Sanremo e il potere d’acquisto. Meno male che esiste Elio


Elio e le storie tese


Due parole, forse, le vogliamo spendere anche per Sanremo. Non sarà politica, ma insomma, non c’è da esserne sicuri. Certo, è specchio del tempo. Due parole estemporanee.


Non ci ha capito niente nessuno, probabilmente. A parte che viene ancora da chiedersi, tu tutto e tutti, per prima improrogabile cosa, semplicemente perchè. Un giovine italiano – va bene che le new generations sono quello che sono – ma insomma, uno che si affaccia alla vita, probabilmente, fa fatica a chiedersi la ragione della persistenza e dell’esistenza della manifestazione in oggetto. C’è Gino Castaldo che, su Repubblica.it, recita:

I vincitori Voto: 0. 1) Giò di Tonno/Lola Ponce; 2) Tatangelo; 3) Moro. Non è che a questo festival ci fosse tanto da premiare. Ma la vittoria dei due zuccherini e il secondo posto della Tatangelo riportano il festival ai suoi anni peggiori. Va detto che era prevedibile. L’andazzo si era capito da un pezzo. Ciò non toglie che siamo alle solite. Questi meccanismi di voto, compresa la giuria di qualità che di qualità non era, sono sconcertanti. Come diciamo da anni. In fondo l’anno scorso è vero che ha vinto Cristicchi ma secondo e terzo furono Albano e Mazzocchetti, quindi c’è mancato un pelo. In questo davvero il festival non cambia. Peccato.

Il senso dei suddetti è il seguente: il mercato discografico. Chi compra ancora musica italiana in Italia? Due categorie di persone. Quelli che alla musica ci credono, e vanno in giro a cercare rarissima roba di qualità di nicchia. E che se hanno accettato di andare oltre Fabrizio De Andrè e spiare nel presente, al massimo si sono dati ai Quintorigo. E quelli che comprano Anna Tatangelo. Tutto il resto è noia. Tutto il resto è estemporaneo.


Altro assioma: quelli che comprano Anna Tatangelo, o si infervorano per i musical alla NotreDame e quindi per Lola Ponza e un uomo che si chiama, pensateci, Giovanni Mac Tuna, sono il target dei pubblicitari. Ora, l’Italia è bella che in crisi e il pane costa uno sproposito.


Ci sono cluster sociologicamente individuati, per professione e gusti, che ancora riescono ad avere potere d’acquisto. Il profilo del cluster in questione? Vive nelle grandi città, preferibilmente Roma ma meglio ancora Milano. Libero professionista, cultura medio alta. Settore: moda e comunicazione. E gay. Anna Tatangelo è l’icona dei gay e per loro ha cantato. La polemica scoppiata intorno alla sua canzone è solo parte del sistema. Per farsi comprare già più di quanto facessero. E per i musical, il concetto è analogo.


Infine. Questa ossessione dell’Auditel. Ora, è chiaro che le categorie non sono cosa semplice da scardinare. Ma non andrebbe un tantinello rivisto un po’ tutto il sistema? Esiste Internet, esiste la radio, esiste l’alternativa. Esiste You Tube, esistono le Web TV, esiste la Gialappa’s – e meno male. Ma i signori dell’Auditel hanno rivisto il loro panel alla luce di tutto ciò – che tutto è tranne che nuovo? Onore a Elio, l’unico uomo che, insieme alle sue storie tese, incerato in improbabile veneziana maniera, ha potuto cantare e tuonare liberamente figa di qua, figa di là sul mummificato palco dell’Ariston.

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