Reggio Calabria, la ‘ndrangheta attacca lo Stato: bomba per Salvatore Di Landro

Sembrava durare la stagione della tregua, nel corso della quale la criminalità organizzata si limitava ad esistere e curare in maniera attiva affari e traffici illegali ma quanto accaduto nella notte a Reggio Calabria potrebbe scompigliare lo scenario. Eppure, in tale contesto, la ‘ndrangheta non ha mai smesso di farsi sentire e torna a farlo con violenza: nuovo attacco allo Stato attraverso una bomba contro la casa del Procuratore di Reggio Calabria Salvatore Di Landro.

Le cosche lanciano un segnale inequivocabile facendo esplodere l’ordigno in una zona centrale della città (nessun ferito): è accaduto poco prima delle 2, l’ordigno ha divelto il portone d’ingresso, devastato l’atrio e procurato danni ad abitazioni limitrofe. Che l’obiettivo fosse Di Landro, nessun dubbio: è lo stesso magistrato a ribadire che il crimine si fa minaccioso nei confronti di chi compie il proprio dovere. “Contro di me – dichiara in mattinata – a partire dall’attentato a gennaio contro la Procura generale, c’é stata una tensione malevola e delittuosa crescente, da parte della criminalità organizzata, che si è personalizzata. Vogliono farmela pagare, evidentemente, per il fatto che ho sempre ed in ogni circostanza fatto il mio dovere di magistrato“.

Era in casa con sua moglie e al momento dell’esplosione (bomba confezionata molto probabilmente con del tritolo e innescata probabilmente da una miccia a lenta combustione) ha temuto per la vita: immediato l’arrivo delle forze dell’ordine, ivi compresi il procuratore aggiunto Nicola Gratteri e il questore di Reggio Calabria Carmelo Casabona. Non si sono fatte attendere neppure le prime dichiarazioni di solidarietà e fermezza nella lotta al crimine da parte delle figure istituzionalmente più autorevoli.

Cl Rimini, Marchionne: “Fiat Melfi, la dignità non è patrimonio di tre persone”

La Fiat di Melfi rischia di diventare – in senso lato la struttura, in senso stretto la vicenda dei tre operai prima licenziati e poi reintegrati – emblema di un nuovo modo di intendere più di una contrapposizione: il rapporto tra dipendente e datore di lavoro, quello tra diritti e doveri, dati di fatto e Stato di diritto. Se da un lato l’autorità giudiziaria ha ribaltato la decisione del Lingotto di licenziare il terzetto per aver addirittura sfiorato l’accusa di “sabotaggio” nei confronti dell’azienda, dall’altro arriva il pronto intervento di Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, nel corso del Meeting di Rimini organizzato da Comunione e Liberazione che si articola in una serie di riflessioni interessanti.

Dal generale al particolare, a partire dalla necessità di percepire il mondo del lavoro in maniera differente: “Fino a quando non ci lasciamo alle spalle i vecchi schemi non ci sarà mai spazio per vedere nuovi orizzonti. Quella alla quale stiamo assistendo in questi giorni è la contrapposizione tra due modelli: uno che si ostina a proteggere il passato, l’altro che guarda avanti. Non siamo più negli anni ’60 e occorre abbandonare il modello di pensiero che vede una lotta fra capitale e lavoro e fra padroni e operai“.

Federconsumatori: spesa 2010, +1.118 euro. Italiani, gente in crisi

Osservatorio nazionale Federconsumatori fa rima con analisi, inchiesta, lista preventiva della spesa. E, come accade da parecchio tempo a questa parte, le tasche degli italiani sono sempre più prese di mira dalla concomitante situazione di una crisi ancora in atto e di un incremento della spesa evidente, palese, preoccupante.

Lo studio ha questa volta evidenziato come – nel corso dell’autunno-inverno alle porte – i risparmi verranno messi ancora a dura prova: in seguito agli ultimi andamenti, infatti, i nuovi aumenti di prezzi e tariffe determineranno un incremento pro capite di circa 1.118 euro rispetto allo scorso anno. A sancire la crescita notevole, spese per il riscaldamento e per la casa in generale ma anche l’imminente anno scolastico. A fare il quadro di cosa sta per accadere – da settembre in avanti – sono Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, rispettivamente presidenti di Federconsumatori e Adusbef: “Ci sarà inevitabilmente un nuovo abbattimento del potere di acquisto delle famiglie, già duramente provato dalla grave crisi che il Paese sta attraversando da molto tempo, e dalle manovre economiche inique e sbagliate. Dal 2007 al 2010 la caduta del potere di acquisto è stata di ben il 9,6%, motivo per il quale pare indispensabile agire con determinazione avviando un processo di detassazione per le famiglie a reddito fisso ed operando un vero e proprio blocco di prezzi e tariffe“.

