Esteri
Kenya: Annan, no grazie!
Questo paese non fa che stupirmi. Ogni volta che mi ritrovo dinanzi alla mia tastiera per scrivere alcune righe, siano esse di approfondimento oppure di semplice cronaca, l’immagine che mi si figura davanti del Kenya è sempre più ambigua.
Ad alimentare questa situazione di dubbio chiaramente partecipano anche i media, i quali attualmente sono l’unico metodo in nostro possesso per conoscere cosa accade a Nairobi; giornali, televisioni, radio disegnano un giorno in un modo ed un giorno in un altro uno scenario che si può definire in un solo modo: incredibile.
Ricordo negli ultimi giorni di dicembre, sempre su questo sito, scrivevo nei giorni pre-elettorali con la speranza di vedere un Kenya maturo, pronto a mostrarsi “bello” di fronte a tutti i grandi paesi internazionali. Mostrare di essere democratico, di essere onesto, di essere lindo e pulito.
Brown: “Si al silenzio – assenso nei trapianti”
Nuove regole per i donatori inglesi. Il primo ministro britannico Gordon Brown, si è detto infatti a favore di modificare le attuali leggi che regolamentano la donazione di organi in Gran Bretagna.
Attualmente il trapianto avviene con lo stesso procedimento che si adotta in Italia. Una persona, sia essa viva o morta, può donare i propri organi solo ed esclusivamente se ha autorizzato, mentre era in vita, esplicitamente la volontà di volere donare i propri organi aderendo al Nhs Organ Donor Register (il registro nazionale dei donatori).
L’intervento di Gordon Brown vuole andare a togliere questo esplicito consenso, presumendo automaticamente lo stesso nel caso in cui il paziente, o per lui i suoi familiari, non esprima una propria contrarietà.
Bush, fine del viaggio: l’Iran finanzia il terrorismo
Musharraf: sull’assassinio di Benazir Bhutto, no alla supervisione dell’Onu
Kenya: Dialogo tra tutti, tranne che tra Kibaki e Odinga
Sono ormai 15 giorni che il Kenya sta vivendo giorni di terrore, a causa della crisi creatasi al termine delle elezioni presidenziali e i suoi contestatissimi voti. Personalità da tutto il mondo stanno cercando di intervenire per placare gli animi che sembrano non volersi raffreddare, anzi danno l’impressione di continuare a scaldarsi.
Dopo gli interventi di John Kufour prima e di Kofi Annan poi, ora è arrivato il momento di Ban Ki-Moon, segretario generale dell’ONU. Il messaggio di Ki-Moon è chiaro e semplice:
Ho invitato i leader politici keniani a trovare con urgenza e attraverso il dialogo una soluzione accettabile per risolvere la crisi politica e perché il paese ritrovi il cammino della pace e della democrazia. Inoltre ho lanciato un appello perchè i dirigenti keniani, il governo come l’opposizione, evitino misure o azioni suscettibili di compromettere la ricerca di una soluzione amichevole della crisi nel paese.
Bush in Kuwait: Iraq, sta tornando la speranza
Odinga e Kibaki riprovateci
Il primo incontro è fallito. Non è bastato come mediatore il presidente dell’Unione Africana John Kufour. Il neo eletto presidente del Kenya Mwai Kibaki e il capo dell’opposizione Raila Odinga non sono riusciti ad avvicinare le loro parti, attualmente molto distanti.
Tutto ha inizio il 27 dicembre scorso, data fondamentale per il Kenya, giorno in cui il Kenya si presentava alle elezioni con lo scopo non solo di eleggere il nuovo presidente, ma di mostrare al mondo la maturità civile che aveva reso il paese, negli ultimi anni, uno dei maggiormente attivi a livello di rilancio economico.
Purtroppo, agli occhi dei media di tutto il pianeta, il Kenya ha rispettato solo dei due punti di cui sopra. E tra l’altro con “legittimi” sospetti di broglio. Come sappiamo dopo alcuni ritardi di voto e con uno scarto minimo, il leader dei Kikuyo Kibaki ha battuto il leader Luo Odinga dato, tra l’altro, come favorito dalle previsioni.
Liberi i due ostaggi delle Farc. L’annuncio di Chavez
Bush in Medioriente: Buona la prima!
Finalmente il grande giorno è giunto. La “prima” di Bush in Israele è arrivata ed è andata anche discretamente bene. Certo a suo favore vi sono molti punti, come ad esempio quello di giocare “in casa” (dato che gli USA sono notoriamente filo-israeliani). Ma nonostante questo, dalle sue parole si evince non solo forza, ma anche un grido di speranza per risolvere la situazione arabo-israeliana.
L’arrivo a Tel Aviv, seguito dal festoso saluto del presidente israeliano Shimon Peres, è stato entusiasmante per il presidente a “stelle e strisce” che nel suo discorso ha esordito con concetti decisi e chiari:
Primarie USA 2008, Hillary è “tornata”
Trionfante, sorridente, distesa. Sono anche sparite di nuovo quelle rughe imbarazzanti che un fotografo dell’Associated Press aveva impietosamente ritratto nei giorni scorsi. Hillary Clinton è tornata. E i media Usa già chiosano con acidità: è grazie all’effetto lacrime. Emotività e gioventù sfiorita a parte, la senatrice, che soltanto ieri era data ormai per politicamente spacciata, e che aveva più volte dovuto precisare ai suoi elettori che non si sarebbe ritirata, vive da stanotte una nuova primavera. Contro tutte le previsioni della vigilia, ribaltate, e contro l’assalto mediatico dei giorni scorsi, l’ex first lady ha battuto il favorito Barack Obama nelle primarie democratiche del New Hampshire. Dopo una nottata di testa a testa, ecco il risultato finale: Hillary batte Barack 39 a 37.
