani dalla politica. Il 70% degli italiani è disgustato dalla politica e dai partiti (…) Serve cambiare tutto, aprire gli occhi, credo che sia giusto che chi ha avuto l’onore di guidare il governo per dieci anni rifletta su cosa fare per compiere quella rivoluzione liberale che non si e’ realizzata ma non per colpa mia. Stiamo valutando con grande senso di responsabilita’ la situazione”.

Giustizia, Alfano: seguite le indicazioni del Quirinale. Ma le opposizioni non ci stanno.

Il ministro della Giustizia Angelino Alfano si è recato oggi al Quirinale  per presentare la bozza di riforma della giustizia che il Consiglio dei ministri si appresta a discutere già da domani. Al termine del colloquio, di un paio d’ ore, il Guardasigilli si è mostrato ottimista e si è detto “soddisfatto dell’ incontro”, mentre Napolitano si sarebbe limitato a “prendere atto” in maniera “formale” della volontà del governo, ascoltando quanto illustrato da Alfano, e auspicando, comunque, che per la riforma della giustizia si possa arrivare a “larghe intese” con l’ opposizione.
Secondo le indiscrezioni, l’ ultima bozza presentata dal ministro della Giustizia prevederebbe, fra l’ altro, che “I magistrati sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti”, e quindi il cittadino potrà citare direttamente loro in giudizio, anzichè lo Stato, come è previsto ora. Verrebbe poi aggiunto, all’ articolo 113 della Costituzione, l’ art. 113 bis, sulla “responsabilità civile dei magistrati” per i “casi di ingiusta detenzione o di altra indebita limitazione della libertà personale”.
Si introdurrebbero quindi due CSM, che sarebbero entrambi presieduti dal Capo dello Stato (diversamente dall’ ipotesi che prevedeva a capo del CSM dei magistrati requirenti il Procuratore generale della Cassazione eletto dal Parlamento in seduta comune su indicazione del CSM). Cambierebbe poi l’ obbligatorietà dell’ azione penale, che andrebbe esercitata “secondo i criteri stabiliti dalla legge”.

Federalismo, la Camera approva la fiducia. Ma Calderoli chiede una proroga


Si è tenuto stasera
alla Camera il voto di fiducia sul federalismo municipale, che è stato approvato con 314 si, 291 no e 2 astenuti. Applausi per il leader della Lega Umberto Bossi da parte dei suoi deputati, che hanno sventolato in aula le bandiere delle regioni del Nord, venendo poi richiamati dal vicepresidente di turno Antonio Leone. Fra loro anche il premier Berlusconi, che li ha “omaggiati” indossando un fazzoletto verde nel taschino. Berlusconi ha poi dichiarato, parlando con i cronisti: ” Sono tranquillissimo. C’ erano due deputati in missione e due malati. La maggioranza è a 320″.
Il ministro della Semplificazione normativa Roberto Calderoli, della Lega, dopo un incontro con una delegazione dei “Popolari d’ Italia”, si è però impegnato a proporre domani al Consiglio dei Ministri “Un’ inìziativa legislativa finalizzata alla proroga di quattro mesi del termine di scadenza della delega prevista dalla Legge 42″ sul federalismo fiscale, prevista per il 21 maggio.
Per Bossi, comunque, il voto di oggi è “Un giro di mattoni in più, siamo quasi al tetto” e ha aggiunto: “Ora abbiamo iniziato anche il federalismo regionale”. Quanto alla possibilità di una fine anticipata della legislatura, invece, il leader leghista ha risposto: “Noi vogliamo completare il federalismo, poi vediamo. Restiamo con i piedi per terra”, mentre l’ asse con Berlusconi “Per adesso tiene” poichè, spiega, “Berlusconi è stato l’ unico a darci i voti per il federalismo”.

Dall’ opposizione, il segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani ha spiegato così il voto contrario del suo partito: ” Se il federalismo fiscale lo si fa e lo si fa per bene, lo votiamo. Se invece si fa un pasticcio, noi votiamo contro. Questo decreto, al di là delle vostre favole, è un pasticcio.” E rivolgendosi al Carroccio: “Cara Lega, non venite a dire che reggete Berlusconi per fare il federalismo. Noi vi garantiamo che il processo federalista va avanti anche senza di lui”.
Contro il provvedimento anche l’ UDC, come ha spiegato il suo leader Casini: “Ci sono ragioni politiche e di merito che ci inducono a dire di no ancora una volta. Non possiamo fidarci della Lega, almeno finchè non ci troveremo su alcune cose elementari, del tipo Roma non è Roma ladrona ma la nostra capitale”. Per Casini, poi, “Non si vuole fare un vero federalismo ma approvare uno spot della Lega.”
Per Futuro e Libertà, il capogruppo Benedetto Della Vedova, annunciando il voto contrario del suo partito, ha affermato: “Non è una buona riforma, non è condivisa, è frettolosa” e può creare “Un aumento della spesa al nord e aumento delle tasse al sud.” Infine, dall’ IDV, Antonio Borghesi ha attaccato: “Se volete scambiare il gusto vuoto della riforma con il sostegno a Berlusconi per i suoi processi noi lo andremo a dire in tutti i posti”.

