Vieni avanti Cremlino

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Missione compiuta. Il delfino ha raggiunto l’obiettivo. E il giorno dopo la vittoria alle presidenziali russe, già ci si domanda se Medvedev sarà il replicante del suo mentore Putin, o piuttosto riuscirà a ritagliarsi uno spazio tutto suo nel cuore della Grande Madre Russia. Vedremo.


A dire il vero sembrano in pochi, quelli pronti a scommettere sull’autonomia di un Presidente – diciamolo pure – imposto dall’alto, forse troppo. Eppure – è stato notato – si tratta pur sempre del primo presidente russo non proveniente dagli ambienti militari o dei servizi dai tempi di Ivan il Terribile, e questo è certamente un fatto rilevante. Ma se è stato scelto dal presidente uscente – nonchè premier entrante (!) – Vladimir Putin, che a detta di molti, avrebbe potuto più significativamente designare come erede il fido Ivanov, certamente più simile a lui e, dato non trascurabile, proveniente dagli stessi ambienti, forse qualcosa vorrà pur dire. Forse.


Di certo, l’attenzione dimostrata dal Cremlino, già prima dell’apertura delle urne – con la decisione di Putin di diventare primo ministro – può tradursi politicamente in una fiducia non illimitata nei confronti del giovane Dima. Il suo piglio, già dalle prime interviste in queste settimane ha fatto trasparire infatti un carattere molto diverso rispetto al suo predecessore. D’altro canto la sua giovane età, nonchè il suo percorso formativo molto occidentale, contribuiscono ad alimentare la convinzione che difficilmente lo vedremo rivolgersi ai partner europei e mondiali con la grinta, diciamo così, di Putin.


La formazione del giovane presidente – solo 42 anni per lui (!) – lascia pensare infatti che i dubbi siano legittimi. Fuori dalle gerarchie che hanno imperversato in Russia dalla fine dell’Unione sovietica, la facoltà di giurisprudenza a Pietroburgo dove s’è laureato negli anni Ottanta aveva una vaga fama di ambiente liberale, e il suo primo lavoro è stato al Comune di Pietroburgo col sindaco Anatolij Sobchak, anche lui considerato un liberale.


Parimenti vero è però che proprio negli anni dell’amministrazione dell’ex Leningrado, Medevdev ha incrociato per la prima volta Putin, e da lì in poi tutto sembra essere cambiato. Sotto la sua ala protettiva Dima ha scalato vorticosamente il cursus honorum, giungendo in sette anni alla poltrona più importante, ma soprattutto passando – e rimanendoci imperturbabilmente – su quelle più scottanti del paese; una su tutte, quella di capo della famigerata Gazprom, considerata il rubinetto energetico europeo.


Ora, forse risulterà azzardato prevedere sin da ora un cambio di rotta, nella lunga transizione post comunista del più grande e complesso paese del mondo. Ma i gravi problemi interni alla Russia, primo su tutti una eccessiva dipendenza economica dall’export della risorse naturali in suo possesso, ma anche lo sfilacciamento sociale che sta facendo crescere esponenzialmente le statistiche sul livello di povertà di molte zone del paese, potrebbero indurre Medvedev ad iniziare quelle politiche di sviluppo che Putin in questi anni ha soltanto sbandierato. Insomma, nonostante il debito di riconoscenza verso il suo maestro, Medevedev non ci stupirebbe affatto se si proponesse, con il tempo, come il promotore di un nuovo dialogo con il mondo occidentale.


Il tempo, appunto. Adesso è prematuro, ma staremo a vedere.

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