Crisi di governo, il Quirinale respinge l’ipotesi

giorgio napolitanoNella serata di ieri gli ambienti del Quirinale hanno fatto trapelare la posizione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sull’attuale situazione politica, con il Capo dello Stato che confida che non sia aperta una rischiosa crisi di governo, ricordando altresì come il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, abbia più volte dichiarato il proprio sostegno all’esecutivo guidato da Enrico Letta. Ma sarà veramente così?

Dimissioni Monti dopo legge stabilità

Il premier Mario Monti ha annunciato l’intenzione di rassegnare le proprie dimissioni. In maniera irrevocabile, a quanto pari, e con non pochi strascichi polemici. La notizia, ben nota, è arrivata formalmente al termine di due ore di colloquio con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, andando ad accelerare il timing delle elezioni a febbraio (prima delle annunciate dimissioni, invece, si negoziava la tornata elettorale delle politiche intorno alla prima decade di marzo).

Fini, crisi di governo

E’ crisi di governo. Più o meno. Al tanto atteso appuntamento di Perugia, Gianfranco Fini, il leader di Fli ha tuonato: “Siamo oltre il Pdl e Berlusconi”. E soprattutto l’ultimatum: “Il premier apra la crisi o noi lasceremo il governo. Ora nuovo patto”. Si candida – “se gli elettori lo vorranno” a premier per il 2013.

Berlusconi rimanda al mittente: “Mi voti contro in aula”. E Umberto Bossi osserva. Da “dietro il cespuglio”, dice. Ci sarà da divertirsi.

Bersani e Vendola, accordo sulle primarie

Nel centro sinistra, work in progress: a stemperare le tensioni (programmatiche, personali, politiche) accumulate in questi mesi – quando, peraltro, occorreva conservare unità per la concomitante crisi d’alleanza in cui è incappato l’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi – è arrivato l’incontro tra il segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, e colui che vien edai più indicato quale principale avversario nella corsa alla leadership. Nichi Vendola.

Il faccia a faccia tra i due è avvenuto a tavola, in un ristorante di Roma, e ha portato un accordo rispetto alle primarie in seno al Pd. Si faranno: non ancora chiaro quando, il come dovrebbe somigliare quanto accaduto nelle occasioni precedenti.

Bersani ha dichiarato: “Non mettiamo il carro davanti ai buoi. Noi siamo d’accordo sul fatto che siamo entrati in una fase pericolosa per la democrazia e che sarebbe utile un governo di transizione per cambiare la legge elettorale e quindi andare rapidamente all’appuntamento elettorale. Dopo di che abbiamo il meccanismo delle primarie e chi si candida, si candida“.

Ciarrapico attacca Fini: “Ha ordinato le kippah?” – VIDEO

L’antisemitismo di cui è stato accusato Giuseppe Ciarrapico, senatore del Popolo delle Libertà, trae origine dalle parole pronunciate dall’imprenditore in occasione del dibattito in Senato (dopo i 342 sì messsi in cascina alla Camera, a Palazzo Madama 174 sì, 129 no) sulla fiducia all’esecutivo. Si dice spesso che tutto ha un limite. Salvo sperimentare che la soglia stessa, di quel limite, si trasforma in confine facilmente valicabile.

In un attimo: spariscono vergogna, pudore, decenza, decoro. Che l’agone politico possa giustificare ogni situazione, è tutto da vedere. La crisi interna alla maggioranza, vero, rischia di intoppare la marcia – spedita solo fino a qualche mese fa – del governo presieduto da Silvio Berlusconi; Gianfranco Fini e la truppa di finiani confluiti in Futuro e Libertà (martedì appuntamento per sancire la nascita della nuova forza politica) ne sono – anche questo, dato inconfutabile – i principali responsabili. Tuttavia.

In un contesto surreale, che somiglia parecchio di più alla risultante approssimativa di frasi fatte piuttosto che alla naturale diatriba di un paese civile, succede che – se c’è da prendersela con qualcuno – ce la si prenda con i soliti noti. Stavolta, gli ebrei. Associati (ne sarebbero – si legge tra le righe – la causa) alle nuove convinzioni politiche di Fini.

Fini e i finiani torneranno nell’ombra – dichiara Ciarrapico – andremo a votare e vedremo quanti voti prenderà il transfuga Fini. I finiani hanno già ordinato le kippah (copricapo ebraico)? Perché di questo si tratta. Chi ha tradito una volta, tradisce sempre“.

