La Cina, il Tibet e la punta dell’iceberg

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I Giochi della XXIX Olimpiade verosimilmente si svolgeranno. Come da programma, dal 8 al 24 agosto 2008. Nonostante gli attacchi alla torcia olimpica siano diventati la regola. Si parla di interrompere in cammino dei tedofori, cambiarne il percorso, fare qualcosa. Cioè, non si parla di fare qualcosa per fermare quello che è stato definito il genocidio culturale di un popolo, ma delle sorti della fiaccola olimpica.


Poliziotti di tutto il mondo sono pronti a difendere quella fiamma, che lega idealmente le Olimpiadi moderne a quelle dell’antichità. Ma noi non siamo gli antichi greci e – certo di essere tutt’altro che solo in questa mia convinzione – siamo più interessati ad altre faccende.


Che si spenga pure, la fiamma.


Detto questo, occorre rilevare che le Olimpiadi assegnate a Pechino si stiano rivelando un boomerang per il partito unico cinese. Nati come L’occasione per completare quella transizione verso la modernità iniziata da Deng XiaoPing oltre trent’anni fa, i prossimi giochi olimpici estivi si sono trasformati in una formidabile cassa di risonanza di tutte le contraddizioni del Dragone.


La fiaccola, chissà che fine farà; i giochi si faranno – e non per soldi, ma perchè gli atleti di tutto il mondo si sono preparati per quattro anni e bla bla bla – e la cassa di risonanza tornerà ad essere una macchia da trenta secondi sui tiggì del mondo quando la repressione governativa dovesse forzare la mano. Ma prima, durante e dopo queste olimpiadi in Cina continuerà ad esistere un atteggiamento di gravissima censura e repressione delle minoranze non allineate al partito unico.


In una delle regioni più occidentali della Cina, chiamata Xinjiang – tradotto Nuovi Domini – i nomadi del deserto, gli uiguri, vengono perseguitati da quasi vent’anni. La loro leader, Rabiya Kadeer, dopo un iniziale appoggio del governo cinese – che la nomina addirittura portavoce presso le Nazioni Unite per la Conferenza mondiale sulle donnne nel 1995 – subisce la dura reprimenda del regime ed è infine costretta all’esilio, dopo un celebre discorso in cui contestò la repressione sul suo popolo chiedendo il rispetto dei diritti umani. Gli uiguri sono considerati la minoranza in assoluto più perseguitata dal governo cinese dagli anni novanta. I sempre meno uiguri dell’etnia originaria sono stati sostituiti – a mò di catena di montaggio – dall’arrivo nell’area di oltre un milione di cinesi negli ultimi decenni. Rabiya Kadeer è candidata al premio Nobel per la pace. Ma la fede musulmana degli uiguri, meno “affascinante” del buddhismo, ha messo la sordina alla crisi dello Xinjiang.


L’estremo nord del paese poi è ormai da anni teatro della più massiccia opera di sinizzazione operata dal secolo scorso. Laddove cento anni fa regnava il popolo sovrano mongolo, adesso l’ottanto per cento (!) degli abitanti di quell’area del paese è di etnia cinese. E poi ci sono i Falun Dafa, seguaci di una pratica spirituale cinese – che prende le mosse dal qijong – meglio conosciuti come Falun Gong. Per intenderci sulla rilevanza del movimento, si sottolinei che, nella preparazione di queste Olimpiadi, hanno rappresentato il “maggior fastidio” per il governo cinese. Che teme manifestazioni di dissenso ai limiti della follia. Dal solo gennaio oltre 2000 Falun Gong sono stati arrestati.


Tibetani, uiguri, mongoli, Falun Gong. Quante Olimpiadi deve ospitare Pechino prima che il mondo dica basta?

1 commento su “La Cina, il Tibet e la punta dell’iceberg”

  1. Conoscevo la situazione tibetana a grandi linee, semplice intuire che dietro un “regime” (0vvero sistema di controllo sociale), una religione così evoluta ed aperta non trovi spazio e sia vittima di attacchi. Francamente però la situazione mi è molto più chiara adesso (questo anche grazie a voi 🙂 ). La visibilità del problema è aumentata di pari passo alla corsa della fiaccola e tutti, dal New York Time a Le Figaro, dal Messaggero alla Repubblica (per non parlare di internet) si interessano e vedono questa come la più discussa del secolo, forse. Forse, dico, perchè già durante le Olimpiadi di Mosca nel 1980 dei problemi si erano verificati allorquando successivamente all’invasione Sovietica dell’Afghanistan il boicottaggio alle Olimpiadi partì a macchia d’olio, la prima goccia ovviamente fu quella degli U.S.A. seguita da tutti i paesi contrariati, noi ovviamente fedeli pecorelle di sempre! Ma quì non siamo in Russia, siamo in Cina, nel paese che economicamente sta metendo il mondo sotto scacco… ed ecco che….FANTASIA….come nel cartoon di Walt Disney, con un COLPO DI SCOPA E.. MAGIA, George W. Bush andrà ai giochi di Pechino, nonostante la repressione cinese in Tibet, perchè secondo il “SILENTE” maestro/guida di Harry Potter, le Olimpiadi non costituiscono un evento politico, bensì sono una chance per gli atleti che si allenano duramente da quattro anni (qualcuno di questi atleti italiani li conosco personalmente 🙂 … sono curiosa di sapere cosa ne pensano ora e al rientro dalla competizione, ovviamente, vi farò sapere).
    La situazione è complicata, il Dalai Lama leader spirituale, è pronto a dialogare con il presidente cinese Hu Jintao e Pechino dà segnali di disponibilità (sarà vero?). Tale dichiarazione è stata fatta mente il “SAGGIO UOMO DELLA TUNICA” era in una conferenza stampa a DHRAMSALA, in India, dove ha sede il governo tibetano esiliato che esasperato vuole farsi ascoltare (si ricordi che delle notizie orientali ci giunge ben poco solitamente). Il Dalai Lama dichiara di non avere autorità morale per fermare i tibetani.
    E’ si, sapete perchè così poco potere?? PERCHE’ LA LORO RELIGIONE SI BASA SUL PRINCIPIO DEL NON IMPORRE PER LASCIARE LA MENTE E LA COSCIENZA SUPERIORE LIBERA. Il 13 aprile il leader si dichiara favorevole a proteste non violente contro la repressione del Tibet. Il suo traguardo è quello di ragiungere una autonomia della regione. COSA SAGGIA, DIREI. Ma cosa non lo è? Non è saggio per la Cina dare una brutta impressione di se stessa in questo momento. E’ giusto invece, che quel poco che può mostrare di se sia di quanto più sbalorditivo, come è avvenuto per il Giappone nel 1964 e per la Corea nel 1988. A queto proposito cosa fa Quin Gang, il portavoce del Ministero degli Esteri di Pechino? Espone il “suo” nuovo paletto:”Quello che è avvenuto a Lhasa, (mostratoci anche dalle t.v.), non erano proteste pacifiste, dunque il Dalai Lama deve rinunciare a chiedere l’indipendenza e fermare ogni tentativo secessionista”. “La tolleranza non può esistere per i criminali che devono essere puniti secondo la legge”. Mi rendo così conto che il dialogo non ha luogo di esistere. Nel frattempo Benedetto XVI benedice il mondo, altro non può fare visto che i NUNZI APOSTOLICI SONO STATI MESSI AL BANDO DAL 1950 🙂 .
    Grazie, siamo grandi, non quanto la Cina però!!!!

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