[Candidati Politiche 2008]: Daniela Santanchè

Quinta puntata alla scoperta dei candidati delle politiche 2008.

Da oggi inizieremo a scoprire tutti quei partiti, e i rispettivi candidati, che difficilmente avranno possibilità di vittoria. Piccoli partiti che lotteranno per sopravvivere.

Scheda numero 5, parliamo di Daniela Santanchè.

USA: Tempi duri per McCain

La vita per John McCain inizia farsi complicata. Se fino ad ora è stata una corsa completamente in discesa, la strada tra poco potrebbe iniziare a salire e non poco. Per chi non lo sapesse, o non lo ricordasse, John McCain è il candidato repubblicano alla Casa Bianca. Uscito vincente dalle primarie del suo schieramento, travolgendo e asfaltando la propria concorrenza, ora per McCain si prospetta una gara molto più difficile.

Adesso non si tratta più di battaglia all’interno dello schieramento, ma si tratta dell’ultima battaglia, quella decisiva, quella che vale un posto in “paradiso”. Vincere significherebbe aver vinto la guerra contro i democratici, in queste primarie che già li hanno sconvolti abbastanza.

Poveri democratici. Sono passati in pochi mesi dalle stelle alle stalle. In principio era tutta esaltazione, con due candidati inusuali, un candidato di colore Barack Obama e una donna, tra l’altro abituata agli ambienti della White House, Hillary Clinton. Due candidati che per la loro particolarità avevano rapito l’attenzione di tutti i media mondiali, nonostante fossero avversari in casa. Eppure in principio, forse per questo spirito comune democratico che li univa, la battaglia sembrava dovesse essere corretta.

Amministrative Francia: Chapeau Hollande!

Oltre alla Spagna questo weekend ha visto anche le elezioni in Francia, ma a differenza della penisola iberica nel paese dei “galletti” di votava per le amministrative in ben 36.782 comuni. L’importanza di queste elezioni era sostanzialmente una sola, osservare come la destra avrebbe reagito. In Francia ogni cittadino voleva sapere se il partito del buon gossip-boy Nicolas Sarkozy ce l’avrebbe fatta a tenere testa al partito socialista.

In pochi ci credevano, ed in infatti così è stato. Tutti si aspettavano una caduta di voti per la destra e quindi per Sarkò, fatto puntualmente avvenuto. Infatti con il 47,5% delle preferenze attualmente la sinistra è in vantaggio sulla destra, ferma al 40%. Ovviamente sono dati che vanno comunque presi con la pinzetta, ma tutti i francesi consideravano questo voto come il primo esame per il partito di Mr.Bruni e, se così fosse, non possiamo che definirlo una cocente sconfitta.

Al momento in cui scrivo ovviamente si può parlare solo ed esclusivamente di exit poll. I dati ufficiali ancora non sono stati pubblicati, ma ovviamente un distacco comunque così elevato, addirittura di 7 punti, fa pensare che i risultati difficilmente potranno cambiare radicalmente.

Vieni avanti Cremlino

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Missione compiuta. Il delfino ha raggiunto l’obiettivo. E il giorno dopo la vittoria alle presidenziali russe, già ci si domanda se Medvedev sarà il replicante del suo mentore Putin, o piuttosto riuscirà a ritagliarsi uno spazio tutto suo nel cuore della Grande Madre Russia. Vedremo.
A dire il vero sembrano in pochi, quelli pronti a scommettere sull’autonomia di un Presidente – diciamolo pure – imposto dall’alto, forse troppo. Eppure – è stato notato – si tratta pur sempre del primo presidente russo non proveniente dagli ambienti militari o dei servizi dai tempi di Ivan il Terribile, e questo è certamente un fatto rilevante. Ma se è stato scelto dal presidente uscente – nonchè premier entrante (!) – Vladimir Putin, che a detta di molti, avrebbe potuto più significativamente designare come erede il fido Ivanov, certamente più simile a lui e, dato non trascurabile, proveniente dagli stessi ambienti, forse qualcosa vorrà pur dire. Forse.
Di certo, l’attenzione dimostrata dal Cremlino, già prima dell’apertura delle urne – con la decisione di Putin di diventare primo ministro – può tradursi politicamente in una fiducia non illimitata nei confronti del giovane Dima. Il suo piglio, già dalle prime interviste in queste settimane ha fatto trasparire infatti un carattere molto diverso rispetto al suo predecessore. D’altro canto la sua giovane età, nonchè il suo percorso formativo molto occidentale, contribuiscono ad alimentare la convinzione che difficilmente lo vedremo rivolgersi ai partner europei e mondiali con la grinta, diciamo così, di Putin.