Viene da chiedersi se lo stesso effetto si riproduce in chi straparla una volta.

Il Governo Berlusconi ha la fiducia: 342 sì. Numeri e dichiarazioni di voto. Finiani e MpA decisivi

342 sì: Silvio Berlusconi e l’esecutivo ottengono una ampia maggioranza per proseguire. 275 i voti contrari, 3 gli astenuti. Finiani e MpA decisivi (senza il contributo dei quali, il Governo sarebbe caduto: 34 i deputati di Futuro e Libertà, 5 quelli del Movimento per l’Autonomia).

Alla fine – era pronosticato fin dalle prime ore del pomeriggio – il Governo presieduto da Berlusconi ce l’ha fatta. In dubbio solo i numeri della fiducia, non la medesima: si è iniziato a fare la conta degli stessi fin dagli attimi delle dichiarazioni di voto.

Appena prima, l’intervento del Premier.

Si attendeva la dichiarazione di voto di Futuro e Libertà, il capogruppo Italo Bocchino ha detto: “Siamo disponibili su tutto ciò che è scritto nel programnma e sul resto siamo disponibili a discutere con la maggioranza, senza diktat ma anche senza preclusioni preconcette. Il nostro vincolo con gli elettori non può venire meno, il nostro vincolo sul programma non verrà mai meno. Su questo avrà sempre i nostri voti, noi ci saremo sempre.Il tentativo di imboccare la strada dell’autosufficienza secondo Fli è stata un errore perché prefigurava una maggioranza più ristretta e più nuova, non rispondente più alla volontà popolare che si era espressa col voto. Noi non ci sottrarremo al dovere di portare la legislatura fino all’ultimo giorno di vita e manterremo gli impegni del programma. Sul resto, su quello che non è nel programma, siamo diposti a discutere ma senza diktat“.

Messo in cassaforte il sì di Fli, il PdL ha poi preso atto della fiducia del Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo (il capogruppo Carmelo Lo Monte: “Oggi daremo un voto di responsabilità insieme ai colleghi di Fli perché siamo vincolati al mandato degli elettori e al programma di governo“). Al contrario, i LiberalDemocratici hanno negato la fiducia mentre l’Svp ha annunciato l’astensione.

Berlusconi alla Camera: “Nessuna alternativa a questo Governo, le opposizioni responsabili riflettano”

Silvio Berlusconi ha parlato dai banchi della Camera dei Deputati per chiedere la fiducia al Governo che presiede. Un discorso di 54 minuti (dalle 11.01 alle 11.55) diviso in due parti: nel corso della prima, il Premier ha illustrato i risultati portati a compimento dall’esecutivo che presiede, nella seconda ha dettagliato i punti (cinque e ben noti: federalismo, riforma tributaria, riforma della giustizia, piano sicurezza e Sud) attorno ai quali chiamare il Parlamento a estendergli o meno la fiducia nel proseguire la legislatura.

Non si è negato, Berlusconi, neppure a giudizi relativi alla crisi della maggioranza, dove il nuovo gruppo parlamentare di Fli rivendica autonomia e dignità politica. A stralci, i passaggi più significativi dell’intervento del fondatore del Popolo delle Libertà.

PARLAMENTO-GOVERNO. Non vi può essere nè autentica democrazia nè buon governo se il Parlamento non è libero e forte. Tra il Parlamento e il Governo non vi può mai essere contrapposizione“.

ECONOMIA.Credo si debba formulare un giudizio positivo sull’operato del governo, a cominciare da quanto è stato fatto sul fronte della crisi economica. Non ci siamo fatti trovare impreparati, ma nessuno poteva immaginare che sarebbe stata così profonda“.

Berlusconi: “Compravendita degli onoervoli? Macchè, tutti eletti con noi”

Mentre Fabrizio Cicchitto, capogruppo PdL alla Camera dei Deputati ufficializza l’ultimatum ai finiani fuoriusciti dal gruppo parlamentare e finiti in Futuro e libertà (delle due l’una, il senso delle parole di Cicchitto: o vi riaccasate nel Pdl in un unico gruppo parlamentare o la scissione sfoci in una nuova forza partitica), l’ala del centro destra che risponde in prima persona a Gianfranco Fini replica in maniera piccata e non lascia adito a dubbi.

