Cuba: Castro, fratelli contro

Fidel, il lider maximo, avrebbe anche potuto pensare – in una certa fase della sua vita – che essere in grado di portare a compimento la rivoluzione cubana contro il regime di Fulgencio Batista avrebbe anche potuto garantirgli l’immortalità. Allo scoccare del 1960, beninteso. Quando le candeline da spegnere erano ancora 34. Ma poi: vincitori e vinti, idolatrati e odiati, Presidenti e mediocri il tempo passa per chiunque. La salute si fa precaria. L’età incide e a ogni ruga che compare, sembra si sgonfi un muscolo. Così, quasi fosse legge della Natura. Che poi, fai presto a dire che son passati più di quarant’anni.

Marchi un quadreno con due date: per magia. Di fianco al 1960 compare il 2006. La massima autorità cubana non è più solo un combattente da pellicola ma è pure diventato un ottantenne che, il primo agosto si vede costretto a cedere temporaneamente il governo al Vice-presidente e fratello. Altro Castro, stavolta Raúl. Mentre Fidel, smesse le armi e abbandonata la boscaglia, cominciava a combattere contro un intestino malconcio tra le mura di una sala medica.

Da lì, voci e supposizioni lo hanno visto prima a un passo dalla fossa (“ha il cancro”, si diceva da più parti) poi rinato per magia. Una, due, tre volte. Altro tempo, altra data. 2008, Raul succede ufficalmente al maggiore dei Castro alla Presidenza di Cuba. L’ombra di Fidel è un macigno, a tal punto evidente che sfugge sempre quel confine sottile, labile in cui assegnare il parto di decisioni e dichiarazioni all’uno piuttosto che all’altro. Diversi nel modo di intendere il futuro dell’isola.

Raul e Fidel. Le aperture economiche di quello fanno a pugni con la concezione dell’altro, le idee riformiste di Raul fanno venire al fratello gli incubi. E per Cuba, l’orizzonte si fa sempre meno leggibile: frange a frammentare il regime, mninacciarlo, indebolirlo. Lo si dice da un po’, lo si pensa da parecchio: che ne sarà dell’isola dopo Fidel? Lotta intestina, confusione, incertezza. Viene da pensarlo, eccome. Soprattutto dopo lo scorso 26 luglio, il Dia de la rebeldia nacional, festa nazionale che ricorda il fallito assalto alla caserma della Moncada, guidato da Fidel nel 1953.

Nè l’uno nè l’altro dei Castro: per la prima volta, il discorso alla Nazione è stato affidato al vice Presidente Josè Ramon Machado Ventura. Raul presenziava mentre il Generale ottantenne salutava con gioia il recupero fisico di Fidel. Che in quindici giorni s’è riscoperto loquace con almeno quattro discorsi pubblici. Quasi a rimarcare il territorio, segnare la via, provare a zittire le differenti sfaccettature di un regime che non ha più un’anima sola. Fratelli contro, diremmo in circostanze di cronaca spiccia. E potrebbe apparire normale. Ma se i due consanguinei condividono un cognome che lo dici e hai detto Cuba, la normalità comincia a fare dissonanza. La cronaca spiccia rischia di diventare risvolto da pagine di Storia.

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