“Oggi ho denunciato il ministro Brunetta”

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L’utente Facebook Francesco Morelli si tagga in una nota del gruppo Informare per esistere (venerdì). Qui il link del gruppo. La nota, invece, comincia così:

Come preannunciato, oggi mi sono recato presso la locale Stazione dei Carabinieri per sporgere formale denuncia nei confronti del Ministro Renato Brunetta, per i delitti di peculato d’uso o abuso d’ufficio

E che è successo? Sempre su Facebook la spiegazione. Ma poiché non tutti sono necessariamente sul social network suddetto, dopo il salto la spiegazione del Morelli.

Eccola:

In data 16 settembre 2009, collegandomi all’indirizzo http://www.innovazione.gov.it/ per accedere al sito internet ufficiale del Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, notavo con grande stupore che la schermata iniziale del predetto sito internet era stata sostituita da un messaggio a caratteri cubitali che riportava testualmente “IL BLUFF DE L’ESPRESSO”, seguito da alcuni collegamenti ad articoli nei quali si riportava il contenuto di un’inchiesta condotta dal settimanale “L’espresso” in merito ad affermazioni rilasciate dal Ministro Brunetta, contestandone il contenuto. Solo a fondo pagina veniva riportato un link testuale recante la dicitura “Vai alla home del sito”, consentendo ai cittadini di accedere alle informazioni inerenti l’attività del Ministero.

A prescindere dalla fondatezza o meno delle affermazioni diffuse dal noto settimanale sopra citato, ad avviso del sottoscritto è lecito porsi seri dubbi in ordine alla legittimità ed opportunità di utilizzare un sito internet ministeriale a fini personali o, comunque, diversi da quelli ai quali è destinato.

I siti internet della Pubblica Amministrazione, ivi compresi quelli dei Ministeri, dovrebbero essere utilizzati esclusivamente per fornire alla collettività informazioni riguardanti la struttura, le funzioni, l’organizzazione, e l’attività della Pubblica Amministrazione nei relativi settori.

A sommesso giudizio dello scrivente, appare fuor di dubbio come la sostituzione della pagina iniziale del sito internet del “Ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione” sia potenzialmente idoneo ad essere ricondotto nell’alveo dell’art. 314 c.p., avendo il Ministro Brunetta utilizzato indebitamente un sito internet del Ministero del quale ha la disponibilità in ragione dell’incarico istituzionale ricoperto, al fine di realizzare un attacco nei confronti della stampa e difendersi dalle accuse mosse nei suoi confronti.

Non sfuggirà all’Ill.mo Procuratore della Repubblica come tale episodio non abbia alcun precedente nella nostra storia repubblicana, né in altre democrazie occidentali. Ben avrebbe potuto il Ministro Brunetta, ritenendosi leso da un attacco mosso nei suoi confronti, rilasciare dichiarazioni a mezzo di testate giornalistiche, convocare una conferenza stampa, chiedere una rettifica o una smentita dell’articolo ritenuto diffamatorio o non veritiero, o rivolgersi alle competenti Autorità Giudiziarie al fine di esercitare quelli che sono gli ordinari strumenti offerti dalla legge per la tutela dei propri diritti.

Vieppiù, non può disconoscersi come appaia quantomeno singolare anche la forma utilizzata per la pubblicazione del comunicato: non ci si è, infatti, limitati a riportare la risposta del Ministro tra le notizie in evidenza all’interno del portale, ma si è deciso addirittura di sostituire la pagina iniziale del sito con una schermata riportante esclusivamente riferimenti all’inchiesta condotta dal settimanale “L’Espresso”.

Per accedere alle informazioni istituzionali, l’utente era tenuto a cliccare sul link “Vai alla home del sito”, relegato a fondo pagina con un font di grandezza notevolmente inferiore agli altri links riportati nella stessa schermata, risultando in tal modo meno leggibile ed evidente. Non può peraltro sottacersi come, adottando una scala di valori del tutto discutibile, le informazioni istituzionali sull’attività del Ministero vengono poste in secondo piano rispetto all’attacco mosso nei confronti del settimanale sopra menzionato.

Sotto il profilo più strettamente giuridico, giova ricordare come l’elaborazione giurisprudenziale abbia individuato l’oggetto giuridico del delitto di peculato nel duplice interesse dell’amministrazione all’onestà dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio ed alla tutela dei mezzi necessari al conseguimento dei propri fini (C., Sez. VI, 31.10.1986; C., Sez. VI, 11.2.1980).