Obama, shame on you. Hillary all’attacco

Clinton
Quando l’insegnante di inglese (gran donna. Che fine triste che ha fatto, nella miseria delle miserie che è la vita umana) ci diceva Whet a shame, noialtri, adolescenti senza memoria e senza barba, potevamo solo intuire la forza del messaggio. Hillary Clinton che saetta

Shame on you

a Barack Obama, decisamente, ha una certa forza.

Di rosso vestita, è anche decisamente alterata, diretta, avvelenata, agguerrita. Lei smentisce ed esclude, ci mancherebbe altro, sono Hillary Clinton, non certo il primo anonimo che ha deciso di mettersi in testa di arrivare alla poltrona della Casa Bianca, è da escludersi che io pensi di ritirarmi – anche se sono così stanca…
Non l’ha detto, sia ben chiaro, non ha parlato di stanchezza. Certo, a livello di nervi, una donna stenta ad invidiarla. Arriverai forse ad essere la donna più potente del mondo? Ma nel frattempo avrai perso 20 anni di vita e qualsiasi residuo di forma umana.

Quello che i “democrats” non dicono… ve lo dice Nader

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Sulla scena della corsa alla Casa Bianca irrompe il Paladino dei consumatori. Il suo nome è Ralph Nader, e certamente in Italia famosissimo non è. Ecco no, diciamo che non è mai stato ospite della De Filippi, non ci risulta. Ma la sua storia merita di essere raccontata comunque. Nader è un avvocato americano con il pallino della difesa della società dall’Imperialismo capitalista. Detta così fa anche un po’ paura lo ammetto, ma tant’è. Approfondiremo.
I più attenti alle faccende USA lo ricorderanno in una piccola particina come comparsa nelle presidenziali americane 2004, quando si presentò come indipendente raccogliendo un misero 0,7% di consensi. Quelli bravi, ma davvero bravi però, lo ricorderanno anche nella tornata del 2000, quella del dopo Clinton per intenderci, in cui raccolse il 2,7% con 3 milioni di voti.
Fantascienza, ma non è questo il punto.

Tadic Rulez!

Domina. E a sopresa. E’incredibile il risultato uscito dalle presidenziali in Serbia tenutesi questo week-end. Il filo europeista Boris Tadic è riuscito alla fine a spuntarla. Una vittoria che ha appunto del sorprendente per 2 motivi sostanziali.

In primo luogo, l’affluenza è stata da record. Questo significa che il risultato del voto si avvicina di molto all’effettivo pensiero di tutti i cittadini serbi. Non che di solito non sia così ma con un affluenza del 50% degli aventi diritto voto, possiamo dire che sappiamo come la pensa metà della popolazione. E l’altra metà cosa penserà? Comunque, a questa chiamata elettorale, hanno risposto il 67% degli elettori. Un dato record per la Serbia, che mostra quanto il senso civico dei cittadini sia sviluppato e quanta sia la voglia di partecipare al futuro del paese.

In secondo luogo, ha del sorprendente il recupero di Tadic. Al primo turno infatti le cose non andavano proprio bene. Il distacco dal suo rivale nazionalista Tomislav Nikolic era esorbitante (39,99% contro il 35,39%). 4 punti e mezzo da recuperare. Un infinità. Eppure il popolo ha voluto l’Europa agli scenari che vedevano la Serbia pronta a legarsi con la Russia e a rimanere nel suo stato di indipendenza.