Famiglia Cristiana attacca il berlusconismo: assist ai finiani, il PdL a difesa del Premier

Mandarle a dire? Porgere l’altra guancia? Macchè: Famiglia Cristiana mostra muscoli e denti e, nel prendere di mira Silvio Berlusconi e il cosiddetto berlusconismo (che roba è? ci arriviamo, ci arriviamo) non risparmia un pensiero che sia uno. Nei confronti del Premier, un duro attacco dal settimanale delle edizioni paoline anche in replica (parecchio tardiva, vero) nei confronti della vicenda accaduta all’allora direttore Dino Boffo. Il metodo dei berluscones sarebbe in fondo quello lì: “Chi dissente, va distrutto“.

Attraverso un editoriale dal titolo eloquente – “La Costituzione dimezzata” – è Beppe Del Colle a caricarsi sulle spalle i macigni da lanciare contro il Presidente del Consiglio: “Berlusconi ha detto chiaro e tondo che nel cammino verso le elezioni anticipate – qualora il piano dei cinque punti non riceva rapidamente la fiducia del Parlamento – non si farà incantare da nessuno, tantomeno dai formalismi costituzionali. Così lo sappiamo dalla sua viva voce: in Italia comanda solo lui, grazie alla ‘sovranità popolare’ che finora lo ha votato. La Costituzione in realtà dice: ‘La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione’. Berlusconi si ferma a metà della frase, il resto non gli interessa, è puro formalismo“.

Fiat Melfi, Napolitano sta con gli operai: “Rispettare le regole dello Stato di diritto”

Faccia a faccia netto, senza possibilità di appello, anzi. Neppure la decisione dell’autorità giudiziaria pare essere stata in tal senso risolutrice, visto che i tre operai della Fiat di Melfi – prima licenziati poi reintegrati dal giudice – si sono comunque visti bloccare all’uscio. L’azienda era stata chiara: nonostante il contratto, che andrà rispettato, al lavoro non vi vogliamo. Invece, il trio composto da Barozzino, Lamorte e Pignatelli al lavoro si è presentato eccome. Con l’annunciata situazione per cui, al tentativo di ingresso, sono stati messi alla porta. Motivo per cui i tre, senza perdere tempo e non soddisfatti dal supporto incondizionato della Fiom, si sono rivolti direttamente al Presidente della Repubblica.

A stralci: “Ci rivolgiamo a lei, presidente, perché richiami i protagonisti di questa vicenda al rispetto delle leggi. Signor presidente, per sentirci uomini e non parassiti di questa società vogliamo guadagnarci il pane come ogni padre di famiglia e non percepire la retribuzione senza lavorare. La decisione della Fiat di non reintegrarci nel nostro posto di lavoro è una palese violazione della legge, in uno Stato di diritto non dovrebbe essere neppure consentito di dichiarare a tutti (stampa compresa) di voler disattendere un provvedimento legalmente impartito dalla autorità giudiziaria con ciò mostrando disprezzo per la Costituzione e per le leggi“.

Repubblicane sexy, democratiche come cani: quando l’America esporta – male – il made in Italy

Quelle come Mara Carfagna: belle, giovani. La politica, in Italia, ha cominciato ad avere, soprattutto negli ultimi tempi, anche e sempre più i connotati e le caratteristiche fisiche del Ministro per le pari opportunità. Giovani, si diceva. Belle da spaccare lo schermo, incantare lo sguardo. Poi, per carità, dietro tale grazia occorrerebbe forse dimostrare di avere un cervello.

Chi ci riesce, chi ci prova, chi nemmeno si sforza. Tanto, prerogativa essenziale rimane sempre e solo quella: essere giovani. Essere belle. Sembrava regola tacita di parte della politica tricolore ma pare che tra un chilo di pasta Barilla e un tubo di Baci Perugina lo stivale abbia cominciato a esportare anche tale prassi. Ovvero, battersi in agoni, una parte contro l’altra. Solo che.

