Assange, il papà di Wikileaks, accusato di stupro. Anzi no

Che abbia pagato o che debba pagare l’attività di pubblicazione del sito Wikileaks da lui stesso fondato? Non è (ancora) dato saperlo ma la vicenda che ha interessato in prima persona l’australiano 39enne Julian Assange ha dell’incredibile.

In poche ore di distanza, la procura svedese ha prima emesso e poi annullato un mandato di cattura per stupro e molestie: in un clima da imbarazzo generale, le forze di polizia della località scandinava hanno inizialmente, per bocca del direttore delle comunicazioni della procura svedese, Karin Rosander, ammesso la formulazione di un mandato di cattura e poi lo hanno praticamente annullato.

Laconica l’informativa del dietrofront: “Sulla base delle attuali informazioni non vi sono più le basi per sospettare che abbia commesso uno stupro, non è più sospettato di stupro e molestie. Tutte le accuse a suo carico sono state cancellate” e il fondatore di Wikileaks “non è più ricercato”.

Quale potrebbe essere la colpa di Assange (anche perchè, ad oggi, nulla è stato chiarito dalle forze di polizia nè da altri soggetti)?

Semplicemente l’incessante attività del proprio sito che è finito sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo per aver recentemente resi noti 77 mila documenti riservati del Pentagono sulla guerra in Afghanistan. A sollevare dubbi circa la veridicità della faccenda, è lo stesso Assange che, attraverso una mail inviata al quotidiano svedese Dagens Nyheter, sostiene: “Perchè queste accuse emergano proprio ora è una domanda interessante, non sono stato contattato dalla polizia, queste accuse sono false“.

Wikileaks, lo dice il nome: dall’inglese leak che sta a indicare la fuga di notizie. L’organizzazione riceve documenti e files coperti da segreto istituzionale e li rende pubblici gettandoli in rete: l’esistenza del progetto rimase un segreto fino al gennaio 2007, quando il curatore (editor) di Secrecy News, Steven Aftergoods, rivelò di aver ricevuto la richiesta di farvi parte in veste di consulente. A maneggiare i fili, proprio lui: Julian Assange.

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