Gli USA impauriti vanno verso Obama

La giornata di venerdì è stata decisiva per tutti coloro che, noi compresi, si interessano alla situazione delle presidenziali negli Stati Uniti d’America perché giusto prima dello scorso week end ha avuto luogo, in quel dell’università del Mississipi, il dibattito elettorale tra i due candidati premier. Una discussione che ha rischiato fino all’ultimo di non aver luogo a causa della grave crisi economica che gli USA stanno vivendo in questo momento e che avrebbero dovuto costringere i candidati a pensare al paese prima che a se stessi.

Palin, ovvero: lo spettacolo della politica

La politica americana ha l’esigenza intrinseca ed estrinseca di mettere in piazza tutto quello che ha. Dalla prima all’ultima parola, dal più piccolo al più grande particolare. Con Sarah Palin, però, non si tratta di particolari.
La politica italiana si nasconde. Il fulcro della stessa non è e non sarà mai noto ai più. Quella americana si celebra sul palcoscenico dell’opinione pubblica – presunta tale. Non è detto, e anzi è certo, che anche in questo caso il reale non sia noto ai più.
Tra due mesi a quest’ora, il mondo tutto si sarà tolto una delle più grandi curiosità dei nostri tempi: chi sarà il successore di George W. Bush? Chi sarà alla testa del mondo? Chi, tra McCain e Obama, arriverà alla Casa Bianca? Dovesse essere Obama, verrà completamente risucchiato dal sistema, diventando anch’egli, classicamente, un Presidente degli USA, con tutto ciò che ne discende? Vedere l’investitura di Sarah Palin – annuncio, dibattito (per usare un sunto eufemistico) correlato e Convention – mi ha fatto riflettere.

Inizia ufficialmente la volata Obama-McCain

Con il discorso tenuto nella giornata di ieri da John McCain, si può dire definitivamente chiusa la stagione delle promesse e delle parole, mentre si può dare ufficialmente inizio alla vera e propria volata verso la poltrona di presidente degli Stati Uniti d’America, la poltrona più importante del mondo.

Sarah Palin, la carta vincente dei repubblicani

Il congresso di Denver, quello di fronte democratico per chi non ne avesse ancora sentito parlare, si è chiuso con tante certezze per il suo leader Barack Obama e con un clima di unione e di voglia di mostrare il proprio potenziale che mai, in questi mesi, si era visto nell’anima del partito e che molti, durante le primarie, avevano messo in dubbio a causa della lotta troppo equilibrata tra i candidati. Cosi da Denver si passa a Dayton con la carta vincente che John McCain ha deciso di schierare per battere i democratici.

Il ritorno della figliol prodiga

Finalmente il giorno è giunto. Quasi come se fosse una specia di “Judgement Day”, il giorno del giudizio. Perchè tutti in fondo si aspettavano con tanta ansia ed emozione il ritorno pubblico di Hillary Rodham Clinton dinanzi all’elettorato americano, di fronte al quale inevitabilmente avrebbe dovuto fare passare l’importanza di un messaggio sopra gli altri: “Votate Obama e non McCain”.

Obama’s Convention

Il candidato alla presidenza degli stati Uniti, Barack Obama, ha scelto come vice il senatore 65enne, Joseph Biden. Un nome una sorpresa. Fino a un certo punto.
Biden è noto ai più per la sua grande esperienza nella gestione degli affari internazionali. Nome completo: Joseph Robinette Biden Junior. Nel Campidoglio Made in Usa siede per il Delaware.
Approdato in Senato nel 1973, a 3o anni è stato il sesto senatore più giovane degli Stati Uniti. Il Time lo aveva piazzato tra i 200 volti del futuro. E’ cattolico e viene dalla Pennsylvania.
Perchè Biden? Per la politica estera. Punto debole e cruccio del bell’Obama, privo, secondo le critiche, della dovuta esperienza.

I 100 giorni di Obama e McCain

Mancano ormai poco meno di 100 giorni a novembre, mese che per gli Stati Uniti significherà molto, almeno per i 4 anni futuri, perchè i cittadini saranno chiamati ad andare a votare il loro nuovo presidente che succederà agli 8 anni di potere di George W.Bush. Dopo 8 anni repubblicani sembra che il democratico Barack Obama possa, anche grazie al suo carisma e al suo potere mediatico, riuscire a cambiare gli equilibri di potere negli USA, eppure alcuni sondaggi non lo darebbero così per certo.

