5 anni a Cuffaro. Esclusa l’aggravante mafia


Mafia


Grida di vittoria, sospiri di sollievo. Il presidente della Regione Siciliana, Salvatore Cuffaro, è stato condannato a 5 anni nel processo per le ‘talpe’ alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Ed è contento. Baci, abbracci, sorrisi. E soprattutto la decisione di restare al suo posto. Questo Paese continua ad essere così bizzarro.


La terza sezione penale del Tribunale, presieduta da Vittorio Alcamo, … condanna Cuffaro Salvatore alla pena di anni 5 di reclusione. Visti gli articoli 28, 29, 31 e 32 del Codice Penale dichiara Aiello Michele, Riolo Giorgio e Cuffaro Salvatore interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale durante l’espiazione della pena. Quello che però fa tanto gioire il suddetto Cuffaro è l’esclusione, da parte del Tribunale, dell’aggravante di aver favorito la mafia. Cuffaro, come scritto, è stato interdetto dai pubblici uffici.


Uno dei capi d’accusa imputati a Salvatore Cuffaro, dunque, al processo per le ‘talpe’ alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, era: favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra e rivelazione di segreto. I Pubblici Ministeri avevano chiesto per lui un periodo di reclusione di 8 anni.

La decisione appena presa va in un’altra direzione: riconosce una condotta colpevole di favoreggiamento a favore degli altri imputati, ma ritiene non dimostrata l’aggravante di favoreggiamento mafioso. Alcuni, tra gli altri imputati, sono stati condannati proprio per associazione mafiosa. Per Cuffaro, comunque, il risultato è una pena ridotta rispetto agli otto anni inizialmente richiesti dall’accusa.


Il Presidente della Regione Sicilia ha assistito alla lettura della sentenza nell’aula bunker di Pagliarelli. Aveva annunciato che non si sarebbe presentato, e invece era lì. Sono confortato, non sono colluso con la mafia e per questo resto presidente della Regione. Da domani torno al lavoro. Gioia, soddisfazione, risollevamento. Ma. Non è stato condannato? Certo, essere sollevati dall’accusa di connivenza e favoreggiamento di Cosa Nostra, soprattutto nell’isola, è positivo, rincuorante. Insomma, una buona notizia. Ma dalle reazioni dei protagonisti, nonchè da quelle dei leader politici che hanno commentato la decisione, sembra che il Presidente della Regione Siciliana sia stato invitato ad un soggiorno alle Maldive, e non accusato a 5 anni di reclusione per favoreggiamento di imputati che a loro volta la mafia, questi sì, l’hanno favorita e il Tribunale l’ha dimostrato.


Salvatore Cuffaro, subito dopo la lettura della sentenza, ha annunciato: 1. Rimarrà al suo posto; 2. ricorrerà in appello. Assieme ai miei avvocati, lette le motivazioni della sentenza, ricorreremo in appello perché anche questi residui capi d’accusa possano cadere. A suo carico, risulta poi ancora in corso un’altra indagine per concorso in associazione mafiosa. Indagine che risale allo scorso maggio, aperta dal Giudice per la Indagini Preliminari Fabio Licata al termine di un dibattito interno alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, dopo che uno dei pm del processo alle talpe, Nino Di Matteo, aveva chiesto di contestare a Cuffaro, imputato per favoreggiamento a Cosa nostra, l’accusa più grave di 110 e 416 bis.


Passando a quelle perle di saggezza che sono i commenti politici, Palazzo Chigi si limita ad un laconico pieno rispetto per l’autonomia della magistratura. Fuor da ogni ironia di sorta, un no comment politicamente corretto, in questi tempi di sproloquio, particolamente apprezzabile. Magistratura difesa, questa volta con vigore, come ormai da giorni accade, da Antonio Di Pietro. Non serve prendersela con la magistratura che fa semplicemente il proprio dovere. Bisogna impedire che si arrivi davvero alla crisi della democrazia. E l’unica soluzione è quella di mettere a punto un codice etico da proporre come patto con gli elettori.


Il segretario nazionale dell’Udc, Lorenzo Cesa, esulta per l’esclusione dell’aggravante del favoreggiamento alla mafia: Siamo compiaciuti che già dalla sentenza di primo grado sia stata esclusa ogni forma di collusione del Presidente Cuffaro con la mafia. Nell’esprimere piena solidarietà all’amico Toto sono certo che egli saprà ulteriormente dimostrare nei prossimi gradi di giudizio la sua estraneità ai fatti contestatigli. Segue a ruota, naturalmente, Pier Ferdinando Casini: Da sempre sappiamo che Cuffaro non è colluso con la mafia. Da oggi lo ha certificato anche un tribunale della Repubblica. Sono certo che in appello cadranno anche le altre imputazioni.


Ieri Mastella, oggi Cuffaro: a richiamare banalmente il binomio, ci pensa Silvio Berlusconi. La necessità che il leader di FI ribadisce è quella di un risanamento di tutto l’ambito giudiziario. Credo che gli italiani esprimano già con i numeri dei sondaggi che siamo nella piena patologia e che c’è da fare un risanamento di tutto l’ambito giudiziario molto in profondità.


Da profani, però, viene il dubbio che il risanamento sia necessario anche nella peercezione della presente vicenda. Al processo in questione sono stati condannati tutti. A 14 anni di reclusione è stato condannato l’ex manager, indicato come il Re Mida della sanità privata siciliana, Michele Aiello per associazione mafiosa, rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio, truffa, accesso abusivo al sistema informatico della Procura e corruzione. 7 anni al maresciallo del Ros Giorgio Riolo per associazione mafiosa, accesso abusivo al sistema informatico della Procura, rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio, corruzione e interferenze illecite nella vita privata altrui. Al radiologo Aldo Carcione sono stati dati 4 anni e 6 mesi per rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio e accesso abusivo al sistema informatico della Procura. Eccetera. Ad alcuni di questi personaggi, Salvatore Cuffaro è stato dichiarato collegato per favoreggiamento. Ma siccome il collegamento diretto alla mafia non risulta dimostrato, si grida alla vittoria, calpestando quella che comunque è acqua torbida in politica.


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