Fecondazione assistita, Fini e la costituzionalità

La legge 40 del 2004 fu varata in Italia con circa vent’anni di ritardo rispetto ad altri paesi. Una legge chge regola la fecondazione assistita e che è stata recentemente dichiarata, in alcuni suoi passaggi, incostituzionale.Sul banco degli imputati, all’interno del testo normativo, soprattutto un articolo. I giudici della Consulta hanno infatti dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 2.

Il comma 2 dell’art. 14 della 40/2004 dice:

2. Le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell’evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto dall’articolo 7, comma 3, non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre

A violare la Costituzione, per i Giudici della Suprema Corte, è la previsione che vi sia un solo e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre di embrioni.

Non risponde a requisiti di costituzionalità neppure il comma 3 del medesimo articolo.

3. Qualora il trasferimento nell’utero degli embrioni non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione è consentita la crioconservazione degli embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile

Il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, viene effettuato senza pregiudizio della salute della donna. In questa pronuncia si è visto un avviso. La 40/2004, per molti, è stata creata e concepita secondo dei veri e propri dogmi e un’impostazione spiccatamente religiosa. E Gianfranco Fini è proprio di questo avviso: la pronuncia della Corte rende giustizia alle donne italiane, specie in relazione alla legislazione di tanti Paesi europei. La legge si baserebbe, in effetti, su dogmi etico-religiosi. In quanto tale, e data la laicità delle istituzioni, è

sempre suscettibile di censura di costituzionalità

La risposta di Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc, non si fa attendere. Nega, sostanzialmente.

Lo Stato etico in Italia ha avuto l’unica pratica applicazione durante il fascismo

Considerazione che, però, non è che tranquillizzi esattamente. Casini, tra l’altro, sembra essersela proprio presa. In una nota ufficiale scrive:

Il parlamento nella 14esima legislatura, con un voto ampiamente trasversale, che dovrebbe essere rispettato anche dall’attuale presidente della Camera (che col suo partito vi concorse in modo determinante) ha legiferato laicamente su un tema eticamente sensibile”, ricorda il leader dell’Udc. E aggiunge: “Il referendum che ne seguì, con un’astensione di circa il 75 per cento, ha dimostrato come il popolo italiano si ritrovasse pienamente nell’operato del Parlamento

Fatto sta che ora, sebbene la Corte Costituzionale abbia dichiarato inammissibile, per difetto di rilevanza nei giudizi principali, la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 6 della legge (Consenso infortmato che prevede l’irrevocabilità dello stesso all’impianto degli embrioni da parte della donna), ciò porterà probabilmente – e auspicabilmente – una riapertura della discussione parlamentare anche sul testamento biologico.

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