Tibet, inferno in terra

Se il Tibet è un inferno in terra. Se il Tibet è un olocausto senza fine. Una fiamma che brucia e consuma ancora le esistenza di centinaia di migliaia d’innocenti. Non lo manda a dire, il Dalai Lama.

Questo è il Tibet soggiogato dalla Cina. Questo è il Tibet occupato da Pechino. Violentato ogni giorno. Sono passati 50 anni dalla prima, grande rivolta di Lhasa. Sono passati cinquant’anni di esilio per il Dalai Lama. Che nel 1959, a 23 anni, fuggì.Oggi, anziano, stanco ma amato, il Dalai Lama racconta al mondo il vero volto dell’invasore. Mentre l’invasore nega, nasconde, sopprime, in Patria e fuori.Lo racconta ai duemila fedeli commossi che lo hanno raggiunto a Dharamsala, la città indiana dove vive da anni.

La fiaccola in Giappone

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Per favore, fate girare il più possibile questa foto, per far in modo che arrivi anche a giornalisti di TV pubbliche e private, giornali ecc affinchè possano pubblicarla

La mail, giunta da fonti “azioniste”, oltre alla foto, conteneva un articolo.

Pechino orchestrava la rivolta nel Tibet era il titolo, pubblicato da Canada Free Press [Venerdi, 21 Marzo, 2008 10:20] . Spie britanniche confermano la denuncia del Dalai Lama sulle violenze inscenate il sottotitolo. L’articolo porta la firma di Gordon Thomas.
Londra, 20 Marzo – Britain’s GCHQ, l’agenzia governativa delle comunicazioni che controlla elettronicamente mezzo mondo dallo spazio, ha confermato la rivendicazione del Dalai Lama che agenti dell’Esercito Popolare di Liberazione, l’EPL, travestiti da monaci, hanno innescato le rivolte che hanno lasciato dietro di sé centinaia di morti e feriti tibetani.

La fiaccola olimpica a Piazza Tiananmen

Piazza Tiananmen
Location di assoluto simbolismo. E’ quella piazza, proprio quella. Il luogo simbolo della rivolta. Quella piazza ferma nell’immaginario comune internazionale da ormai quasi 20 anni. Quel ragazzo sconosciuto e inerme, camicia bianca, pantaloni neri, completamente disarmato che da solo si staglia davanti ad una colonna di carri armati.
Oggi, in quella stessa piazza, il presidente cinese, Hu Jintao, ha acceso, in mattinata, la controversa fiaccola olimpica. La fiaccola giunta dalla Grecia.
Via alle danze, via alla corsa che porterà il simbolo delle Olimpiadi in tutti e cinque i continenti.

Libertà. Dal Tibet, il potere in una parola

libertà
Libertà. Parola preziosa. Mi è stata ripetuta recentemente, mi è capitato di fermarmi a pensare alle sue forme e ai suoi valori. E al modo per curarla.

Libertà, libertà

Gridavano i monaci tibetani, manifestando davanti ai giornalisti stranieri portati dal ministero degli Esteri cinese in visita a Lhasa. Gli stessi che poi ne hanno riferito, in parte, le gesta.

Tibet, appello internazionale del Dalai Lama. E’ genocidio culturale

dalai lama
Le notizie passano, le notizie scappano. Possono provare a cambiarle, limitarle, segregarle. Ma sentirsi raccontare che quello che sta accadendo a Lhasa è un dramma squarcia finalmente il silenzio che pure, ancora, il governo cinese tenta di divulgare e/o manipolare. Lhasa è assidiata, presidiata da migliaia di soldati. Oggi solo sparuti gruppi hanno manifestato nelle strade della città. Praticamente deserte.
Si estendono, però. a macchia d’olio le manifestazioni, e le vittime. In altre zone dell’altipiano, soprattutto in Amdo, area d’origine del Dalai Lama, il bilancio dovrebbe essere di almeno 30 vittime. Da ieri circolano inoltre diverse voci di una marcia degli abitanti di alcune province limitrofe verso Lhasa, ma senza conferme.
Nel frattempo, il sistema di informazione cinese non si smentisce e continua la sua linea di coerenza. Dieci vittime, nulla più, e soprattutto violenze causate dai manifestanti. Le pèoche immagini che girano sono quelle della tv cinese. Che mostrano manifestanti all’assalto di negozi e macchine. Non c’è altro. Perchè non c’è un’informazione indipendente. La posizione ufficiale parla di una guerra di popolo, al fine di

battere il separatismo, denunciare e condannare gli atti malevoli di queste forze ostili e mostrare alla luce del giorno il volto odioso della cricca del Dalai Lama