Scommettiamo che… vince Obama?

Vista la pochezza del palinsesto televisivo RAI, scusate lo sfogo ma dopo essere rimasto a casa un sabato sera per alcuni problemi personali mi sono ritrovato a guardare I MIGLIORI ANNI e la carrellata di “mummie”, si potrebbe finalmente riportare in auge un vecchio programma che da tempo non c’è più SCOMMETTIAMO CHE…

E magari farne una bella puntata speciale dove si parli di politica e di SuperTuesday, ovvero il famoso super martedì che sta accompagnando i cittadini americani aventi voto, verso la scelta dei due candidati che concorreranno definitivamente verso la Casa Bianca.

Obama e Clinton da una parte, McCain e Romney dall’altra. Democratici contro Repubblicani. La novità (un candidato di colore e una donna) contro il classico (due candidati bianchi). Insomma in qualsiasi modo la si voglia guardare queste elezioni americane stanno raccogliendo interesse. E non solo sul territorio nazionale ma anche in campo internazionale.

Usa: Anche il Nobel sta con Obama

I consensi nei confronti di Barak Obama, sembrano crescere sempre più con il passare del tempo tanto che ormai è praticamente impossibile che passi un giorno senza un commento favorevole verso il candidato “coloured” per le presidenziali.

Prima furono i Kennedy a decidere di appoggiare con la loro nomea la candidatura di Obama e quindi oggi è Toni Morrison, premio Nobel per la letteratura nel 1998. La presa di posizione da parte della Morrison è molto più importante di quanto in realtà potrebbe pensare se consideriamo che nel suo recente passato arrivò a definire Bill Clinton:

Il Primo presidente nero nella storia d’America

Kenya: E’aperta la caccia al Kikuyu

Da alcuni giorni ormai in Kenya è aperta la caccia al Kikuyu. Non si tratta di una specie animale particolarmente preziosa o in via d’estinzione ma di un’etnia tribale del paese. Un’etnia che da ormai un mese è presa di mira da tutte le altre per i sospetti di broglio elettorale, per le presidenziali che hanno visto vincere il leader uscente Mwai Kibaki.

Scontri sempre più sanguinosi e violenti, di qualsiasi genere e specie dalle lapidazioni ai roghi, si stanno svolgendo in questi giorni nella regione di Nakuru, capoluogo della provincia della Rift Valley. Una situazione che, fino a questo momento in cui scriviamo, ha portato circa 70 cadaveri causati dagli scontri, ma con una stima sempre pronta a salire.

Le morti ormai avvengono in entrambe le fazioni. Da una parte c’è tutto un paese contro i Kikuyu, colpevoli di aver vinto “rubando” durante le ultime elezioni e presi di mira da assalti e violenze senza esclusione di colpi dalle tribù avversarie. Dall’altra c’è il calvario della tribù Luo, guidata dal leader dell’ODM Raila Odinga, presa di mira dalla polizia, che non mostra problemi a utilizzare il machete per sedare e disperdere le manifestazioni che nascono per le strade.

Serbia: Europa, Addio?

In un epoca come la nostra dove tutti sembrano aver voglia di “globalizzarsi” in qualche cosa di più grande, si veda ad esempio gli stati europei con la UE oppure anche solo i partiti italiani con la possibile riforma elettorale, la situazione della Serbia sembra davvero troppo antitetica.

Giorni di elezioni presidenziali in Serbia quelli appena passati e quindi giorni di spogli ci aspettano, sperando di non incorrere in un nuovo broglio elettorale stile kenyota. Sette i possibili candidati, ma solo due si presenteranno al ballottaggio ad inizio febbraio. I loro nomi sono già stati scritti.

