Non solo politica



Sarà politica? Non lo sarà? Politica, l’arte di governare. Le polis appaiono sì lontane. Non è politica, non solo politica. Uno sfogo lontano dalla politica, che la politica tocca. Mentre il decreto sicurezza passa trionfalmente, mentre il lodo Schifani ripasserà a breve, mentre si osserva questa Italia. Che cos’è quest’Italia?


Oggi mi interrogavo sull’esigenza e urgenza, soprattutto l’urgenza, di una norma che assicurasse l’immunità alle 5 più alte cariche dello Stato.


Urgenza del popolo, non grida altro in effetti, non lo sentite? A gran voce. Nessun particolare accanimento contro il Caimano: egli (egli, sic!) è solo l’incarnazione meglio riuscita del sistema all’italiana. Sistema perfettamente trasversale.

E mi interrogavo, banalmente e retoricamente, su una (giovane) esistenza media. All’italiana. Scienze della comunicazione. Roba che ora, quando senti i diciottenni che ti dicono – mah, forse Scienze della comunicazione – li bloccheresti col corpo fisicamente quasi a difenderli da un’esplosione di gas che manda all’aria un’intera palazzina. Una pigrizia mediamente innata. Una timidezza che non si può dire tale. Una non conoscenza del mondo, quella sì. Certo, non è detto che se suddetta conoscenza fosse mai esistita le cose sarebbero andate diversamente. Si sospetta fortemente di no. Comunque.


Nessun cuppoa Lecce le raccomandazioni si chiamano così, mi si permetta, il termine della terra patria ha spesso efficacia incomparabile in lingua italiana nazionale. Nessun cuppo, ma neanche il capire, o il muoversi di conseguenza, che i cuppi, non trovandoseli, andavano creati. E invece no.


Attraversamento dell’università in perfetta forma anonima. Altri sono stati molto più bravi di me, e sempre dal nulla venivano. E poi, prima o poi, l’alibi universitario finisce, e allora… Molti puntini di sospensione. Un anno di limbo, con autocompiacimenti a profusione nel vedere confermata puntualmente la profezia autoavverantesi del lavoro non trovato e dei migliaia di cv – siamo bravi, volendo sappiamo persino usare il latino neutro plurale dall’alto prima di tutto di lontani studi classici – sparsi nell’etere e negli alberi. E allora che si fa?


Milano. Milano? Milano. Il meglio che si riesce a trovare a Milano – con scarsa ricerca – è una società che, rullo di tamburi, organizza eventi per l’ICT. Organizzare eventi. Ditelo prima, evitavo di spendere tempo e soldi in un titolo inutile e ancora più inutile perchè è Scienze delle merendine. Mi sono sempre domandata: ma quando, a Scienze delle merendine, hanno deciso di aprire il numero, hanno anche previsto (opzione b: ci si è almeno posti il problema) dove poi queste migliaia di comunicatori della comunicazione si sarebbero lavorativamente parlando riversati? Comunque, per carità, nessuno vuole la balia. Perchè i cazzuti, a volte – non sempre – ce la fanno.


Non sono una manager, meno che mai un’organizzatrice in senso stretto. Milano mi ha fatto impazzire, mi ricordo che sono del sud e che il mare più o meno vicino mi fa vivere. Ritorno a Roma, sempre come event coordinator (altisonante: la perfezione fatta contrappasso. Quanno ce vò, ce vò) e lavoro da casa. LAVORO DA CASA. Ora. La reazione della gente al LAVORO DA CASA è in genere deliziata. Sarà che mi perdo il traffico, per carità. Ma io, dopo ormai un anno, ho il sangue negli occhi.


A prescindere dalla personale esperienza, con persone ragionevoli, la faccenda è psicologicamente complessa. E’ un loop. Non si stacca. Non si può. E’ un flusso continuo. Sono sempre le stesse mura. La comunicazione virtuale non può essere l’unica. Faccio la giornalista, ora, non più l’event coordinator. (idem come sopra, per altisonanza e contrappasso, ndr.). Ma sempre da casa. E forse è anche peggio. Si sposa così assurdamente col concetto di giovane giornalismo. Non mi muovo.


Il lavoro da casa, per il tuo datore di lavoro, è una svolta. Tu sei un libero professionista. Ma loro non hanno costi. Il tuo pc si fonde. Ma tu sei un libero professionista. Nessun costo. Luce, telefono di rete fissa, anche le minchiate come le matite, le penne, la carta, il fax, la stampante. Le chiamate via Skype non vanno. Ma tu sei un libero professionista. Stai attaccato al pc 12 ore al giorno. Ma se ricordi, in quel caso, che sei un libero professionista, chissà com’è funziona meno.


La paga? Non esattamente da libero professionista, in genere. Ma, sia ben chiaro, già è tanto essere pagati. E poi all’inizio è corretto. E la gavetta potrebbe non finire mai. Si arriva a pensar questo, lo si pensa davvero. Si arriva a temere che non si cambierà mai lavoro, ringraziando l’averne nel mentre uno. Sognando di arrivare ancora in una qualche realtà… Realtà.


Ho visto giornali tenuti su, in termini di scrittura, completamente gratis. In un flusso continuo e perenne ricambio di gente che ci prova,

gratis, ok, ma avrò il tesserino da pubblicista

Che poi non arriva, e con il quale, peraltro, ci si fa poco, da dire per inciso. Ma uno viene tenuto lì da una passione lontana e un richiamo chissà mai quanto vero. Innamorato del concetto romantico del giornalismo o reale persona informata dei fatti? Le due identità non possono coincidere. Comunque, esistono prodotti editoriali tenuti su ormai da anni gratis. E così continuerà, perchè il sistema non si esaurisce, ma si riproduce nel suo marciume permesso dagli elementi.


Rari casi vogliono che per fregiarti del titolo di redattore tu possa essere pagata. Rari, ma esistono. In queta fattispecie, si ritorna, spesso, al lavoro da remoto.


Mica voglio essere bacchettona, ci vivo con la tecnologia. Solo, si ripete: i limiti. Tu socialmente diventi un’ameba. Lavorativamente parlando, smetti di crescere. Ti agiti, ti sbatti, ti assilli. Oh, per carità, sì. Dipende dai caratteri. Ma voglio ancora sentirmi dire da chi di dovere, in faccia: hai fatto una sciocchezza.


Ho incontrato molte persone eccelse, in vita. Ho anche dovuto lasciare scivolare via una grande offerta di lavoro. Sono simpatica, dopotutto, e c’è stata gente che si è interessata al caso umano con goliardia. Facendo quel che si poteva. Ho conosciuto per caso, mandando un curriculum, un giornalista. Una perla rara. Dal nulla, e nulla voleva, si è appassionato al caso. Sarà che i momenti di logorrea – come questo, in fondo – all’inizio affascinano. Ha provato ad aiutarmi, a indirizzarmi, a consigliarmi. Solo che i miracoli sono impossibili, e la gente si stanca.



Nel nulla finisce ciò che dal nulla nasce? Questa è solo una storia normale, piccola storia ignobilebanale, che per carità, non si veda in chiave di vittimismi perchè potrebbe essere di chiunque, in un’Italia di oggi. Media, politica in senso lato, con raggi di eccezionalità. Esterni.


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