Fiat Melfi: reintegro per operai licenziati. La Fiom dichiara vittoria

Tre operai della Fiat Melfi, Potenza, sono stati reintegrati dal giudice del lavoro dopo che l’azienda li aveva prima sospesi (8 luglio) e poi licenziati (14 luglio). Ciascuno torna alle proprie mansioni dopo la dichiarazione di antisindacalità della decisione.

Si tratta di Antonio Lamorte, Giovanni Barozzino (delegati Fiom) e Marco Pignatelli: al terzetto i vertici del Lingotto dislocato in Basilicata fu contestato il fatto che durante un corteo interno bloccarono un carrello robotizzato che portava materiale a operai non in sciopero. Immediata la reazione di buona parte dei colleghi e dei sindacati, che cercarono di sostenere la posizione dei tre atttraverso cortei e manifestazioni sfociati nell’occupazione simbolica del tetto della Porta Venosina, monumento ubicato nel centro storico di Melfi.

Mentre l’azienda si trincera in un “no comment” che ancora persiste, arrivano invece le dichiarazioni di giubilo di Emanuele De Nicola, segretario regionale Fiom, che riconduce la vittoria a quella dell’intero movimento sindacale da lui rappresentato: “La sentenza indica che ci fu da parte della Fiat la volontà di reprimere le lotte a Pomigliano d’Arco e a Melfi e di ‘dare una lezione’ alla Fiom ma le lotte democratiche dei lavoratori non hanno nulla in comune con il sabotaggio, un teorema che è stato di nuovo smontato e ci aspettiamo le scuse di quanti vi hanno fatto riferimento, dalle personalità  istituzionali ai rappresentanti degli imprenditori. Speriamo che Fiat torni al tavolo per discutere di temi che stanno a cuore ai lavoratori, a cominciare dai diritti e dai carichi di lavoro“.

Ciascuno dei tre riprenderà a svolgere la mansione professionale precedentemente adempiuta. Tutto ciò accade in un momento storico nel quale – come indicano i dati resi noti dall’Inps – i licenziamenti a luglio 2010, rispetto allo stesso periodo del 2009, aumentano ancora del 14%: nonostante le imprese stiano superando la crisi. Il fenomeno avviene, fanno sapere gli economisti, per il fatto che il lavoro risente sempre con un ritardo fisiologico delle congiunture positive e negative.

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