Legge 189 del 30 luglio 2002, ovvero la Bossi-Fini

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L’economia globalizzata e l’apertura delle frontiere europee hanno suggerito in questi anni a molti stati un cambiamento rispetto alla tradizionale prospettiva sul fenomeno dell’immigrazione. In Italia, dopo decenni di sbarchi di immigrati principalmente africani, calamitati sulle coste meridionali italiane dalla centralità nel bacino del Mediterraneo, negli ultimi anni il nostro paese ha conosciuto una nuova forma di immigrazione, quella di origine europea e cinese. Ma se di quella cinese, a dire il vero, non sembra importare a nessuno, i nodi vengono al pettine quando si tratta di analizzare i flussi dall’est, come nel caso della Romania ed Albania.


L’ingresso nell’Europa che conta della Romania poi ha fatto letteralmente andare in tilt il sistema. Lo stravolgimento della stratificazione sociale che sta colpendo l’Europa occidentale ha reso maggiormente appetibile la nostra, come altre nazioni, per quelle popolazioni economicamente arretrate e quindi maggiormente disposte a sacrificarsi in mestieri sempre meno svolti dai nostri connazionali. Come dire, se da una parte c’è un’offerta di immigrazione, dall’altra c’è di sicuro anche una domanda.


In questo contesto caratterizzato da questi elementi geografici e “sociali”, è necessario dunque disporre di una normativa in grado di definire con chiarezza quali debbano essere i criteri per regolare tali flussi migratori, senza per questo creare quel clima di contrasto sociale e di intolleranza, spesso camuffamento della xenofobia. In Italia con la cosiddetta Bossi-Fini – dal nome di primi firmatari della legge – del 2002 si è inteso dare un giro di vite nella disciplina, definendola in modo a molti apparso come più restrittivo rispetto alla Turco-Napolitano, del 1998, che l’aveva preceduta.


Ma in cosa consiste la Bossi-Fini?


La prima e più importante novità introdotta dalla legge 189 del 30 luglio 2002 consiste nelle modalità di espulsione. Essa prevede che sia immediatamente eseguita con l’accompagnamento alla frontiera da parte della forza pubblica nel caso di immigrati irregolari, identificabili ma senza permesso di soggiorno. Gli immigrati clandestini, privi cioè di validi documenti di identità, vengono portati invece in centri di permanenza temporanea (CPT), istituiti dalla legge Turco-Napolitano, al fine di essere identificati.


E proprio sui CPT sono da sempre molteplici le polemiche. Perennemente sotto accusa da parte di associazioni umanitarie per le condizioni in cui gli irregolari vengono trattati: delle carceri a tutti gli effetti.


Altro aspetto importante della Bossi-Fini, che ne caratterizza il grado di “chiusura” è rappresentato dalle modalità di concessione del permesso di soggiorno. Questo può essere rilasciato solo a chi dimostri la sussistenza di un contratto regolare di lavoro nel nostro paese. Critiche in tal senso sono state mosse da chi ha sostenuto l’inopportunità di trasformare gli uffici consolari in uffici di collocamento a tutti gli effetti.


Ad ammorbidire quello che, nella sua prima stesura, era sembrata una legge a tratti punitiva nei confronti di quella larghissima parte di lavoratori stranieri in Italia, pur sprovvisti del permesso di soggiorno, ci ha pensato l’emendamento Tabacci attraverso cui è stato possibile prevedere la possibilità per il datore di lavoro di regolarizzare la posizione di una colf a famiglia nonchè un numero illimitato di badanti purchè venga certificato la presenza di anziani o disabili che ne hanno bisogno.


Oggi, il problema sicurezza – ammesso che sia un problema davvero più grosso di ieri – ha incendiato la campagna elettorale politica e pesantemente influenzato quella per le amministrative, soprattutto a Roma. L’aggressione della giovane studentessa a La Storta è solo l’ultimo episodio di un crescendo mediatico degli episodi di violenza di questi ultimi mesi che ha visto spesso alla gogna il mondo dell’immigrazione. Mi auguro che non sia la paura indotta nelle persone a prevalere, per due ordini di ragioni.


Il primo è che dobbiamo convincerci che quello dell’immigrazione è un fenomeno addirittura necessario direi, che tenderà sempre più a crescere e con cui dobbiamo imparare a convivere pacificamente. E poi perchè non dovremmo mai dimenticare il nostro recente passato di emigranti, il cui risultato oggi è dato dagli oltre tre milioni di “italici” presenti in tutto il mondo.

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