A consentire l’accumulo di frecce nell’arco non sembrano più essere le conoscenze specifiche, la preparazione settoriale, la lungimiranza. Macchè. Semmai: cosce, natiche, seni, corpo nel suo insieme, viso e bocca. Ci si sfida a duello nel nome della bellezza, provando a convincere l’elettore che tanto possa bastare per governare e amministrare la cosa pubblica. pensavamo che fosse peculiarità italiana e invece. Pigli un aereo, ti ritrovi in America e scopri che nel Minnesota la politica viene costruita allo stesso identico modo: a colpi di trucco, abiti succinti, curve mozzafiato.

Sciopero Tirrenia, Matteoli: “Il 30 e il 31 agosto si lavora”

Finale col botto. Fosse Capodanno, si potrebbe anche dire così. Ma. All’epilogo dalle ferie estive, lo sciopero dei dipendenti Tirrenia suona più come doccia fredda, gelata per migliaia di italiani attesi al rimpatrio. Sciopero di 48 ore proclamato dalla Uiltrasporti per il 30 e 31 agosto: il che equivale a mettere in crisi il rientro di quasi 20 mila persone: a conti fatti (dal sindacato stesso) in seguito alla protesta contro il processo di privatizzazione della compagnia si fermeranno venti navi della Tirrenia e otto dell’azienda controllata Siremar.

Fin qui, l’esposizione del problema dal punto di vista del passeggero (costretto, qualora non giunga un dietrofront improvviso e motivato da un incontro tra le parti interessate e il Governo, a trovare un mezzo alternativo) ma cambiando l’angolo della visuale ci si rende pure conto che il senso dello sciopero di due giorni è conseguenza di una situazione quantomeno complessa e articolata che interessa il futuro (lavorativo) di numerosi dipendenti con prole a carico.

Bocchino: “Fini, UdC, Api e Pd al Governo”. Cicchitto: “Che film è?”

Ormai il sito di Generazione Italia è diventato un quotidiano di partito: la voce di Futuro e Libertà passa attraverso il portale di chiara area finiana che si trasforma in cassa di rinonanza nel quale parli a suocera perchè nuora intenda. Nello specifico, è Italo Bocchino, capogruppo parlamentare di Fli, a replicare nuovamente a Silvio Berlusconi e alla crisi in auge al Governo. Per uno dei finiani più convinti, oramai il Premier ha poca scelta: l’unico modo per continuare a governare è quello di optare per un esecutivo composto da larghe intese partitiche. Provocazione, ennesimo botta e risposta, folgorazione?

L’unica strada che ha (Berlusconi, ndr) è appellarsi al Parlamento come gli ha consigliato Casini per varare un nuovo governo con un profilo alto e riformatore e una maggioranza più ampia, costruendo una nuova coalizione che comprenda i partiti di Fini, Casini e Rutelli e i moderati del Pd ormai delusi“.

L’autoribaltone dei finiani: governo con i centristi

Quella di oggi di Italo Bocchino è una provocazione che potrebbe essere paradossalmente geniale. “Non consegneremo il Paese all’asse Bossi-Tremonti”, scrive su Generazione Italia il capogruppo Fli. Da quel momento, il susseguirsi di agenzie, di reazioni, di commenti, di no, niet, sì, forse è a dir poco martellante. Nuovo governo con i centristi. Nl Pdl i più svegli lo chiamano l’autoribaltone. La politica è in una crisi endemica e irreversibile, e anche le exit strategy stanno prendendo corpo in modi assolutamente inediti e, forse, impensabili.

Bocchino non è uno sprovveduto. Non un suicida politico: al momento, almeno, sembra averlo dimostrato. E certamente l’intervento su Generazione Italia difficilmente può rappresentare un’iniziativa personale. Certo, lui poi in giornata chiarisce, aggiusta il tiro, specifica. Ma la sostanza è quella. E soprattutto sortisce un effetto difficilmente non previsto: quello di una guerra già in corso ma oggi acuita. Tra l’Udc e la Lega di Umberto Bossi.

