In ricordo di Peppino Impastato

Sono passati 32 anni. La storia di Peppino Impastato ve l’ha raccontata due anni fa, egregiamente, Francesco qui. Per rileggerla e non perderla. Ce n’è ancora troppo bisogno, di quei cento passi.

21 marzo, Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime della mafia

Oggi si celebra la XIV edizione della “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie”. L’incontro è organizzato dalle associazioni Libera e Avviso pubblico. L’appuntamento è a Napoli, e la partecipazione prevista ruota intorno all’ordine delle 100mila persone da tutta Italia. Da Ercolano, da Torino, dalla Toscana, dalla Sicilia.

Da sempre una battaglia di giustizia che vede in prima linea il presidente e fondatore don Luigi Ciotti, ma anche tanti protagonisti del mondo della magistratura, delle istituzioni, dell’associazionismo.

I cento passi, per il primo giorno di primavera.

Il buco di Catania

Catania. Il secondo comune della splendida terra siciliana ha una storia tutta speciale. Che stasera Report vi racconterà. Una storia non troppo mediaticamente coperta.

Il programma di Milena Gabanelli torna stasera sulla terza rete Rai, e non si smentisce. Comincia la sua nuova fase di viaggi nella Penisola e nelle sue beghe proprio dalla bella Catania, con un servizio ad opera dell’instancabile Sigfrido Ranucci. Parte da Catania e dal luminare professore Umberto Scapagnini. Scapagnini è molto più di un preparatissimo dottore: è colui al quale il nostro Premier, Silvio Berlusconi, affida la sua forte e inattaccabile salute. E a Catania ha lasciato un buco di bilancio che supera i 360 milioni di euro, insieme a un indebitamento complessivo di un miliardo. A occhio e croce.

Vigata? E’ protesta: Caro Montalbano, non esiste più

Commissario Montalbano, Vigata non esiste più. Per protesta.

A dirla tutta, Vigata non è mai esistita. Vigata, sulla costa siciliana, è il luogo dove Camilleri ambienta le avventure e le indagini di Salvo Montalbano.

Camilleri nelle sue opere racconta fatti e personaggi di Porto Empedocle, che però non è stato rappresentato nella fiction. È indispensabile che il nostro Comune si presenti a chi viene da fuori con il suo unico vero nome

Spiega il sindaco Calogero Firetto. Dopo che il paese non compare nell’ultima serie della fiction, ha fatto rimuovere tutti i cartelli con la scritta Vigata da tutti gli ingressi di Porto Empedocle. Dopo che, 4 anni prima, il suo predecessore Paolo Ferrara li aveva fatti mettere per “profittare” del successo dei romanzi ma ancor più della fiction sull’affascinante Commissario.

Natale in Sicilia

La battaglia è lunga e secolare, e abbiamo avuto modo, recentemeente, di ricordarlo:

Costose, inutili, incancellabili: le (finte) promesse sulle province

Mentre il Sole 24 Ore ricordava che nella prima fase di riordino della Pubblica Amministrazione erano sopravvissuti magicamente tutti gli enti messi sotto osservazione dal Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella famosa Legge 6 agosto 2008, n. 133 – la stessa della Riforma Gelmini.
Modernizzare significa sempre calpestare i piedi di qualcuno, leggevo oggi. E in Italia non c’è posto né modo né fantasia per poter affermare il contrario.

Pagare il pizzo sullo stipendio. (SUCCEDE DAVVERO).

No, non si tratta di un titolo ad effetto per attirare l’attenzione del distratto lettore del web. Come richiamato nel disclaimer del titolo, succede davvero. In Italia, naturalmente. In poche parole, gli operai di molte imprese edili siciliane dopo avere ricevuto la busta paga con assegno circolare sono “tenuti” a restituire una parte della stessa al datore di lavoro. Minchia, è proprio il caso di dire.
Il segretario della Uil di Caltanissetta, Salvatore Pasqualetto, definisce il fenomeno come la “cresta sul salario”, ovvero la “socializzazione” dei costi del racket per un’azienda. In realtà il meccanismo del pizzo sulla busta paga non è una novità. Già nei primi anni novanta nel napoletano furono arrestati alcuni imprenditori responsabili di “condividere” con i loro dipendenti i gravosi costi del racket. Nel 1997 la Dda di Palermo veniva a conoscenza del medesimo sistema messo in atto da alcuni costruttori siciliani, nella misura del 3% dello stipendio degli operai. Un vero pizzo.

