Tibet, inferno in terra

Se il Tibet è un inferno in terra. Se il Tibet è un olocausto senza fine. Una fiamma che brucia e consuma ancora le esistenza di centinaia di migliaia d’innocenti. Non lo manda a dire, il Dalai Lama.

Questo è il Tibet soggiogato dalla Cina. Questo è il Tibet occupato da Pechino. Violentato ogni giorno. Sono passati 50 anni dalla prima, grande rivolta di Lhasa. Sono passati cinquant’anni di esilio per il Dalai Lama. Che nel 1959, a 23 anni, fuggì.Oggi, anziano, stanco ma amato, il Dalai Lama racconta al mondo il vero volto dell’invasore. Mentre l’invasore nega, nasconde, sopprime, in Patria e fuori.Lo racconta ai duemila fedeli commossi che lo hanno raggiunto a Dharamsala, la città indiana dove vive da anni.

I tibetani vivono in un abisso di sofferenza e privazioni dove si sperimenta l’inferno sulla terra.

Anche oggi i tibetani vivono nel terrore costante. Il popolo tibetano è considerato alla stregua di un popolo di criminali meritevoli di morire, mentre la sua religione e la sua cultura, la sua lingua e la sua identità sono vicine all’estinzione

Era il 1950. La Cina maoista appena nata invase con le orde rivoluzionarie questo piccolo stato millenario protetto dall’Himalaya. Un “episodio” che a Pechino chiamano “liberazione”. Così come “ingrati” sono i ribelli.

Tanto è vero che, per tutta risposta alle parole del Dalai Lama, il Quotidiano del Popolo ha pubblicato un editoriale che descrive l’inferno in terra in realtà come un’oasi felice finalmente libera e liberata dalla schiavitù.

Nessuno oggi spera di andare indietro nella storia , solo qualche schiavista rimpiange la vita di un tempo, la felicità del Tibet è oggi la felicità del popolo non quella dei proprietari di schiavi

Nessuno. Lhasa ieri era assediata. Non sia mai dovesse esprimersi.

Il Dalai Lama da lontano lo fa. Con moderazione e verità pesanti e insostenibili. Checché ne dica il Quotidiano del Popolo.

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