
A De Gennaro il compito di convincere l’Ue. Mission: impossible

In uno speciale di RepubblicaTV, ieri, Ezio Mauro ha provato a rispondere alla situazione attuale di questa Italia in subbuglio.
Un’idea malata, dice, è quella che ha portato alla situazione attuale. Allo scandalo dell’annnullamento della visita del Papa all’inaugurazione dell’anno accademico presso La Sapienza di Roma. Un’idea che non è neppure così forte. Un’idea che ha portato ad uno scandalo. Perchè tale è ormai l’incidente, a livello diplomatico e di immagine.
Si è più volte ripetuto quanto la miccia sia stata accesa dall’invito del Magnifico Rettore al Papa. Un cambio di tradizione – il Papa avrebbe addirittura dovuto tenere, in una prima ipotesi, addirittura la lectio magistralis, poi correttamente affidata ad un Professore. Una spirale poi di eventi che ha portato a problematiche di immagine, di coscienza, di morale, di intelligenza.
Che cosa ha da fare o da dire il Papa all’università? Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà. Questo, un passaggio del discorso che Benedetto XVI avrebbe dovuto pronunciare oggi all’università di Roma La Sapienza, e che sono state invece veicolate dal Magnifico Rettore Renato Guarini all’inaugurazione dell’anno accademico.
La “vacanza” è definitivamente terminata. Se tale la possiamo definire. George W.Bush dopo aver fatto visita al presidente egiziano Hosni Mubarak in quel di Sharm El Sheikh è pronto a rientrare a Washington a pensare ai problemi di casa propria piuttosto che delle “beghe” mediorientali.
Un viaggio positivo, quello del presidente USA, che è riuscito nello scopo di lasciare il segno con il proprio messaggio. Tante le personalità incontrate come tante sono state le “figuracce” della strana coppia Bush – Rice, che potrebbero benissimo fare concorrenza alla più nota coppia di “Casa Vianello”.
L’importanza a livello diplomatico di un viaggio del genere è importantissima. Considerando gli effetti positivi questo viaggio porterà al paese e a chi, in prima fila, ne ha messo la faccia. E con un po di invidia ripenso all’Italia.
Vivere nei paesi di matrice islamica, al giorno d’oggi, significa imbattersi, prima o poi nella propria vita, in un attentato di stampo terroristico. Sembra uno scherzo, ma non passa giorno che in Libano, in Iraq, in Israele, o in quale altro paese mediorientale non vi è almeno un attentato.
Sia questa una bomba pre-installata in un luogo pubblico, una raffica di colpi improvvisa sparata sulla folla o un attentato suicida da parte di qualche kamikaze di una chichessia organizzazione.
Le motivazioni rimangono sempre tra le più disparate. Ovviamente per gli assalitori lo scopo è raggiungere il paradiso sacrificando la propria vita in onore della religione (che vai a saperlo, ma tutti i musulmani che conosco io in Italia mi dicono che non è assolutamente vero che la religione islamica dice questo). Mentre per tutti quelli che sono al di fuori del mondo mediorientale si tratta solo di pretesti bellicosi, piccoli segni che vogliono dimostrare allo stesso tempo una grande forza.
Questo paese non fa che stupirmi. Ogni volta che mi ritrovo dinanzi alla mia tastiera per scrivere alcune righe, siano esse di approfondimento oppure di semplice cronaca, l’immagine che mi si figura davanti del Kenya è sempre più ambigua.
Ad alimentare questa situazione di dubbio chiaramente partecipano anche i media, i quali attualmente sono l’unico metodo in nostro possesso per conoscere cosa accade a Nairobi; giornali, televisioni, radio disegnano un giorno in un modo ed un giorno in un altro uno scenario che si può definire in un solo modo: incredibile.
Ricordo negli ultimi giorni di dicembre, sempre su questo sito, scrivevo nei giorni pre-elettorali con la speranza di vedere un Kenya maturo, pronto a mostrarsi “bello” di fronte a tutti i grandi paesi internazionali. Mostrare di essere democratico, di essere onesto, di essere lindo e pulito.
Nuove regole per i donatori inglesi. Il primo ministro britannico Gordon Brown, si è detto infatti a favore di modificare le attuali leggi che regolamentano la donazione di organi in Gran Bretagna.
Attualmente il trapianto avviene con lo stesso procedimento che si adotta in Italia. Una persona, sia essa viva o morta, può donare i propri organi solo ed esclusivamente se ha autorizzato, mentre era in vita, esplicitamente la volontà di volere donare i propri organi aderendo al Nhs Organ Donor Register (il registro nazionale dei donatori).
L’intervento di Gordon Brown vuole andare a togliere questo esplicito consenso, presumendo automaticamente lo stesso nel caso in cui il paziente, o per lui i suoi familiari, non esprima una propria contrarietà.
Sono ormai 15 giorni che il Kenya sta vivendo giorni di terrore, a causa della crisi creatasi al termine delle elezioni presidenziali e i suoi contestatissimi voti. Personalità da tutto il mondo stanno cercando di intervenire per placare gli animi che sembrano non volersi raffreddare, anzi danno l’impressione di continuare a scaldarsi.
Dopo gli interventi di John Kufour prima e di Kofi Annan poi, ora è arrivato il momento di Ban Ki-Moon, segretario generale dell’ONU. Il messaggio di Ki-Moon è chiaro e semplice:
Ho invitato i leader politici keniani a trovare con urgenza e attraverso il dialogo una soluzione accettabile per risolvere la crisi politica e perché il paese ritrovi il cammino della pace e della democrazia. Inoltre ho lanciato un appello perchè i dirigenti keniani, il governo come l’opposizione, evitino misure o azioni suscettibili di compromettere la ricerca di una soluzione amichevole della crisi nel paese.
Il primo incontro è fallito. Non è bastato come mediatore il presidente dell’Unione Africana John Kufour. Il neo eletto presidente del Kenya Mwai Kibaki e il capo dell’opposizione Raila Odinga non sono riusciti ad avvicinare le loro parti, attualmente molto distanti.
Tutto ha inizio il 27 dicembre scorso, data fondamentale per il Kenya, giorno in cui il Kenya si presentava alle elezioni con lo scopo non solo di eleggere il nuovo presidente, ma di mostrare al mondo la maturità civile che aveva reso il paese, negli ultimi anni, uno dei maggiormente attivi a livello di rilancio economico.
Purtroppo, agli occhi dei media di tutto il pianeta, il Kenya ha rispettato solo dei due punti di cui sopra. E tra l’altro con “legittimi” sospetti di broglio. Come sappiamo dopo alcuni ritardi di voto e con uno scarto minimo, il leader dei Kikuyo Kibaki ha battuto il leader Luo Odinga dato, tra l’altro, come favorito dalle previsioni.