Kosovo: Ritorno alla guerra fredda

Solitamente all’interno dei miei articoli mi piace scherzare, perchè gli avvenimenti che poi mi presto a raccontare risultano simpatici o addirittura improbabili, seppur poi reali. Questa volta invece non me la sento proprio di iniziare così, perchè per quanto possa sembrare pessimista o estremista, ho decisamente molta paura per quanto sta accadendo in Kosovo.

In primis ho paura per la situazione del paese. Certo non è poi tanto questo la mia preoccupazione peggiore, considerando che non è la prima volta che il popolo kosovaro subisce un attacco, però l’attacco alla libertà nazionale, come quelli che sono avvenuti in questi giorni da parte del popolo serbo, mi preoccupano e non poco. Il leader serbo Boris Tadic, nel suo discorso alla nazione, ha chiesto innanzitutto un segno di maturità da parte del popolo serbo a non cadere nelle tentazioni (l’indipendenza del Kosovo appunto) lanciate dalle unioni internazionali.

Come detto, non è poi questo che mi preoccupa più di tanto. Mi sono sempre detto convinto, osservando e imparando dalla politica internazionale, che alla fine se un problema lo si risolve in casa, prima o poi la soluzione arriva. E personalmente, osservando la maturità che secondo me la maggior parte della popolazione serba ha, mi sento abbastanza fiducioso che potrebbero giungere a una soluzione molto presto.

Il problema però risiede in tutt’altra direzione. Ormai non è solo la Serbia e il Kosovo. Il problema è divenuto generalizzato. La UE da parte sua è intervenuta con delle “minacce” diplomatiche, imponendo un aut aut a Belgrado; se vuole proseguire il discorso dell’ASA allora deve mettere termine a tutte le ritorsioni che stanno avvenendo in questo momento nel paese. Una condizione necessaria anche a mio parere in quanto per l’ingresso in Europa sia indispensabile una situazione di non belligeranza con altri paesi. Non voglio dire che nell’UE tutti i paesi si amano e si adorano. Può anche esserci una situazione di diffidenza, di leggero astio, ma non sicuramente nel momento in cui un paese è sulla via dell’ingresso.

Eppure nemmeno questo è il problema che più di tutti mi preoccupa. Il problema sostanziale è dovuto dal fatto che sia la Russia sia gli Stati Uniti stanno mettendo particolarmente il becco nella situazione. Ed entrambi con posizioni diametralmente opposte. Da una parte vi sono i russi che sostengono le idee della Serbia, affermando che i metodi utilizzati dalla UE per questa faccenda rischiano di andare al di là del trattato delle Nazioni Unite e se così sarà, il popolo russo è pronto a scendere in campo con la forza bruta.

Dall’altro lato gli Stati Uniti considerano l’operazione Kosovo, come l’ultima fase della dissoluzione della Jugoslavia. Una divisione alla fine indispensabile, ma che forse arriva con tempistiche un po lunghe a mio parere. Che senso ha spezzare nuovamente il paese nel momento in cui la popolazione dello stesso sembra finalmente vivere in armonia, o almeno lascia supporre che sia cosi? Da parte di Nicholas Burns, sottosegretario di stato americano, arrivano anche richiami alle parole russe, con inviti agli esponenti politici russi di essere maggiormente responsabili nelle loro dichiarazioni.

Speriamo che la baruffa, si spenga definitivamente qui.

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