Sussurri e grida nei corridoi del Viminale


Cece


Fa un caldo irreale a Roma. Il sole è alto nel cielo, il Circeo sarebbe anche a due passi, insomma, tutto viene in mente tranne che il fatto nei corridi e tra quattro mura, quelle del Palazzo del Viminale, si stia decidendo il destino dell’Italia. In 187 simpatici disegnini.


Assolata domenica romana. Sembra già primavera. In fondo siamo quasi arrivati. Il Ministero dell’Interno, silenzioso e discreto, vive di vita propria in una stradina non trafficata, traversa che collega l’affollata via Nazionale all’Esquilino. Poca gente entra ed esce dal Palazzo. L’aria è un po’ strana.


La deadline era fino alle 16 di ieri: fino a quell’ora sono stati presentati la bellezza di 187 contrassegni. Da partiti o gruppi politici organizzati e ammessi dal Ministeso stesso.

Gli aneddoti, come sempre accade in questa Italietta, si sprecano. E’ divertente anche per questo. Il più famoso – di già – e anche facile, se vogliamo, che ieri per tutto il giorno ha serpeggiato per i corridoi del Viminale, ha come protagonisti i contrassegni di Pd e Pdl. Ed è la ragione per la quale – i simboli vengono numerati e messi in lista e in bacheha in rigoroso ordine di arrivo, il Popolo della Libertà è al numero 18, mentre l’acerrimo nemico Partito Democratico è sotto di 30 posizioni, al 48.


L’aneddoto, dunque, narra dell’avventura della rappresentante del Pd, in fila davanti al Viminale dalle 6 del mattino, che, causa un lieve malore abbandona momentaneamente la preziosa postazione. Chiedendo, come alla cassa del supermercato, a chi la precedeva di tenerle il posto. Tornata, era stata sorpassata. Da chi? Semplice e un po’ banale: dalla sua controparte del Pdl.


Silvio, in tabellone, supera quindi Walter. Altri numeri e presenze eccellenti: al numero 22, la Sinistra Arcobaleno; al 27 il Pdci, al 29 Rifondazione comunista. 30, Federazione dei Verdi col sorrisino del simbolo ormai noto, seguiti immediatamente da Giuliano Ferrara con la sua lista per la moratoria sull’aborto.


Quello che colpisce, se ci si ferma a pensare, è che in quelle teche c’è tutta la politica italiana. Con una varietà impressionante di simboli. E di storie. Dalla Principessa Mirella Cece, per il Sacro Romano Impero Liberale e Cattolico, a Io non voto, con tanto di rappresentante lì. Scusi. Ma non è una contraddizione in termini. No, e te lo spiega con una coerenza irripetibile. Però ci crede davvero. C’è il romanissimo Movimento Giovani Poeti d’Azione, che correrà solo nel Lazio, Alessandro D’Agostini e lì con il suo mistero. E poi Casta Contro (o Contro Casta, dipende da come lo si vuole leggere), salentino come me. Ci credono tutti, sono tutti mediamente incazzati, tranne il poeta che in quanto poeta se la vive con poesia, ma insomma sono rappresentanza di un fenomeno bizzarro.


187 contrassegni, contro i 148 del 2006. Sembra un vero e proprio esame,una commissione, l’università è una schiocchezza al confronto come atmosfera. Ci si presenta con simbolo e programma, lo si espone di fronte ad una prima commissione, si arriva ad apporlo in bacheca. Un affollata bacheca e una corposa raccolta di programmi. 187 con una media di una decina di pagine l’uno. Non si invidia certo il Ministero dell’Interno e i suoi in queste ore. 40 i loghi dovranno essere poi giudicati da una apposita commissione che dovrà stabilirne l’ammissibilità o meno. 187. Meno male che Silvio ha appellato più volte alla non dispersione dei voti nei partitini. Che gli hanno risposto così.

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