Berlusconi-finiani, nuova puntata

Ci risiamo. Tira aria di elezioni e non si riesce ad allontanare la possibilità di andare alle urne a breve. Prima i “porta a porta” lanciati da Berlusconi (che ha il copyright dell’idea) e riproposti dieci giorni dopo dal Partito Democratico (… e poi i maligni non possono fare a meno di dire che non riescono ad avere un’idea originale che sia una). Ora il premier rilancia con un messaggio ai Promotori della Libertà. Il concetto è chiaro: preparatevi al voto, anche a breve. La questione dei gruppi finiani a Silvio Berlusconi proprio non va giù. Futuro e Libertà oggi rilancia e chiede al leader del Pdl di annullare la riunione dei probiviri (ricordate? I tre falchi finiani Fabio Granata, Italo Bocchino e Carmelo Briguglio sono stati deferiti ai probiviri del partito). E chiedono anche che si ponga fine a quella che chiamano “campagna mediatica” contro Gianfranco Fini, ovvero la serie di inchieste portate avanti dal Giornale di Feltri prima e da Libero sull’affaire Montecarlo.

Assange, il papà di Wikileaks, accusato di stupro. Anzi no

Che abbia pagato o che debba pagare l’attività di pubblicazione del sito Wikileaks da lui stesso fondato? Non è (ancora) dato saperlo ma la vicenda che ha interessato in prima persona l’australiano 39enne Julian Assange ha dell’incredibile.

In poche ore di distanza, la procura svedese ha prima emesso e poi annullato un mandato di cattura per stupro e molestie: in un clima da imbarazzo generale, le forze di polizia della località scandinava hanno inizialmente, per bocca del direttore delle comunicazioni della procura svedese, Karin Rosander, ammesso la formulazione di un mandato di cattura e poi lo hanno praticamente annullato.

Laconica l’informativa del dietrofront: “Sulla base delle attuali informazioni non vi sono più le basi per sospettare che abbia commesso uno stupro, non è più sospettato di stupro e molestie. Tutte le accuse a suo carico sono state cancellate” e il fondatore di Wikileaks “non è più ricercato”.

Quale potrebbe essere la colpa di Assange (anche perchè, ad oggi, nulla è stato chiarito dalle forze di polizia nè da altri soggetti)?

Fiat Melfi, il Lingotto agli operai reintegrati: “Non venite al lavoro”

Non presentatevi negli stabilimenti Fiat di Melfi perchè non ci sarà alcun lavoro per nessuno di voi tre: pressappoco queste le parole utilizzate dai vertici Fiat nei confronti dei tre operai reintegrati dal giudice del lavoro dopo licenziamento per ingiusta causa.

Rispetteremo il contratto”, ribadiscono dalla casa automobilistica ma nella facolta della Fiat rientra anche la possibilità di non utilizzare il trio in alcuna mansione. Pur riconoscendo il contratto in essere. E’ bastato un telegramma – stesso contenuto per ciascuno – per scatenare l’ennesimo putiferio intorno a una vicenda che già ha fatto parlare in precedenza.

Berlusconi lancia le Squadre della libertà

Un’agenzia di pochi secondi fa recita:
Roma, 21 ago. (Apcom) – Nel corso del doppio vertice che ha tenuto oggi a palazzo Grazioli, il premier Silvio Berlusconi ha dato mandato al Pdl di costituire in tempi brevi le ‘Squadre della libertà‘, una struttura che in raccordo con il partito e i suoi vertici e sotto la guida dell’ala movimentista del Popolo della libertà, si occuperà di radicare il Pdl sul territorio e, in caso di elezioni anticipate, di mobilitarsi per coprire i 61mila seggi elettorali.
Lo scopo del progetto è anche quello di informare i cittadini di quanto fatto dal Governo e di favorirne la strutturazione sul territorio. Allo studio ci sarebbe la possibilità di dotare le Squadre della libertà di tre coordinatori
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Le squadre della libertà?

Pd, Bersani: “Berlusconi ha fallito, ora mobilitiamoci nel più grande porta a porta”

Pierluigi Bersani parla a nome del Partito Democratico. Ha lasciato che Silvio Berlusconi facesse altrettanto interpretando il pensiero del PdL dopo il vertice di Palazzo Grazioli nel quale si è indicata la rotta che la maggioranza non può perdere di vista e poi si è pronunciato: “Che cosa c’è di nuovo sotto il sole? Berlusconi racconta favole, ragiona da caudillo sui temi della democrazia, della Costituzione, della legge elettorale e, al dunque, vuole il suo processo breve. Il documento Pdl certifica, in realtà, il fallimento di questi due anni di governo e non offre base alcuna per affrontare i problemi reali del paese, dei quali non si mostra la minima consapevolezza. Adesso la parola è al Parlamento. Noi apriremo il confronto tra tutte le forze di opposizione e apriremo la nostra mobilitazione nel paese. Certamente, con un governo così non si può andare avanti“.