Paolo Romani nuovo ministro dello Sviluppo economico

Giuramento al Quirinale, poi l’annuncio conseguente. Paolo Romani, già viceministro alle Comunicazioni, è il nuovo ministro dello Sviluppo economico.

Il ruolo che fu di Claudio Scajola (si è dimesso 154 giorni fa in seguito all’accusa di aver ricevuto denaro da imprenditori coinvolti nell’inchiesta sugli appalti del G8 per acquistare un appartamento con vista sul Colosseo) e che in questo lasso di tempo è stato ricoperto da Silvio Berlusconi (ad interim) trova quindi un nuovo referente istituzionale.

Il nome di Romani, per la verità, circolava da tempo ma il Premier ha optato per ricoprire la funzione in prima persona. Fino a quando, evidente, le pressioni mediatiche non si sono fatte sempre più pressanti. In verità, Berlusconi aveva provato a convincere prima il presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, e poi quello di Confindustria, Emma Marcegaglia: da entrambi, tuttavia, nessun segnale incoraggiante.

Il rifiuto di Montezemolo è stato palese, quello della Marcegaglia è coinciso con un silenzio se possibile ancor più eloquente di interi monologhi. Milanese classe 1947, Romani muove i primi passi imprenditoriali nel campo delle televisioni private.

Da TeleLivorno a TeleMilano prima dell’ingresso in politica (1996) nelle file di Forza Italia. Il giuramento di Romani è avvenuto davanti al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a Silvio Berlusconi e al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta.

Le prime reazioni alla nomina sono di Pier Luigi Bersani (Pd), Pier Ferdinando Casini (UdC) e Massimo Donadi (IdV). Bersani: “Bisogna vedere se esiste ancora il ministero dello Sviluppo che in 5 mesi è stato fatto a pezzi nell’incuria generale insieme ai problemi veri che si chiamano lavoro, attività economiche e produttiva”.

Casini: “Avrei preferito Fedele Confalonieri sia per la sua conoscenza del mondo dell’impresa, sia per la sua conoscenza del mondo televisivo”.

Donadi: “Con Romani siamo al trionfo del conflitto d’interessi. Berlusconi non solo ci ha messo cinque mesi per nominare un nuovo ministro, ma ha scelto anche l’uomo che è stato il braccio armato di Mediaset nelle istituzioni. L’uomo al quale ha affidato la tutela dei suoi interessi nell’etere, ora si occuperà della banda larga e delle frequenze televisive“.

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