Ciò in quanto, sebbene l’interesse giuridico di fondo tutelato dall’art. 314 attenga al dovere di “fedele” ed “onesta” amministrazione indispensabile, specie nel settore patrimoniale, per salvaguardare i principi di legalità e buon andamento della P.A. di cui all’art. 97 Cost., l’oggetto giuridico del delitto in esame si identifica nella tutela del patrimonio della P.A. da quanti sottraggano ovvero pongano a profitto proprio e di altri denaro o cose mobili rientranti nella sfera pubblica, di cui siano in possesso per ragioni del loro ufficio o servizio (C., Sez. VI, 25.10.1989).

Del resto, la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato come la natura plurioffensiva del reato di peculato implica che l’eventuale mancanza di danno patrimoniale conseguente all’appropriazione non esclude la sussistenza del reato, atteso che rimane pur sempre leso dalla condotta dell’agente l’altro interesse, diverso da quello patrimoniale, protetto dalla norma, cioè quello del buon andamento della pubblica amministrazione (Cass. pen. Sez. VI 02.03.1999).

Aderendo a tale interpretazione, anche più recenti pronunce della Suprema Corte hanno ribadito che la natura plurioffensiva del reato di peculato implica che l’eventuale mancanza di danno patrimoniale conseguente all’appropriazione non esclude la sussistenza del reato, atteso che rimane pur sempre leso dalla condotta dell’agente l’altro interesse, diverso da quello patrimoniale, protetto dalla norma, cioè quello del buon andamento della P.A. (fattispecie in tema di utilizzo di telefono d’ufficio per comunicazioni private) (C., Sez. VI, 4.10.2004).

Quanto, infine, all’oggetto materiale del delitto de quo, non può disconoscersi come anche il sito internet possa essere ricondotto nell’ambito di applicazione della norma sopra citata, sia a causa della parificazione operata, ai sensi dell’art. 624, dell’energia elettrica ed ogni altra energia che abbia un valore economico, e sia in considerazione del fatto che il delitto di peculato è stato in più occasioni riconosciuto applicabile anche con riferimento all’indebito utilizzo del telefono e di altre forme di comunicazione a distanza, tra le quali dev’essere senza dubbio ricompreso un sito internet, per di più istituzionale e destinato per sua natura ad altre finalità.

Del resto, la summenzionata condotta risulta sussumibile anche nel paradigma legale di cui all’art. 323 c.p., il quale sanziona e ricomprende tutti quegli atti o comportamenti che si concretizzano in un uso deviato o distorto dei poteri funzionali (o un cattivo esercizio dei compiti inerenti un pubblico servizio) e che di conseguenza mettono a repentaglio il buon funzionamento e/o l’imparzialità dell’azione amministrativa, sfociando in una strumentalizzazione oggettiva dell’ufficio tale da frustrare o alterare le finalità istituzionali perseguite (Cass. pen. Sez. V 27.05.1993).

Anche aderendo all’interpretazione restrittiva formulata dalla dottrina più recente, l’evento offensivo risulta nel caso di specie parimenti sussistente, potendo essere individuato nella oggettiva deviazione della funzione o del servizio rispetto alla causa tipica, realizzata attraverso una condotta intenzionalmente antidoverosa consistente nello sviamento del potere per fini esclusivamente privati, come l’attacco ad organi di stampa, realizzato a mezzo di un sito istituzionale al fine di ottenere maggiore visibilità ed attribuire maggiore credibilità alle informazioni in esso riportate.

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Per tutti i fatti sopra esposti, il sottoscritto Francesco Morelli, come sopra generalizzato, sporge formale e legale denuncia-querela nei confronti di tutti coloro i quali, previa compiuta identificazione, si siano resi autori o abbiano comunque concorso nella commissione di ogni reato che la S.V. riterrà di individuare nei fatti sopra menzionati, ivi compreso quello di peculato d’uso ex art. 314, co.2, c.p. o di abuso d’ufficio ex art. 323 c.p., e ne chiedo la più severa punizione ex lege.

Si allega alla presente denuncia copia della documentazione attestante l’indebito utilizzo del sito ministeriale sopra indicato.

Con perfetta osservanza.

Francesco Morelli

Per dovere di cronaca, diciamo anche che, oggi, quella schermata non compare più.

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