Carmelo Briguglio:L’osservazione di Cicchitto è acutissima: dopo l’intervento di Fini a Mirabello non ci sono ambiguità. La strada? E’ la seconda che ha detto“. Italo Bocchino:E’ lo stesso Cicchitto a porre la questione in termmini ultimativi: o rientrate o formate un nuovo partito. Non ci lascia scelta. Ma Cicchitto dimentica che esiste un editto che dichiara Fini incompatibile con il Pdl: in base a questo editto siamo tutti incompatibili e le conseguenze verranno tratte a tempo debito“.

Governo, il piano Berlusconi – Alemanno per la fiducia parlamentare


In attesa che il gruppo di responsabilità si faccia realmente avanti, Silvio Berlusconi – con il sostegno operativo di Gianni Alemanno – sta cercando di intessere un piano alternativo affinchè il Governo possa contare su una maggioranza oggettiva il prossimo 28 settembre, giorno in cui il Premier si presenterà in Parlamento (alla Camera) per illustrare i cinque programmatici sui quali chiederà la fiducia a governare per il prossimo triennio. Arrivare a scadenza naturale non è più così scontato, visto che i deputati di Futuro e Libertà (oramai a tutti gli effetti autonomi e svincolati dal PdL: l’unione è attestata dal mero rispetto del programma elettorale) non garantiscono più all’Esecutivo un sostegno unilaterale e a prescindere.

Per iniziativa del repubblicano Francesco Nucara si stava allestendo una pattuglia di eletti che – indipendentemente dalla decisione dei rispettivi partiti di appartenenza: UdC, MpA, gruppo misto, Svp – potesse assicurare a Berlusconi un numero certo di voti (si è vociferato una ventina, ma uno alla volta – laddove interpellati – hanno mostrato di non essere interessati). I venti salvagenti, quindi, sono quasi tutti ciambelle con il buco: a galla non ci si sta.

Pd, Renzi: “Fini inaffidabile. Veltroni – D’Alema, basta: si apra a nuovi dirigenti”

Matteo Renzi da Firenze, di cui è primo cittadino dopo aver raccolto le preferenze degli elettori chiamati a indicare il prescelto lo scorso 22 giugno 2009, è una delle nuove leve del Partito Democratico: tra le caratteristiche che gli si riconoscono in maniera condivisa, quella di non avere peli sulla lingua e di trascurare con enorme piacere  i formalismi più inutili. Sa volgere critiche feroci agli avversari ed è anche uno dei più autocritici nei confronti del partito di provenienza.

Riflette, analizza e parla. Dalla sua bocca – in momenti recenti della storia politica – sono arrivate frecciate ai vertici del Pd (“Due mandati e a casa“) e linee programmatiche con le quali dare un’anima al partito. Oggi, in occasione della videochat con i lettori de La Republica, Renzi ha rimarcato – semmai ce ne fosse bisogno – il concetto e messo in allarme chiunque punti su eventuali alleanze con il Presidente della Camera: “Non ci si può fidare di Gianfranco Fini. Chi nel centrosinistra, accecato dall’antiberlusconismo, immagina di fare l’accordo persino con Fini deve sapere che stiamo parlando di un signore che si è accompagnato per anni con Le Pen e Almirante, persone con cui io non voglio avere nulla a che fare. Lo stesso Fini, che ha detto tutto e il contrario di tutto, è stato per 16 anni il cavalier servente del cavaliere primo ministro e ora, improvvisamente e per una vicenda privata, probabilmente hanno litigato. Se fanno un accordo Mattarellum-lodo costituzionale non è che la conferma dell’inaffidabilità di Fini“.

Venti salvagenti per Berlusconi, ma è giallo

Annunciata la formazione di un gruppo di responsabilità in soccorso dell’attuale Esecutivo: venti parlamentari appartenenti a partiti che finora non hanno appoggiato il Governo presieduto da Silvio Berlusconi sarebbero pronti a costituire una formazione ad hoc con il fine di assicurare alla maggioranza il numero necessario per andare avanti: a promuoverlo sarebbe stato il repubblicano Francesco Nucara che nella giornata di ieri annunciava in pompa magna la buona riuscita del proposito.

Il toto nomi si è scatenato appena dopo la pubblicazione del proclama: alcuni UdC, esponenti del Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo e rappresentanti della Svp, stando alle prime indiscrezioni, sarebbero pronti a lasciare il partito di appartenenza (non allineato, in nessuno dei tre casi, con il Premier) e attuare il salto.

UdC, Casini: “Berlusconi si dimetta”

La soluzione ideale per sostituire i finiani e consentire all’Esecutivo di disporre di una maggioranza necessaria per durare senza difficoltà fino a fine legislatura, Silvio Berlusconi l’aveva individuata. Reclutare gli ex alleati dell’Unione di Centro, reintegrare Pier Ferdinando Casini e garantire al Governo una compattezza numerica indispensabile.

