Happy Birthday Israele

60 anni. E non li dimostra. Ma soprattutto nonostante i tanti problemi, conflitti e diatribe diplomatiche, Israele è ancora là, lo stato stoico, voglioso di esserci ma soprattutto di rimanerci.

Un compleanno particolare, che avverrà ufficialmente tra qualche giorno il 14 maggio, ma che ha un grande significato, talmente importante da venire premiato con la posizione di ospite d’onore alla fiera del libro di Torino.

Il Lingotto sarà il luogo della festa, una festa che dovrebbe essere coperta solo di gioia, di soddisfazione, di ringraziamenti e che invece è macchiata, come spesso accade quando il medioriente viene messo al centro dell’attenzione, da proteste e contestazioni.

La Cina, il Tibet e la punta dell’iceberg

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I Giochi della XXIX Olimpiade verosimilmente si svolgeranno. Come da programma, dal 8 al 24 agosto 2008. Nonostante gli attacchi alla torcia olimpica siano diventati la regola. Si parla di interrompere in cammino dei tedofori, cambiarne il percorso, fare qualcosa. Cioè, non si parla di fare qualcosa per fermare quello che è stato definito il genocidio culturale di un popolo, ma delle sorti della fiaccola olimpica.
Poliziotti di tutto il mondo sono pronti a difendere quella fiamma, che lega idealmente le Olimpiadi moderne a quelle dell’antichità. Ma noi non siamo gli antichi greci e – certo di essere tutt’altro che solo in questa mia convinzione – siamo più interessati ad altre faccende.
Che si spenga pure, la fiamma.

Pechino val bene una messa

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Mai come nel caso delle Olimpiadi di Pechino della prossima estate, possiamo scorgere con chiarezza la sconfitta della politica e del dialogo.E la vittoria del mercato. E’ di questi giorni la diffusione, ormai annuale, del documento del Dipartimento di Stato americano in cui sono elencati i cosiddetti Paesi canaglia.
E a sorpresa, si direbbe in questi casi, non troviamo il nome della Repubblica Popolare Cinese. Corea del Nord, Birmania, Iran, Siria, Zimbabwe, Cuba, Bielorussia, Uzbekistan, Eritrea e Sudan. Stop. Cina non pervenuta. E tutto questo nonostante nel documento sia ribadito il concetto che

la Cina continua a negare alla sua popolazione diritti umani e libertà di base e continua a interferire nella attività dei media e a torturare i prigionieri. Malgrado la rapida crescita economica che ha trasformato gran parte della società cinese il governo di Pechino continua a negare ai suoi cittadini riforme politiche e il rispetto dei diritti umani di base

Decisione apparentemente inspiegabile. Risulta difficile immaginare motivi non economici per arrivare a questo silenzio sulla violazione dei diritti umani del governo comunista cinese da parte di chi, ancora oggi, lo considera una minaccia a tutti i livelli.
Meno uno, evidentemente.