Pio La Torre, la Sicilia e l’indice di gradimento

Promesse da campagna elettorale, si disse. E invece no, stavolta l’impegno è stato mantenuto. L’aeroporto di Comiso, provincia di Ragusa, da qualche giorno ha cambiato nome. O meglio, è tornato all’antico. Ma facciamo un passo indietro.
Aprile 2007, la giunta comunale reggente a Ragusa, di centrosinistra, decide di fare finalmente un gesto tangibile in ricordo di Pio La Torre, politico siciliano ucciso dalla mafia. Emblematica la storia di La Torre, come emblematica è stata la storia dell’aeroporto e della sua intitolazione. Una storia difficile da digerire, anche al Sud, anche in Sicilia, dove spesso niente è quello che sembra e l’indifferenza è per molti una virtù.
Una vita dedicata alla difesa dei diritti dei più deboli, i braccianti agricoli, in una regione la cui agricoltura si reggeva ancora in larghissima parte sul latifondo, nonostante la riforma del settore del 1950. Poi Roma, il partito comunista, la legge che istituiva per la prima volta in Italia il reato di associazione mafiosa ed un’altra sulla confisca dei beni di proprietà dei mafiosi. Il 30 aprile del 1982, da poco ritornato in Sicilia con la carica di segretario regionale del partito, Pio La Torre viene ucciso in un agguato. Le lunghissime indagini porteranno al rinvio a giudizio di nove esponenti di Cosa Nostra e nel 1992 un collaboratore di giustizia svelerà il mandante dell’omicidio, Totò Riina, che avrebbe fatto uccidere La Torre in risposta alla legge sulla confisca dei beni.
Nel giorno del venticinquesimo anniversario dalla sua morte, un anno fa, la giunta reggente di centrosinistra aveva quindi voluto intitolargli l’aeroporto di Comiso.

Il memoriale di Vincenzo Calcara (parte V)

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Ricordo quando mi trovai nella cella di isolamento al carcere di Favignana, quando dopo una lunga introspezione ed una analisi di tutto ciò che era stata la mia vita ho capito che la mafia mi aveva usato, educandomi a valori sbagliati, ipocriti e violenti che avevano messo in pericolo la mia vita. In quei momenti mi veniva in mente il Dr. Borsellino, il Giudice che avrei dovuto uccidere per eliminare uno dei maggiori ostacoli al domino mafioso.
Il mio non è stato solo un pentimento giudiziario ma anche un pentimento interiore, morale, che metteva in ballo tutti quei valori e insegnamenti mafiosi che avevano mostrato tutta la loro debolezza davanti al nobile coraggio del Dr. Borsellino di cui condividevo lo stesso destino di morte deciso dai capi mafiosi e da quelle entità racchiuse in una grande e potente forza del male.
Quando ho incontrato il Dr. Borsellino ho capito che c’era qualcosa che ci univa e che questa cosa non era solo il nostro legame tanto diverso con quella forza del male di cui io facevo parte ma qualcosa di ancora più oscuro e ineluttabile e cioè l’oscura immensità della morte! Sapevamo entrambi che saremmo morti e questo ci ha reso ancora più vicini. Tutte le volte che lo incontravo rimanevo veramente colpito dal suo sorriso disarmante, da quella luce nello sguardo di chi è fedele a se stesso ed alle regole fino in fondo, ma anche dalla sua bontà, degna solo dei più devoti cristiani.

8 anni per scrivere le motivazioni di una sentenza. Troppo lento

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Ansa – Roma 16 giugno 2008 – Non può più fare il magistrato Edi Pinatto, il giudice che ha impiegato otto anni per scrivere le motivazioni della sentenza con la quale il tribunale di Gela aveva condannato sette componenti del clan Madonia a complessivi 90 anni di carcere, così determinando la loro scarcerazione. La sezione disciplinare del Csm con un provvedimento che ha pochi precedenti lo ha rimosso dall’ordine giudiziario. La decisione è stata presa dopo un’ora di camera di consiglio. La sezione disciplinare ha così accolto la richiesta del rappresentante dell’accusa Eduardo Scardaccione. La sentenza non è immediatamente operativa: ora dovrà essere depositata entro 30 giorni e ci saranno altri 90 giorni di tempo per impugnarla davanti alle sezioni unite civili della Cassazione.
Se la Cassazione dovesse dare ragione al Csm dunque, al giudice Pinatto non resterà che appendere la toga al chiodo.
Eppure solo due mesi fa un’altra notizia aveva rinfocolato la polemica sulla magistratura ed in particolare sulle scelte conservative dell’organo disciplinare delle toghe.

