Gomorra, kalashnikov e pentiti



Michele Orsi, imprenditore. E’ stato ucciso sabato in un agguato a Casal di Principe. Due le ipotesi: ha pagato con la vita uno sgarro a una fazione dei Casalesi, contrapposta a quella di Francesco Bidognetti. Oppure è morto perchè ha parlato e poteva parlare.


Non era un pentito, ma avevamo chiesto protezione

dice il suo legale. Orsi era stato accusato di avere favorito il clan dei Casalesi. Aveva parlato con la giustizia, rivelando responsabilità dei vertici dell’organizzazione, in particolare della fazione ritenuta capeggiata da Bidognetti.


La cronaca dei fatti è nota. I sicari hanno riservato a Orsi anche un colpo di grazia alla testa.

Sto ancora decidendo se l’immagine di Roberto Saviano è stata rovinata, nella mia mente, dal personaggio che sta diventando. In fondo, la sua gestione è inopinabile. Solo che il diventare un personaggio fa sempre un po’ male.


il Salvo Lima della camorra

Così lo ha definito Roberto Saviano.

Chi lo ha sostenuto se ne assume la responsabilità. Orsi aveva paura, veniva ogni giorno nel mio studio, perché era l’unico posto in cui si sentiva sicuro

Gli mana a dire l’avvocato dell’imprenditore assassinato. Per la truffa aggravata, era accusato, spiega sempre il legale:

di avere, attraverso fatture e altre operazioni, favorito i clan. E’ questa l’impostazione del processo. Era stato ascoltato come teste l’8 maggio, nel filone del processo che riguardava i detenuti. Ora aspettava soltanto l’udienza preliminare del 17 giugno: era slittata, per difetti di notifica. Avrebbe dovuto essere il 20 maggio


A Saviano, comunque, voglio rubare alcuni passi di Gomorra. Perchè mi hanno fatto pensare, molto.


Agli istituti di ricerca economica internazionali servono continuamente dati. Produrli come cibo quotidiano per i giornali, le riviste, i partiti politici. Il celebre indice Big Mac, per esempio, che valuta tanto più florido un paese quanto più il panino costa caro nei McDonald’s. Per valutare lo stato di diritti umani invece gli analisti osservano il prezzo a cui viene venduto il kalashnikov. Meno costoso è il mitra, più i diritti umani sono violati, lo Stato di diritto è in cancrena, l’ossatura degli equilibri sociali è marcia e in disfacimento. Nell’ovest dell’Africa può arrivare a cinquanta dollari. Addirittura in Yemen è possibile rintracciare AK-47 usati di seconda e terza mano anche a sei dollari. Il dominio all’est dei clan, la zampata sui depositi di armi dei paesi socialisti in disfacimento hanno fatto dei clan casertani e napoletani i referenti migliori per i trafficanti di armi, assieme alle cosche calabresi con cui sono in perenne contatto


Etc. Se, dunque,

Per valutare lo stato di diritti umani gli analisti osservano il prezzo a cui viene venduto il kalashnikov

l’Italia ha scelto di non farsi osservare, ma di fare i prezzi dei kalashnikov. E pensare che hanno anche da dire sullo stato dei diritti nel Belpaese.


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