Bersani e Vendola, accordo sulle primarie

Nel centro sinistra, work in progress: a stemperare le tensioni (programmatiche, personali, politiche) accumulate in questi mesi – quando, peraltro, occorreva conservare unità per la concomitante crisi d’alleanza in cui è incappato l’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi – è arrivato l’incontro tra il segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, e colui che vien edai più indicato quale principale avversario nella corsa alla leadership. Nichi Vendola.

Il faccia a faccia tra i due è avvenuto a tavola, in un ristorante di Roma, e ha portato un accordo rispetto alle primarie in seno al Pd. Si faranno: non ancora chiaro quando, il come dovrebbe somigliare quanto accaduto nelle occasioni precedenti.

Bersani ha dichiarato: “Non mettiamo il carro davanti ai buoi. Noi siamo d’accordo sul fatto che siamo entrati in una fase pericolosa per la democrazia e che sarebbe utile un governo di transizione per cambiare la legge elettorale e quindi andare rapidamente all’appuntamento elettorale. Dopo di che abbiamo il meccanismo delle primarie e chi si candida, si candida“.

Paolo Romani nuovo ministro dello Sviluppo economico

Giuramento al Quirinale, poi l’annuncio conseguente. Paolo Romani, già viceministro alle Comunicazioni, è il nuovo ministro dello Sviluppo economico.

Il ruolo che fu di Claudio Scajola (si è dimesso 154 giorni fa in seguito all’accusa di aver ricevuto denaro da imprenditori coinvolti nell’inchiesta sugli appalti del G8 per acquistare un appartamento con vista sul Colosseo) e che in questo lasso di tempo è stato ricoperto da Silvio Berlusconi (ad interim) trova quindi un nuovo referente istituzionale.

Il nome di Romani, per la verità, circolava da tempo ma il Premier ha optato per ricoprire la funzione in prima persona. Fino a quando, evidente, le pressioni mediatiche non si sono fatte sempre più pressanti. In verità, Berlusconi aveva provato a convincere prima il presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, e poi quello di Confindustria, Emma Marcegaglia: da entrambi, tuttavia, nessun segnale incoraggiante.

Il Governo Berlusconi ha la fiducia: 342 sì. Numeri e dichiarazioni di voto. Finiani e MpA decisivi

342 sì: Silvio Berlusconi e l’esecutivo ottengono una ampia maggioranza per proseguire. 275 i voti contrari, 3 gli astenuti. Finiani e MpA decisivi (senza il contributo dei quali, il Governo sarebbe caduto: 34 i deputati di Futuro e Libertà, 5 quelli del Movimento per l’Autonomia).

Alla fine – era pronosticato fin dalle prime ore del pomeriggio – il Governo presieduto da Berlusconi ce l’ha fatta. In dubbio solo i numeri della fiducia, non la medesima: si è iniziato a fare la conta degli stessi fin dagli attimi delle dichiarazioni di voto.

Appena prima, l’intervento del Premier.

Si attendeva la dichiarazione di voto di Futuro e Libertà, il capogruppo Italo Bocchino ha detto: “Siamo disponibili su tutto ciò che è scritto nel programnma e sul resto siamo disponibili a discutere con la maggioranza, senza diktat ma anche senza preclusioni preconcette. Il nostro vincolo con gli elettori non può venire meno, il nostro vincolo sul programma non verrà mai meno. Su questo avrà sempre i nostri voti, noi ci saremo sempre.Il tentativo di imboccare la strada dell’autosufficienza secondo Fli è stata un errore perché prefigurava una maggioranza più ristretta e più nuova, non rispondente più alla volontà popolare che si era espressa col voto. Noi non ci sottrarremo al dovere di portare la legislatura fino all’ultimo giorno di vita e manterremo gli impegni del programma. Sul resto, su quello che non è nel programma, siamo diposti a discutere ma senza diktat“.

Messo in cassaforte il sì di Fli, il PdL ha poi preso atto della fiducia del Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo (il capogruppo Carmelo Lo Monte: “Oggi daremo un voto di responsabilità insieme ai colleghi di Fli perché siamo vincolati al mandato degli elettori e al programma di governo“). Al contrario, i LiberalDemocratici hanno negato la fiducia mentre l’Svp ha annunciato l’astensione.

Discorso Berlusconi 29-09-2010: le reazioni della politica

Silvio Berlusconi ha parlato: in Parlamento gli è occorsa poco meno di un’ora per rendere pubblico il pensero della maggioranza di Governo rispetto alla situazione di crisi che ha portato il Premier a chiedere la fiducia dell’emiciclo. Parole misurate e propositive, nessun tono acerrimo nè sfida a muso duro nei confronti degli avversari.

Tutt’altro: aperture e citazioni (riprese, tra le altre, le parole di Walter Veltroni, allora segretario Pd, che richiamava alla memoria Piero Calamandrei) hanno condito le frasi del fondatore del Popolo delle Libertà anche se una evidenza su tutte pare importante.