Rassegna Critica – Vengo dopo il Tiggì. Calcestruzzi per tutti

La TAV nel tratto di Anagni. L’ospedale di Caltanissetta. Cos’hanno in comune? Ecco un’agenzia del 13 giugno 2008:

(Il Sole 24 Ore Radiocor) – Milano, 13 giu – La Direzione distrettuale antimafia di Caltanisetta ha notificato un avviso di garanzia all’ad di Italcementi, Carlo Pesenti nell’ambito dell’inchiesta su Calcestruzzi, sequestrata nei mesi scorsi perche’ accusata di mafia e di avere fornito calcestruzzo di qualita’ inferiore a quello previsto nei capitolati di appalto. Stupore e sconcerto dei legali di Italcementi

Quattro righe che hanno dietro tutto un mondo. Un mondo che in pochi si sono preoccupati di spiegare diffusamente nel mondo mediatico italico. Voci che parlano, appunto, anche nella TAV nel tratto di Anagni. Voci che dicono che, disseminate per l’Italia, ci sono infrastrutture fatte con un’alta percentuale di cemento inferiore alla norma. Quindi a rischio crollo, oppure cmunque dalla durata inferiore alle aspettative.

Siamo tutti Pino Maniaci

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Siamo tutti Pino Maniaci perché Pino non deve sentirsi solo. Perché abbiamo bisogno di un giornalismo fatto d’impegno civile che ci aiuti a non essere distratti o indifferenti
Luigi Ciotti
Solo un paio di settimane fa appariva nelle pagine interne dell’edizione palermitana de La Repubblica, una notizia. E di questi tempi direi che già non è poco. Ironie a parte, il quotidiano riportava nelle pagine locali la notizia che la demolizione di alcune stalle abusive a Partinico, contrada Valguarnera. Gli edifici abusivi, di proprietà del clan Vitale, rappresentavano il simbolo del controllo del territorio da parte del clan di Leonardo, Vito e Michele Vitale, riferisce il giornale.
L’aspetto significativo di questa vicenda però è un altro. La demolizione degli stabili è avvenuta in preoccupato anticipo rispetto alla data fissata originariamente a causa di “voci” circolanti da giorni e arrivate all’orecchio degli inquirenti circa possibili “giochi di fuoco” in occasione dell’intervento del Genio civile. Sembra infatti che un attentato dinamitardo era previsto per il giorno della demolizione.
Discutibile a mio avviso che i telegiornali e le edizioni nazionali di quotidiani e relativi siti web non abbiano trovato spazio per dare notizia del possibile attentato. In questo contesto di indifferenza a volte disarmante, opera in quel di Partinico Pino Maniaci. Si va bene, ma chi è Pino Maniaci?

Il memoriale di Vincenzo Calcara (parte IV)

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Dopo le prime tre parti di ieri, pubblichiamo la quarta parte del memoriale di Vincenzo Calcara, collaboratore di giustizia.
Dissi al Dr. Borsellino che ero venuto a conoscenza non solo che esistevano cinque ENTITA’ collegate nel Cuore di una POTENTE IDEA, ma anche di aver visto con i miei occhi gli uomini al Vertice di ogni ENTITA’ riunirsi nella villa di LUCCHESE Michele a Paderno Dugnano dove io avevo la residenza. Il giorno di questa importante RIUNIONE il Lucchese mi ha ordinato di stare nella stanza accanto dandomi il compito di servire le bevande, il caffè e altro ogni qualvolta veniva chiesto.
Questa riunione è stata nell’estate del 1981 ed erano presenti: BERNARDO PROVENZANO, MESSINA DENARO FRANCESCO, il POTENTE UOMO POLITICO, IL CARDINALE, IL NOTAIO ALBANO, FRANCESCO NIRTA DI SAN LUCA, etc. etc. Il Comandante dei Carabinieri GIORGIO DONATO dava la copertura e controllava il territorio di Paderno Dugnano.
Il motivo di questa riunione è stato perché si doveva riparare ha tutti i danni che ha causato il Dr. CALVI per la perdita di tantissimi miliardi! Quel giorno c’era un grande nervosismo ed erano tutti incazzati neri. Addirittura non hanno neanche pranzato. Sono stati dalle 11,00 di mattina fino alle ore 18,00 di sera. Ricordo di avere fatto una decina di volte il caffè (ero io che versavo a tutti caffè e bevande) e poi mi sono appartato nella stanza accanto dove non potevo fare a meno di sentire tante cose.
Ad esempio quando ho sentito dire al Cardinale queste parole: “Gli ho garantito la mia protezione facendo ricadere la colpa su MARCINKUS, ma questo indegno non mi credeva! Lui è molto furbo” (si riferiva a CALVI). Quel giorno si è decretata definitivamente la condanna a Morte di CALVI. Dopo l’uccisione del Dr. Falcone il Dr Borsellino mi viene a trovare spesso, tranquillizzandomi che da un momento all’altro andavo via da Palermo per mettermi al sicuro in una struttura protetta a ROMA (cosa che avvenne).