Stando alle parole del leader dell’UdC, il Premier avrebbe messo sul piatto tutto quello che gli era politicamente possibile: un corteggiamento serrato che, a quanto si apprende, è servito solo a far vacillare alcuni esponenti dell’area centrista, non certo il suo riferimento principale.

Berlusconi: “Processo breve, stop. Ai finiani: restate nel PdL, saremo riconoscenti”

Le parole di Silvio Berlusconi anticipano di un giorno quelle di Gianfranco Fini (domenica 5 settembre a Mirabello, ore 18) e chiudono definitivamente alla eventualità di inserire nella riforma della giustizia (uno dei capisaldi su cui fondare la rinnovata alleanza programmatica con Futuro e Libertà) il punto relativo al processo breve. In un nuovo messaggio audio ai Promotori della Libertà, il Premier sembra intenzionato a un passo di avvicinamento nei confronti dei finiani e sembra costruire i presupposti affinchè il voto anticipato sia scongiurato: “Dentro la mozione sulla giustizia che porteremo all’approvazione del Parlamento prossimamente non dovrebbe esserci alcun riferimento a questo cosidetto processo breve“.

Nessun accenno diretto alla volontà di mediare: diventa un momento necessario per assecondare le richieste di Gianfranco Fini ma il Premier non lo dice. Mai. Piuttosto, mostra di essere evidentemente convinto della necessità di un rinnovamento giudiziario da vivere anche attraverso l’introduzione del “processo breve” ma di non prenderlo in considerazione per evitare campagne mediatiche fatiscenti: “Siccome quando si tratta di giustizia e di processi non c’è una norma che non tocchi, non riguardi uno dei tanti processi o meglio delle tante aggressioni che mi sono state rivolte in questi anni per tentare di sovvertire il voto degli italiani, anche se questa norma è giusta e anzi assolutamente doverosa, la sinistra e i suoi giornali la fanno diventare uno scandalo e la mettono al centro di una campagna ancora e sempre contro di me. Allora io voglio rassicurare ancora una volta la sinistra“.

A questo punto, il patto con Fli si strutturerà su cinque punti programmatici, già noti da tempo: “Riforma tributaria e federalismo fiscale, sicurezza, immigrazione, rilancio del Sud e giustizia. Abbiamo elaborato le priorità e gli interventi concreti sui quali il Parlamento dovrà pronunciarsi nelle prossime settimane“.

PdL, Futuro e Libertà, Pd: da Cicchitto a Bersani passando per Bocchino. Altre frecciate

Denis Verdini, Fabrizio Cicchitto, Ignazio La Russa, Italo Bocchino, Pier Luigi Bersani. Da cornice: pagine di giornali, località vacanziere (ultimi giorni di ferie prima della ripresa dei lavori parlamentari), meeting di Rimini organizzato da Comunione e Liberazione. Tema dibattuto da ciascuno, la tenuta del Governo con tesi che non si somigliano affatto. A scatenare per l’ennesima volta in pochi giorni il segretario del Pd, in visita a sorpresa presso il convegno Ciellino, è il solito botta e risposta tra quelli che da un po’ di tempo vengono appellati “berlusconiani” e “finiani”.

Esponenti del Popolo delle Libertà e del gruppo Futuro e Libertà: si è detto di una convergenza scontata sui cinque punti utili a tenere in piedi il Governo e rispettare il programma con gli elettori ma sono ancora di oggi polemiche e strascichi tra gli ex alleati. Parte Fabrizio Cicchitto che, dopo l’annunciata convocazione dei finiani a rapporto dai coordinatori PdL per valutare l’opportunità e la compatibilità con gli incarichi ricoperti nel partito, aveva ribadito: “Nella storia politica del Paese non è mai esistito un partito con due gruppi parlamentari. Se si vuole che, in attesa di un chiarimento globale, venga per tutta una fase in un certo senso sospeso lo statuto, la risposta non può non essere affidata alla politica. Di qui al mese di settembre i finiani ci devono dire se sui 5 punti proposti da Berlusconi, fra i quali c’è anche la riforma della giustizia, c’è il loro impegno positivo ai vari livelli politico-parlamentari su cui si svolgerà il confronto, oppure se essi si attesteranno su formule negative o ambigue volte rispettivamente alla caduta o al logoramento del governo Berlusconi“.