Afghanistan: Ritorno al futuro

Sono passati già 7 anni da quel famoso 11 settembre, una giornata in cui tutti i nostri occhi erano incollati allo schermo pronti a carpire qualsiasi minima notizia su uno degli attentati terroristici di più grandi intensità (se non il più grande) che la storia abbia mai visto. Da quella soleggiata, almeno a Milano, giornata di settembre sono successe molte cose.

Innanzitutto la crociata indetta da George Bush contro Osama Bin Laden, lo sceicco del terrore. I leader dei talebani, secondo i servizi segreti americani, era nascosto sui monti dell’Afghanistan. Da quella notizia inizio la guerra che portò alla liberazione dal potere talebano nel paese, stabilendo quindi la democrazia.

Una democrazia che in Afghanistan ha permesso alle donne di circolare liberamente anche senza il burka, ha permesso la riapertura delle sale cinematografiche e riconcesso una minima libertà di stampa che precedentemente erano state sopite.

Non tutto il male viene per nuocere insomma. Se poi lo sceicco Bin Laden non si è mai trovato, forse perchè morto, forse perchè in realtà in Afghanistan non ci sia mai stato, almeno il paese ha potuto vivere, dopo la liberazione dal poter talebano, di nuova linfa vitale nazionale e internazionale.

Purtroppo come tutte le favole anche questa rischia di avere un cattivo finale. E’preoccupante a riguardo, l’annuncio rilasciato da uno dei più prestigiosi think tank (i think tank sono delle organizzazioni, solitamente senza schieramento, che discutono su argomenti di carattere poltico) l’International Crisis Group:

“L’Afghanistan non e’ ancora perduto ma senza un’intensificazione degli sforzi internazionali lo sara’, con drammatici scenari di guerra civile, ritorno dei talebani, predominio del narcotraffico e dei warlords.”

Leggo la dichiarazione dell’ICG e tra me e me penso che forse stanno riprendendo una dichiarazione di 7 anni fa. Poi rileggo con attenzione e vedo che la dichiarazione suona fresca. Come può essere che l’Afghanistan “liberato” abbia voglia di ritornare nel baratro. La fragilità di questi paesi, notoriamente “dominati” da una sola persona, sta nel fatto di soffrire la democrazia a lungo termine. Per dare stabilità si ritiene sempre necessaria la presenza di una persona, sia questo re, dittatore o un generale militare.

Spero tanto di non vedere cambiare mai l’Afghanistan da come è ora. E’ il più bell’esempio di rilancio democratico che io ricordi. Perderlo non significherebbe solamente distruggere il lavoro fatto fino ad ora, ma vorrebbe anche mostrare quanto inutili siano stati gli sforzi per portare la libertà in questo paese.

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