Obama, Cuba e il governo ombra

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Obama chiama, Cuba risponde. Ma la risposta alle dichiarazioni del quasi primo candidato democratico afroamericano alla Casa Bianca non è del comandante en jefe Raul Castro. Ma della sua ombra. Ancora una volta torna a parlare Fidel, con nuove “Riflessioni del compagno Fidel”. All’apparenza un prezioso apporto di esperienza alla dialettica Cuba-Usa, in realtà un monito al prossimo inquilino della Casa Bianca. Un avviso ai naviganti, diciamo così, per informarli che Cuba non ha abiurato, Cuba non è in vendita.


Pochi giorni fa, il 23 maggio, Barack Obama faceva visita alla comunità cubana di Miami e si pronunciava sui futuri rapporti con i cosiddetti nemici. L’argomento era saltato fuori solo tre giorni prima, quando a far visita a Miami era stato il senatore John McCain, candidato repubblicano per il dopo Bush. Parlando a una folla di cubani-americani, in occasione del Cuban Independence Day, McCain ha ribadito accuse che ha lanciato negli ultimi giorni piu’ volte contro Obama e che la scorsa settimana sono state amplificate anche dal presidente George W.Bush in un discorso in Israele. Il senatore Obama si sarebbe mostrato troppo tenero nelle dichiarazioni fatte in questi mesi su Cuba in particolare.


La risposta non si è fatta attendere e quattro giorni fa Obama dichiarava a Miami

Durante la mia vita ho visto solo ingiustizie e repressioni in Cuba e mai il popolo ha conosciuto la vera liberta; mai nella vita di due generazioni il popolo di Cuba ha conosciuto una democrazia e non abbiamo visto elezioni da 50 anni. Noi non sopporteremo queste ingiustizie e insieme andremo a cercare la libertà per Cuba. Queste sono le mie parole, questo è il mio impegno. È ora che il denaro statunitense faccia sì che il popolo cubano sia meno dipendente dal regime di Castro. Manterrò il blocco.

Due giorni dopo la risposta di Cuba, come detto, per bocca del lider maximo. “La politica cinica dell’Impero” il titolo del discorso divulgato da Radio Granma. Fidel risponde innazitutto alle “menzogne di Bush e McCain” su Cuba per poi porre a sua volta delle domande a Obama. Dieci domande dieci. E qui, dopo il fioretto usato per le riflessioni sue personali sul senatore dell’Illinois, Castro quello vero – verrebbe da dire – passa all’artiglieria pesante al momento dei dubbi, degli interrogativi scomodi, dettati come un decalogo. Di seguito la traduzione di alcuni passaggi del discorso.


[…] Non sarebbe onesto da parte mia restare in silenzio dopo il discorso di Obama del pomeriggio del 23 maggio, nella Fondazione Cubano-Americana creata da Ronald Reagan. L’ho ascoltato, come ho fatto con i discorsi di McCain e di Bush. Non provo rancore verso la sua persona, perchè non è stato responsabile dei crimini commessi contro Cuba e l’umanità. Se lo difendessi farei un enorme favore ai suoi avversari. Non temo di criticarlo e d’esprimere con franchezza i miei punti di vista sulle sue parole. […] Non discuto l’acuta intelligenza di Obama, la sua capacità polemica e il suo spirito di lavoro. Domina la tecnica della comunicazione ed è al disopra dei suoi rivali nella gara elettorale. Osservo con simpatia sua moglie e le sue bambine che lo accompagnano e lo animano tutti i martedì. Sono un quadro umano molto gradevole. Nonostante questo però, mi vedo obbligato e fare varie e delicate domande, anche se non pretendo risposte: unicamente le esprimo.


È corretto che il presidente degli Stati Uniti ordini l’assassinio di qualsiasi persona nel mondo, qualunque sia il pretesto?


È etico che il presidente degli Stati Uniti ordini di torturare altri esseri umani?


Il terrorismo di stato è uno strumento che un paese tanto poderoso come gli Stati Uniti deve utilizzare perchè esista la pace nel pianeta?


È buona e onorevole una Ley de Ajuste che si applica come castigo per un solo paese, Cuba, per destabilizzarlo, anche se costa la vita di bambini e madri innocenti? Se è buona, perchè non si applica il diritto automatico di residenza per gli haitiani, dominicani o di altri paesi dei Caraibi e perchè non si fa lo stesso con messicani, centro americani e sudamericani che muoiono come mosche alla muraglia della frontiera messicana o nelle acque dell’Atlantico e del Pacifico?


Gli Stati Uniti possono prescindere dagli immigranti che coltivano vegetali, frutta, mandorle e altre squisitezze per i nordamericani? Chi spazzerà le loro strade, presterà servizi domestici e realizzerà i peggiori e meno remunerati lavori?


Sono giuste le retate di “senza documenti” che colpiscono anche i bambini nati negli Stati Uniti?


È morale e giustificabile il furto dei cervelli e la continua estrazione delle migliori intelligenze scientifiche e intellettuali dai paesi poveri?


Lei afferma, come ho ricordato all’inizio di questa riflessione, che il suo paese ha avvisato molto tempo fa le potenze europee che non avrebbe ammesso interventi nell’emisfero e a sua volta reitera la domanda di questo diritto, reclamando il diritto nello stesso tempo d’intervenire in qualsiasi parte del mondo con l’appoggio di centinaia di basi militari, forze navali, aeree e spaziali distribuite nel pianeta. Le chiedo: è questa la forma in cui gli Stati Uniti esprimono il loro rispetto per la libertà, la democrazia e i diritti umani?


È giusto attaccare a sorpresa sessanta e più angoli oscuri del mondo, come li chiama Bush, con qualsiasi pretesto?


10º È onorevole e degno investire milioni di milioni di dollari nei complessi militari per produrre armi che possono liquidare varie volte la vita sulla terra?


Clicca qui per la versione integrale del discorso.

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