Legge n.194 del 22 maggio 1978, ovvero la legge sull’aborto

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L’aborto – ma tecnicamente si parla di interruzione volontaria di gravidanza (IVG) – è naturalmente un argomento delicato, che ciclicamente sembra tornare di attualità in tutto il mondo, in particolar modo quello occidentale. Il dibattito che vede da sempre contrapposte le posizioni pro e contro, è caratterizzato da fattori bioetici e religiosi. Nel caso italiano, l’argomento in questione ed il peculiare contesto sociale hanno fatto sì che spesso la sfera della laicità, propria dello stato e più consona al legislatore, venisse a contatto con la quella spirituale, privata, religiosa.


D’altro canto, il pensiero politico di matrice confessionale è da sempre presente e forte in Italia, così come in buona parte d’Europa e le ragioni della difesa della posizione più intransigente nei confronti dell’aborto non meraviglia affatto. La posizione dei partiti cristiani in Italia, rappresentata di fatto dall’intero centrodestra, ma presente trasversalmente agli schieramenti – leggasi teocon e teodem – in materia di fecondazione assistita, eutanasia, contraccezione, unioni omosessuali contribuisce a chiarire il contenuto “trascendente” della loro concezione della vita e dell’uomo.


Tanto più perchè nel caso di specie, a differenza di altre questioni, ci troviamo di fronte ad un evento comunque doloroso e ad una decisione difficile. Pur sapendo di cadere nella retorica, immagino che non sia una situazione facile quella che vive la donna che decide volontariamente di abortire. In Italia, come nella stragrande maggioranza del mondo cosiddetto occidentale, l’interruzione volontaria di gravidanza è consentita, entro i limiti fissati dalla legge.


Ma quali sono questi limiti, ed in cosa consiste la famigerata 194?


Alcuni estratti del testo di legge, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 22 maggio 1978, e tuttora in vigore, nonostante le pressioni, diciamo così, che le gerarchie ecclesiastiche continuano ad esercitare sui partiti di matrice cristiana affinchè sia rivista (!). Due i cardini essenziali della legge:


Art. 1 Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.


Art. 4 Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405 , o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia.


Molteplici aspetti poi caratterizzano l’ipotesi di aborto praticato dopo i primi novanta giorni dal concepimento. La disciplina in questo caso prevede la possibilità di interrompere la gravidanza in caso di pericolo di vita dalla gestante o quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna. Solo nel secondo caso il medico ha l’obbligo di fornire documentazione relativa.


Prevista inoltre la possibilità per il personale medico e sanitario di sollevare obiezione di coscienza, con dichiarazione preventiva. Infine l’art. 19 Chiunque cagiona l’interruzione volontaria della gravidanza senza l’osservanza delle modalità indicate negli articoli 5 o 8, è punito con la reclusione sino a tre anni.


Considerata la “difesa delle posizioni” operata sul campo, negli ospedali, nei consultori e nelle strutture sanitarie da parte degli “anti-abortisti” ed alla luce di questa pur breve lettura dell’attuale disciplina sull’interruzione di gravidanza, credo davvero che non ci sia bisogno di modificare la legge perchè il ruolo della politica ma soprattutto delle Istituzioni dev’essere a mio avviso quello di garantire maggiormente le possibilità di realizzazione dell’individuo, non di vincolare alle norme scelte di carattere personale, tantomeno religiose. (cfr. artt. 4, 19, 21 Cost.)


La Costituzione ha compiuto 60 anni, auguri. Facciamole un regalo, rispettiamola.

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