Di fatto Berlusconi, pur aprendo al confronto con i finiani di Futuro e Libertà, non ha – per dirla alla Ignazio La Russa – “esteso alcun riconoscimento nè concessione verso il gruppo che si rifa a Gianfranco Fini“. In tal senso, il Presidente della Camera (che non può certo essere soddisfatto delle parole udite) ha ammesso (al termine di un conciliabolo con i “suoi”) che l’intervento di Berlusconi – per quanto non apprezzato – non lascia scelta: Futuro e Libertà garantirà la fiducia alla maggioranza.

Il pensiero del Fli lo si individua anche attraverso le dichiarazioni – che hanno fatto seguito all’intervento del Premier – di Fabio Granata:Non abbiamo bisogno di riconoscimenti. Noi ci siamo, esistiamo già. Siamo un gruppo parlamentare e presto saremo anche una forza politica“.

La “spesa” di Berlusconi: 5 dall’UdC e 2 da Api

Vigilia del discorso parlamentare di Silvio Berlusconi che, mercoledì alla Camera, metterà nero su bianco i cinque punti programmatici intorno ai quali rinsaldare la propria maggioranza. Tra dichiarazioni (di tutti), discorsi alla nazione (di Gianfranco Fini) e denunce di dossieraggio politico (di Futuro e Libertà e delle opposizioni in genere), il Premier ha intessuto il capolavoro diplomatico andando alla ricerca di nuovi adepti e pare, stando a indiscrezioni e conferme, che l’opera di pubbliche relazioni abbia per ora fruttato la scritturazione di sette nuovi alleati.

Finiti nel gruppo misto. Si tratta di cinque ex UdC (Calogero Mannino, Saverio Romano, Giuseppe Drago, Giuseppe  Ruvolo e Michele Pisacane: noti alle cronache poitiche come i cinque “siciliani”) i quali andranno a formare il gruppo “Popolari per l’Italia” e due ex Api (l’Alleanza per l’Italia di Francesco Rutelli), Massimo Calero e Bruno Cesario. Il vocio crescente è che Calearo (il cui recente percorso politico è stato il seguente: eletto con il Pd, passato all’Api, ora nel Gruppo Misto) abbia ricevuto la promessa di un ministero.

Pd, tutto Veltroni: “Non discuto Bersani ma il partito deve essere altro”

Walter Veltroni torna a disquisire degli equilibri (precari) che interessano il Partito Democratico e coglie l’occasione della video chat con i lettori di repubblica.it per affrontare in maniera trasversale ciascuna delle criticità che insistono in seno al Pd.

Ha parlato del segretario – Pier Luigi Bersani – ma anche dell’opportunità di pensare a una leadership proveniente dall’esterno (come avvenne con Romano Prodi ai tempi – fausti – dell’Ulivo); el lavoro – positivo – di Nichi Vendola e del senso di un documento redatto da Veltroni e dal suo entourage nel quale l’ex segretario chiede il ritorno allo spirito maggioritario.

Allenaze e candidati, sottolinea l’ex primo cittadino della Capitale, vanno fatte solo dopo aver costruito il partito. I punti salienti dell’intervento di Veltroni:

Pd, l’ombra di Veltroni su Bersani

Che la questione delle alleanze dovesse tenere banco nel Pd più della linea programmatica volta a definirne connotati e contenuti, alla minoranza interna al partito non andava bene. Portavoce del malumore era stato nei giorni scorsi Walter Veltroni che, in particolare dopo la notizia che Oliviero Diliberto e Paolo Ferrero sarebbero stati arruolati nei democratici in cambio (si è vociferato) di un appoggio al segretario nel corso delle prossime primarie che andranno a individuare il candidato Premier da fronteggiare a Berlusconi, aveva invocato una riunione del coordinamento nazionale.

Sondaggio elettorale: ecco quali partiti voterebbero gli italiani

Dopo la fase di chiusura delle principali feste di partito (nel corso della giornata di domenica, hanno parlato in sequenza: Silvio Barlusconi ai giovani del Pdl di Atreju 2010; Pier Luigi Bersani da Torino, serata finale della kermesse democratica; Umberto Bossi da Venezia, chiusura della festa dei Popoli Padani; Pier Ferdinando Casini da Chianciano, a corollario del raduno annuale dell’UdC), si torna a vivere nell’attesa del discorso del Premier in Parlamento: il 28 settembre, infatti, l’Esecutivo chiederà la fiducia rispetto al programma di cinque punti con cui affrontare i tre anni che restano alla scadenza del mandato naturale.

La crisi pare un po’ meno evidente, sul ricorso preventivo alle urne – per il quale avremmo scommesso una cifra elevata solo una settimana fa – appare non così scontato. “Avremo una larga maggioranza nell’emiciclo“, ripeteva il Presidente del Consiglio, lasciando intendere di poter contare non solo sulla lealtà dei finiani (“che hanno pagato un debito di riconoscenza nei confronti di Gianfranco Fini“) ma anche – laddove fosse numericamente necessario – sul voto di una schiera di centristi i quali si svincolerebbero dalle scelte del partito di riferimento.