Caso Mesiano, scoppia la bufera

Visto il video? No? Guardatelo. E diteci DOV’E’ LA NOTIZIA. Dove sta? “Comportamenti stravaganti”? Il magistrato del verdetto Fininvest-Cir viene qui seguito da una telecamera, quella di Mattino 5: ”Stravaganti i suoi comportamenti” è il sunto della vicenda. Il loro perché, sostanzialmente. Ma cos’è questo? Non si capisce esattamente a quale prodotto dell’industria culturale e della comunicazione o dell’informazione possa essere assimilato.

Scoppia il caso Mesiano, insomma. Come se l’Italia avesse necessità di un nuovo caso, come se al Paese mancassero diversivi. L’Italia, oggi, è un diversivo. E gli italiani si “diversivizzano” alla perfezione – anche perché non c’è altra offerta, almeno nel mainstreaming.

Quello che si voleva dimostrare è che questo magistrato non nutre simpatia per Silvio Berlusconi, e lo giudica (è lui il giudice della sentenza Fininvest-Cir). Ammesso che sia vero, e ammesso che la faccenda abbia (e potrebbe, certo) avere interesse in termini di inchiesta, non si riesce, almeno in questa sede, a vedere che intersse possa avere invece il colore dei calzini (“turchese, non adatto…”) di quest’uomo. O quanto fumi.

Dopo il servizio mandato in onda su Canale 5 sulla vita privata del giudice della sentenza Fininvest-Cir, il segretario dell’Associazione nazionale dei magistrati grida allo scandalo, il presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana Roberto Natale lo chiama “pestaggio mediatico”, l’Anm definisce il tutto “inqualificabile”, Claudio Brachino, conduttore di Mattino 5 si difende: “Non c’era alcuna malizia, volevamo solo dare un volto a un personaggio che la gente non conosce”, il Garante per la protezione dei dati personali annuncia che “valuterà la segnalazione di Anm e l’apertura di un’istruttoria”.

Il Mesiano in questione è colui che, pochi giorni fa, ha condannato il gruppo Fininvest a risarcire alla Cir di Carlo De Benedetti 750 milioni di euro, in seguito all’annullamento del cosiddetto lodo Mondadori – la famosa guerra di Segrate – risolto nel 1990 a favore del gruppo Fininvest in cambio di mazzette versate ad alcuni giudici romani.

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