Peppino Impastato, un eroe moderno

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Trent’anni e un giorno fa, il 9 maggio 1978, veniva ritrovato il cadavere del presidente Moro nella ormai celebre Renault 4 rossa, in via Caetani. Dopo due mesi di “processo del popolo”, l’allora presidente della Democrazia Cristiana veniva condannato a morte dalle Brigate Rosse. Come allora, ancora oggi non sono poche le ombre che avvolgono quel rapimento e la sua uccisione. Le lettere scritte da Moro nel carcere del popolo, le ricerche dei covi brigatisti, prima e dopo il ritrovamento del cadavere, il ruolo dei servizi americani durante la crisi, il silenzio della politica. Sono solo alcuni degli aspetti di una faccenda che è entrata a pieno titolo, e da subito, nell’alveo dei grandi misteri italiani. E sì che ce ne sono parecchi. Ma questa è un’altra storia.
Su molte prime pagine dei giornali del 9 maggio 1978 – ma non tutte – faceva poi capolino la notizia di un altro fatto di cronaca nera. A Cinisi, in provincia di Agrigento, veniva trovato ucciso, dilaniato da una carica di tritolo sui binari della ferrovia, Giuseppe Impastato. Per gli amici Peppino. Esempio insuperato di impegno civile nella lotta alla mafia, Peppino aveva esagerato. E lo misero a tacere. Per chi ha visto il film, I cento passi di Marco Tullio Giordana, il nome e la storia del personaggio non risulteranno nuovi ma c’è qualcosa, della storia di Peppino, che nè il film nè i media che ne hanno nei mesi seguenti cavalcato l’audience, sono riusciti a descrivere efficacemente.
E che forse ci consente di aggiungere un ulteriore tassello nel tentativo di ricostruzione della memoria su come eravamo trent’anni fa. E com’era l’Italia. Il tassello mancante è rappresentato del silenzio, lo stesso che ha soffocato la voglia di verità di due famiglie, quella del presidente Moro e quella di Peppino.

Governo: Berlusconi IV. Our time is running out. La carica dei 21

Ore 19.50. Mara Carfagna – all’anagrafe Maria Rosaria Carfagna – (Salerno, 18 dicembre 1975) diventa Ministro della Repubblica Italiana. Chi è Mara Carfagna? Una politica e showgirl italiana, parlamentare di Forza Italia e attuale titolare del Ministero senza portofoglio per le Pari Opportunità. Il sito del suddetto ministero non è ancora, giustamente, stato modificato. Quindi possiamo leggere della sua predecessora, Barbara Pollastrini.

Ho sempre vissuto a Milano, a parte brevi parentesi di studio trascorse a Parigi e un lungo pendolarismo con Roma, città che da qualche anno ospita buona parte del mio impegno politico e parlamentare. Come tanti della mia generazione ho scoperto la politica nel ’68, soprattutto all’università. Nel mio caso la Bocconi dove mi sono laureata con una tesi su Charles Fourier. Era quella la stagione del movimento studentesco, e da lì a poco del movimento delle donne. Ne scaturì una miscela particolare di studio, passione politica e civile che ho sempre conservato tra i ricordi più cari e che è rimasta parte della mia identità

Eccetera eccetera, scrive l’uscita Pollastrini. Leggetevelo – sperando che il link si conservi – e guardatevi la foto. Ma torniamo a Mara.