Rassegna Critica – Vengo dopo il Tiggì, da Guantanamo

Mentre Bush era in viaggio per le bellezze del Belpaese, un giochetto non da poco gli è stato giocato in terra patria.
Probabile non se lo aspettasse. Quando il gatto non c’è, i topi ballano? Non esattamente, perchè la notizia arriva dopo, naturalmente, un lungo processo e percorso. Un iter che coinvolge una tra le più ustionanti patate bollenti di Giorgio e dei suoi.
Quanto ne sapete, voi? O meglio: quanto vi hanno detto i Nostri (Studio Aperto, Tg1, Tg2, Tg3, Tg4, Tg5)? La notizia in questione, del 12 giugno, è passata in un unico grande calderone, un codazzo melmatico all’interno della cronaca del viaggio del Presidente degli Stati Uniti in Europa, e soprattutto in Italia. E proprio mentre George cominciava la sua due giorni italica, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America svergognava, costituzionalmente parlando, Guantanamo. Una cosetta così, che è diventata un trafiletto, un sunto di una frase nei nostri telegiornali.

Bush e il Papa, le ragioni di un incontro

C’è una storia che non è stata raccontata. Tra le molte, troppe, dei giorni nostri.
Una storia analizzata solo in pochi contesti. Un’analisi non alla portata di tutti, a beneficio dei molti, ma solo di chi quell’analisi la andrà a cercare. Il racconto dei retroscena dell’incontro tra George W. Bush e Papa Benedetto XVI.
Un incontro cordiale, così è stato definito. Un incontro che, naturalmente, ha i suoi motivi politici ben precisi.

Chiudi le valigie Obama, si va a Washington!

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In aria di Europei non può che risalire quell’atmosfera nell’aria. Quello spirito calcistico, e al tempo stesso azzurro, che ci ha fatto rabbrividire mentre uno dei migliori commentatori italiani di sempre ci invitava a chiudere le valigie e partire per la destinazione del prossimo turno.

Sfruttando quel motto che divenne così famoso anche grazie alla vittoria del campionato del mondo di calcio non posso che rivolgere lo stesso invito ad Obama.

Il mio sostegno per la bionda Hillary rimane è ovvio, però direi che ormai i giochi sono talmente tanto finiti che, nonostante il coloured candidate non abbia ancora vinto ufficialmente, e come se lo fosse già vincitore.

Clinton’s List

Dal titolo di questo articolo qualcuno di voi potrebbe iniziare a pensare a qualche somiglianza con quel film di Steven Spielberg che, nel 1993, catturò l’attenzione di tutti nei confronti del “prima sconosciuto ora famoso” Oskar Schindler.
In questo caso non si tratta di nulla di ciò. Anzi, si tratta di qualcosa di completamente diverso. La lista di Clinton infatti non è una lista di nomi da salvare.
La Clinton’s List la potremmo forse definire meglio come una black list, una lista nera dove sono indicati tutte quelle persone, quelle organizzazioni, quei media che per un motivo o per l’altro hanno portato alla sconfitta di Hillary (ancora non ufficialmente, ma in dirittura di arrivo).

Obama nel nome delle donne

La storia ce lo ha sempre insegnato: affinchè un governo possa resistere, durare con successo governato da un uomo al suo fianco vi deve essere una grande donna.
Una donna che non deve essere obbligatoriamente la fidanzata, la moglie o l’amante, quanto invece una consulente, un sostegno, una compagna di squadra.
Perchè nell’ambito politico se è vero che gli uomini, essendo soprattutto in maggioranza, sono in grado di accentrare a se la maggior parte del potere, è altrettanto vero che le donne sono fondamentali con la loro dialettica e i loro modi di fare per ottenere ottimi risultati su tutti i campi.

Primarie USA: Le iettature a stelle e strisce

Bisogna capirla povera Hillary. Con tutto quello che sta passando d’altronde la tensione che correrà nelle sue vene deve essere assolutamente alle stelle. Però sinceramente mai avrei pensato che si sarebbe addirittura messa a lanciare maledizioni al suo rivale.

Un rivale, tra l’altro, che prima di tutto dovrebbe essere un collega, un amico, un compagno ed un alleato. E che invece sembra che voglia considerare in tutt’altro modo.

Perchè Obama ormai da mesi afferma di vincere le primarie alla prossima sessione, ma ogni volta si ritrova a comprendere che quell’osso duro di Hillary non molla e la bionda candidata, di pronta risposta, usa ogni mezzo per contrastarlo.

Primarie USA: Tutto in mano al GOP

Arrivare a novembre, e quindi arrivare alle presidenziali, è ancora una lunga corsa. Una corsa che molto probabilmente porterà tante nuove sorprese e naturalmente molte nuove curiosità e notizie.

Al fine di divenir scontato, la prima di queste è naturalmente la scelta da parte del DNC di affidare ad uno dei suoi candidati ufficialmente la candidatura alla Casa Bianca e quindi entrare di diritto nella sfida che conta.

Perchè fino ad ora si è scherzato, almeno per qualcuno. Perchè fino ad ora le gare sono state solo interne, quando vi sono state. Perchè fino ad ora sarà John McCain contro…