Il primo è Tomislav Nikolic. Con i suoi 38,26% delle preferenze si è aggiudicato il primo turno delle elezioni. Leader del partito radicale Serbo (SRS), Nikolic è un leader ultra-nazionalista. La sua eventuale vittoria al ballottaggio porterebbe il paese a richiudersi su stesso, allontanando l’eventuale integrazione europea.

Serbia, il futuro difficile. Partono le presidenziali

Serbia
Oggi, circa 6,7 milioni di cittadini serbi sono chiamati alle urne. L’appuntamento è con il primo turno delle presidenziali. In realtà i sondaggi più recenti fanno trapelare la forte possibilità di un’alta percentuale di astensionismo: più o meno la metà degli aventi diritto pare che non si recherà a votare.
L’imbarazzo della scelta. I candidati ufficiali in questo primo turno sono ben nove. In realtà, però, la vera sfida dovrebbe ridursi ad un testa a testa tra l’attuale presidente e leader del Partito Democratico (DS) Boris Tadic, e il nazionalista Tomislav Nikolic, del Partito Radicale Serbo (SRS). Il primo è rinomatamente filo-europeista. Il secondo, leader del principale partito serbo, è dato come il vincitore annunciato del primo turno elettorale. Una vittoria, però, dicono i sondaggi, che non vedrà neppure da lontano il 50,1% dei consensi, quota necessaria per non andare al ballottaggio il 3 febbraio.
Ed è proprio il ballottaggio a spiazzare di più i sondaggisti. Secondo le proiezioni, Nikolic potrebbe ottenere il 36% dei voti al primo turno, mentre Tadic il 33%. Le sorti del ballottaggio, dunque, verranno decise dall’appoggio dei sette che non passeranno certamente il turno.

Kenya: Dialogo tra tutti, tranne che tra Kibaki e Odinga

Sono ormai 15 giorni che il Kenya sta vivendo giorni di terrore, a causa della crisi creatasi al termine delle elezioni presidenziali e i suoi contestatissimi voti. Personalità da tutto il mondo stanno cercando di intervenire per placare gli animi che sembrano non volersi raffreddare, anzi danno l’impressione di continuare a scaldarsi.

Dopo gli interventi di John Kufour prima e di Kofi Annan poi, ora è arrivato il momento di Ban Ki-Moon, segretario generale dell’ONU. Il messaggio di Ki-Moon è chiaro e semplice:

Ho invitato i leader politici keniani a trovare con urgenza e attraverso il dialogo una soluzione accettabile per risolvere la crisi politica e perché il paese ritrovi il cammino della pace e della democrazia. Inoltre ho lanciato un appello perchè i dirigenti keniani, il governo come l’opposizione, evitino misure o azioni suscettibili di compromettere la ricerca di una soluzione amichevole della crisi nel paese.

Barack Obama: semplicemente surfing Iowa

Obama

E Barack Obama ha avuto una bella soddisfazione. In Iowa, il giovane senatore afroamericano dell’Illinois ha battuto John Edwards e Hillary Clinton – a dirla tutta, anche John Edwards ha battuto Hillary Clinton – e, naturalmente ne gioisce.
Il tempo del cambiamento è arrivato: sarò il presidente che riporterà a casa i soldati dall’Iraq, che garantirà la sanità a tutti gli americani e metterà fine ai regali fiscali alle grandi multinazionali. Prove generali da Presidente degli Stati Uniti d’America. Ma la strada per la Casa Bianca è ancora molto lunga e tortuosa. Novembre è lontano, Hillary non demorderà e men che mai demorderanno i repubblicani.

L’affluenza è stata l’altra grande sorpresa di questo primo appuntamento. Perchè è andata contro ogni tendenza più recente: è ritornata ad essere molto alta, ed una partecipazione del genere, negli Usa, non si vedeva da anni. Ne ha beneficiato, soprattutto, proprio Obama, che si è accaparrato il consenso e il relativo voto di molti giovani che hanno partecipato massicciamente ai caucus per la prima volta nella loro vita, spinti da una voglia e una necessità, probabilmente, di cambiamento e di azione.