Enorme e sorprendente affluenza di elettori, in New Hampshire, che hanno votato secondo logiche differenti rispetto ai loro predecessori dell’Iowa. Moltissime nuove registrazioni: giovani al primo voto ma anche persone che sono tornate alle urne dopo anni di disaffezione verso la politica. Totale: mezzo milione di persone, e cioè esattamente il doppio rispetto al passato nonchè praticamente il 40% della popolazione. Questa dinamica spiegherebbe anche la disattesa dei pronostici e gli errori dei sondaggi. Insieme ad una chicca degli osservatori: le lacrime e la commozione di due giorni fa di Hillary Clinton le avrebbero sponsorizzato una non indifferente aggiunta di voti, rendendola più umana e allontanandola da quell’aura di freddezza e rigore che la circondava.
Sarkozy e Zorro: tasse alle TV private per aiutare quelle pubbliche
Nicolas Sarkozy alla riscossa. Al presidente piace il mondo mediatico e la celebrazione. In questi tempi di occhi puntati sulla di lui vita privata – a volte, appare, più all’estero, in quest’Italia cui tanto piace il gossip e, perchè no, il voyeurismo, che nella stessa Francia – Sarkozy pensa ad una riforma delle dinamiche televisive d’oltralpe. Ecco la proposta: eliminare gli spot commerciali dalla tv pubblica e tassare i ricavi pubblicitari dei canali privati per ridurre il deficit.
Durante la conferenza stampa di inizio anno, nel Salone delle feste dell’Eliseo, Nicolas Sarkozy ha annunciato le sue intenzioni a più di 500 tra giornalisti, fotografi e operatori televisivi provenienti da oltre quaranta Paesi. Al Presidente, come è normale che sia, è toccato anche rispondere alle inevitabili domande sulla sua relazione con la cantante ed ex modella italiana Carla Bruni. E’ una storia seria, ha affermato. Difficile immaginare il contrario – o che semplicemente affermasse qualcosa di differente – dopo la maestosa esposizione mediatica del loro viaggio in Egitto e delle romantiche passeggiate tra le Piramidi.
Tornando alla realtà, il capo dello Stato ha esordito affrontando il tema del rinnovamento culturale del servizio pubblico radio-televisivo. Un settore che, nei suoi piani, deve mirare alla qualità e non può funzionare solo con criteri mercantili. La proposta concreta? Voglio che i requisiti della televisione pubblica siano modificati profondamente, e voglio considerare la possibilità di eliminare completamente le pubblicità dai canali pubblici. Togliere, dunque, gli introiti pubblicitari al broadcasting pubblico, per assicurarne un innalzamento effettivo dal punto di vista dei contenuti e della qualità. Il finanziamento e quindi la sussistenza economica della Tv pubblica potrebbero essere assicurati per altra via. Potrebbe essere introdotta una tassa più alta sulla raccolta pubblicitaria delle tv private e una tassa infinitesimale sul volume d’affari dei nuovi mezzi di comunicazione, come internet o la telefonia mobile.
Israele: Sale la tensione per l’arrivo di Bush
E’finalmente arrivata l’ora X. In queste ore George Bush, presidente degli Stati Uniti d’America, si trova in Medio Oriente per discutere delle problematiche degli stati arabi. Tra i punti principali della visita la questione Iran e l’incontro a “sei occhi” tra Bush, Olmert e Abbas.
I media sono già pronti a non lasciarsi scappare nemmeno un istante di questa visita, che vedrà Bush prima in Israele. La situazione è tutt’altro che tranquilla nello Stato ebraico. Nemmeno di 24 ore fa due razzi lanciati dal Libano si sono abbattuti su Shlomi senza causare vittime. A tal proposito, il governo israeliano ha deciso di chiudere i confini con i territori palestinesi fino a sabato, al fine di prevenire eventuali attentati nella zona in concomitanza con le discussioni sulla pace.
Bush in Medio Oriente. Azzam: accoglietelo con le bombe
Georg W. Bush, la settimana prossima, ha in programma una capatina in Medio Oriente. Comitato d’accoglienza? Azzam l’americano, il portavoce di Al Qaeda, ha la sua idea. E la condivide: Rivolgo questo appello urgente in particolare ai fratelli mujaheddin in Palestina e, più in generale, a quelli nella penisola araba, affinché siano pronti ad accogliere il crociato, il boia Bush, durante la sua visita di gennaio nella Palestina musulmana e nella penisola occupata, non con fiori ed applausi ma con bombe ed automobili esplosive. Parole di stima e di affetto in un messaggio audio video di 50 minuti diffuso via Internet. Dal titolo: Un invito alla riflessione e al pentimento.
Il programma di Bush prevede Israele, Palestina e altri stati del Golfo Persico. In vista del viaggio, la tensione politica internazionale è alle stelle, e la situazione è estremamente delicata. Il rischio attentati viene, infatti, soprattutto da gruppi radicali e cellule spontanee che pedissequamente seguono e applicano le istruzioni diffuse via Web. Ecco il perchè dell’esternazione di Azzam.