Montanelli e Freddie Mercury. Questione di crucci



Gli italiani non sanno andare a destra senza finire nel manganello

ha detto Indro Montanelli. Oggi sono filosofica. Sarà il tempo, il grigiume che incombe.


Sarà che l’autunno sta arrivando, e i ricordi di mare, sale, sole, vento e surf sono lontani. Sarà l’essere di fronte a delle scelte. Scelte che, in questa Italia, non sono mai quelle che in fondo vorresti. Difficile anche permettersi di pensarle.


Sarà anche perché mi è successo sabato di lavorare in un bar-pub-tutto qui a Roma. Sabato sera, ragazzini a fiumi in una notte bianca che non c’era. Gente letteralmente appesa. Appesa a se stessa. Inutile. Perdonate. Con un intermezzo di ragazzetti un po’ meno piccini, che parlavano del nuovo disegno di legge sulla prostituzione. Inutilmente. E poi. Gente ubriaca. La serata è finita alle sei di mattina, con un uomo che ci chiedeva ancora della grappa da bere. Barcollante, violento, senza senso. Che blaterava: Sono un padre di famiglia. Guai a chi tocca mio figlio


E oggi pensavo: ho due grossi crucci, nella vita.

Un cruccio è una frustrazione. Un cruccio è qualcosa che non è più possibile realizzare – e che per questo genera insoddisfazione.



Freddie Mercury. Da tempo malato di AIDS, è morto a causa di una broncopolmonite il 24 novembre del 1991. Nel 1991 avevo 11 anni. Non ho mai visto un concerto dei Queen. E mai potrò vederlo. La violenza della sua voce, la potenza deella sua figura, fanno pensare ad una comunicazione e ad un coraggio – che, certo, può piacere o meno, ma che tale è – irripetibile. Una forza e, forse, una nudità, di cui si avrebbe ancora bisogno. Come concetto nell’aria che il Globo respira.



Idro Montanelli è morto a Milano, il 22 luglio 2001. Ed io, che ci ho messo una vita a capire cosa volevo fare da grande, ho perso il mio tempo. E il tempo è il più grande limite. Non potrò provare ad intervistarlo. Non potrò mai averlo come maestro, da ascoltare e criticare. Da cui essere ascoltata e criticata. Non potrò mai farmi dire di no ad un’intervista – e chissà com’era, chissà se si sarebbe prestato, chissà se avrebbe mai dato risposta. Stesso dicasi per Enzo Biagi.


Su Repubblica, l’ennesimo editoriale di Eugenio Scalfari fa riflettere. Parla di Alitalia, e di una vergogna tutta italiana. Un qualcosa che si ricollega esattamente e drammaticamente all’intervista a Montanelli di cui al primo video allegato in apertura. Non sto facendo un parallelo tra le due penne. Sto dicendo solo che penne più o meno grandi, ma certo coscienti (dotate di una LORO coscienza, condivisibile o meno) hanno parlato, e messo nella Storia, nero su bianco, l’endemica corruzione e malattia del Sistema Italia. Perchè siamo italiani. E solo cambiando gli italiani, qualcosa cambierebbe.



C’era una volta l’Italia.


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