Legge 180 del 13 maggio 1978, ovvero la legge Basaglia

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Le legge 180, meglio nota con la definizione di legge Basaglia dal nome del suo ideatore, è un’importante legge quadro che impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici. Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori il titolo della legge, la 180 rappresenta una vera e propria conquista di civiltà, giunta al termine di quel percorso di rivisitazione della società italiana e dei suoi meccanismi sociali e politici cominciata con i movimenti del 68.


Le intenzioni della legge 180 erano quelle di ridurre le terapie farmacologiche ed il contenimento fisico, instaurando rapporti umani rinnovati con il personale e la società, riconoscendo appieno i diritti e la necessità di una vita di qualità dei pazienti, seguiti e curati da ambulatori territoriali. Ma sono la vita e le opere di Franco Basaglia a descrivere meglio di qualsiasi trattazione medico scientifica la ratio del provvedimento, rivoluzionario sotto l’aspetto medico e culturale.


Così come l’azione di Maria Montessori era riuscita a cambiare per sempre i metodi pedagogici e la concezione stessa dell’insegnamento ai bambini molti anni prima, lo stesso risultato si può affermare che venne raggiunto dagli studi psichiatrici del professor Basaglia. Niente dopo di lui fu più uguale a prima nella trattazione delle problematiche del disagio mentale. O quasi. Perchè la legislazione regionale, molto eterogenea in materia, ha reso negli anni l’attuazione del dettato della 180 quantomeno altalenante.


Ma in definitiva, cosa ha fatto di così straordinario Franco Basaglia ed in cosa consiste il pensiero ispiratore della legge 180? Scopriamolo insieme.


Conseguita la maturità classica, Basaglia proseguì gli studi iscrivendosi alla facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Padova. Nel periodo universitario si dedicò ai classici della filosofia: Sartre, Merleau-Ponty, Husserl, Heidegger. Terminati gli studi si laureò nel 1949 e più tardi nel 1953 si specializzò in Malattie nervose e mentali, unendosi in matrimonio con Franca Ongaro, che fu coautrice di alcune opere sulla psichiatria e deputata di Sinistra Indipendente. Nel 1958 lavorò presso l’Università di Padova, come assistente presso la Clinica di malattie nervose e mentali ed ottenne la libera docenza in Psichiatria. All’epoca il prorettore dell’ateneo di Padova era Massimo Crepet, amico personale di Basaglia.


Per le sue idee innovative e rivoluzionarie Basaglia non venne bene accolto in ambito accademico, cosicché nel 1961 decise di rinunciare alla carriera universitaria e di trasferirsi a Gorizia. Fu direttore dal 1961 dell’Ospedale Psichiatrico di Gorizia dove vi fu un forte impatto con la realtà manicomiale: c’era la massima segregazione dei malati mentali, la contenzione, la camicia di forza e l’elettroshock.


La psichiatria tradizionale, accusata da Basaglia di non aver compreso i sintomi della malattia mentale, doveva cessare di giocare un ruolo nel processo di esclusione del “malato mentale”, voluto da un sistema politico convinto di poter negare ed annullare le proprie contraddizioni allontanandole da sé, rifiutandone la dialettica, per potersi riconoscere ideologicamente come una società senza contraddizioni. E’ forte l’influenza in tale impostazione del pensiero di Sartre ed alla concezione elaborata dal filosofo francese sul concetto di libertà.


Fu così che Basaglia cominciò ad interessarsi alla cosiddetta antipsichiatria, quella corrente nata in Inghilterra sull’onda del cambiamento fermentato negli anni della contestazione studentesca e operaia e che portò il professore a fare la prima grande campagna contro il pregiudizio e lo stigma, senza mai dichiararlo. Per le sue idee Basaglia fu in parte osteggiato anche negli stessi ambienti psichiatrici, specialmente in seguito ad un omicidio commesso da un paziente psichiatrico dimesso dal Basaglia che per tale ragione nel 1968 fu incriminato.


Assolto, lasciò la direzione dell’Ospedale Psichiatrico di Gorizia. Nel 1969 lo troviamo all’ospedale di Colorno a Parma e due anni dopo direttore del manicomio San Giovanni di Trieste; è il periodo, dove sono ancora caldi i fermenti del 1968, che precede la chiusura dei manicomi e la promulgazione della legge di riforma psichiatrica. Basaglia a Trieste rivoluzionò l’ospedale psichiatrico avviando laboratori di pittura e teatro. Venne formata anche una cooperativa di pazienti, che iniziavano a svolgere lavori riconosciuti e retribuiti. Nel 1973 Trieste venne designata “zona pilota” per l’Italia nella ricerca dell’Oms sui servizi di salute mentale.


Tutt’oggi i servizi di Trieste propongono come slogan il motto “La libertà è terapeutica”.

La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’ essere

Franco Basaglia

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