Al Qaeda: La “morte” di Bin Laden

E noi che ci lamentiamo perché in Italia non abbiamo un’opposizione. In effetti bisogna ammetterlo: se i nostri politici di sinistra anziché continuare a bersagliare la persona riuscissero a portare avanti una politica coerente basata sui concetti piuttosto che sul “dagli all’untore”, forse i loro sforzi verrebbero maggiormente premiati. Certo il potere televisivo è un passo fondamentale, prova ne è l’evoluzione che sta prendendo Al Qaeda da qualche settimana con la figura del suo numero due: Ayman Al Zawahiri.


Con l’eclissamento del numero uno dell’organizzazione venuta agli onori delle cronache per quel tragico 11 settembre 2001, dicasi altrimenti Osama Bin Laden, ecco che all’interno dell’organizzazione l’esposizione televisiva è divenuta lentamente pane del vice, con conseguente voglia e necessità di prendere il posto di potere, divenendo al contempo capo dell’opposizione a Bin Laden.

Opposizione ideologica all’interno dell’organizzazione, non contro la persona. Un messaggio che può significare molto, come invece può significare molto poco, ma che lascia adito a supposizioni e pensieri riguardo appunto la realtà islamica estremista. La divisione ideologica che si sta creando in Al-Qaeda è in realtà, a mio parere ovviamente, tutta montata e dovuta ad un solo fatto: la “morte” di Bin Laden.

Morte virgolettato perché mai sapremo se è morto o no, ma tale è ai nostri occhi visto che ormai sono due anni che è scomparso dagli schermi televisivi, quando invece prima lo vedevamo almeno una volta all’anno con i suoi messaggi di odio verso questo o quello stato capitalista. Un’opposizione montata, atta a raccogliere il consenso dei propri sostenitori con forti messaggi verso la nuova America e verso il passato che era, ma che non è più.

Così il “medico” vuole attuare la sua ascesa al potere e divenire il simbolo della lotta di una popolazione che lo seguirà contro l’oppressore capitalista e cristiano. La guerra santa per Al-Qaeda non finisce con Bin Laden, ma continua e continuerà anche dopo Al Zawahiri, con l’ennesimo annuncio di “morte” mediatica e l’ennesima ovazione popolare.

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