Il Dalai Lama e la strage che non c’è



Sui giornali campeggiano oggi le foto del Dalai Lama e di Carla Bruni. Immagini dai colori e dall’estetica particolare. Il Dalai Lama è in Francia per inaugurare un tempio buddista. E Madame Francia lo ha accolto. Il tutto, mentre imperversa l’impossibile.


Sì, perchè Pechino ha reagito alle parole del Dalai Lama. Il leader spirituale ha accusato esplicitamemente, in un’intervista al quotidiano francese Le Monde, la polizia cinese di aver aperto il fuoco contro i dimostranti il 18 agosto scorso nella regione di Kham, nell’est del Tibet.


Ma la risposta di Pechino è consueta. Monotona. Attesa. Univoca.

Alcuna protesta repressa nel sangue

La fonte è anonima. Ma è quella di un funzionario governativo di Garze, città a maggioranza tibetana nella provincia sud-occidentale cinese del Sichuan. Non c’è possibilità di verifica. Come sempre. Sono stati interrotti i collegamenti telefonici ed è stato impedito ai residenti di parlare con chiunque.


L’intervista al Dalai Lama, rilasciata nei giorni scorsi al quotidiano francese “Le Monde”, ha scosso l’opinione pubblica internazionale. Si tratta di un fatto che si aggiunge al massacro di Lhasa del 14 agosto, in cui sarebbero morte 400 persone, sempre stando a quanto riportato del giornale. Per il Dalai le cifre dello scontro più recente dovevano ancore essere confermate, si legge, mentre nel secondo caso

se si considera l’intero Tibet, il numero delle vittime è ovviamente più alto


Nulla dai media cinesi, naturalmentee. Nessuno dice nulla, in Cina. Nessuno sa nulla. Si sa qualcosa tramite internet. Da siti non censurati, e rigorosamente stranieri. La linea ufficiale del governo è quella che si tratta di affari interni. La gente comune non lo sa, considera il Tibet una parte integrante della Cina e soprattutto, a causa dei grandissimi investimenti in Tibet da parte del governo cinese, dal loro punto di vista li considerano un po’ come degli ingrati.


Prima di dire che c’è stata un’altra strage bisogna avere delle conferme precise. Causa la delicatezza della situazione. I governi non sono intervenuti. Lo stato di neceessità e di oscurantismo internazionale va avanti da troppo. Ed è imperforabile.


Le Olimpiadi, poi. Dopo l’inspiegabile no del CIO tutto agli atleti spagnoli per manifestare, con la bandiera a mezz’asta al Villaggio, il loro dolore per la tragedia aerea di Madrid, l’assurdo sembra non avere confini.


E la rabbia non passa. La rabbia non può placarsi, in questo paradosso continuo tra Olimpiadi e Tibet.

Invito gli atleti che sono ancora a Pechino a fare la loro gara e dopo, soltanto dopo, manifestare a favore del popolo tibetano

Margherita Granbassi, un titolo mondiale ed una Coppa del mondo di fioretto, è tornata dalla Cina con due medaglie di bronzo. Ed è delusa.

Tutti ci dicevano: giusto esserci. Ora penso di aver partecipato a un teatrino

Giusto cosa?


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