Il siero della morte colpisce ancora

Ci spostiamo, come spesso accade quando mi metto a scrivere a voi lettori di Politicalive, negli Stati Uniti, ma questa volta anziché parlare delle naturali evoluzioni che le presidenziali stanno prendendo con un Obama sempre più vincente e pronto a sedersi alla White House, parleremo di una delle usanze che, nonostante le Nazioni Unite stiano cercando di fare passi avanti verso i diritti della vita umana, non ha intenzione di sospendere: La Pena di Morte.


Questa volta si è trattato di Richard Wade Cooey, condannato a morte e giustiziato nella prigione di Lucasville, nello stato dell’Ohio, per aver stuprato ed ucciso, nel 1984, due studentesse. Un crimine, quello di Cooey, che era giusto non passasse impunito, ma che lascia sempre quel sapore di amaro in bocca sulla correttezza di punire con la morte un crimine anche così efferato come quello commesso più di 20 anni fa dal giustiziato.

A rincarare la dose il fatto che l’esecuzione è rimasta in bilico per molte ore a causa dell’obesità di cui Cooey soffriva. Il 40enne infatti è ingrassato in carcere più di 30 chili, un aumento di peso che, a detta degli avvocati, è stata causata dalla vita sedentaria che in carcere gli veniva imposta e dall’alimentazione tutt’altro che sana. Cosi in Ohio temevano un possibile ritardo, dopo che nel 2007 un altro caso analogo aveva creato problemi al momento dell’iniezione del siero mortale per impossibilità di trovare la vena ad un altro obeso.

Al di là comunque della causa obesità, è la pena di morte che in sé sembra giusto abolire. Per quanto un crimine sia stato violento, malvagio, sanguinario o quello che volete il valore della vita rimane l’unica cosa che possediamo e che nessuno, in qualsiasi situazione, ci deve mai togliere. Questo vale anche per chi, come Cooey, nella sua vita l’ha tolta ad altre persone.

In Italia, invece, godiamo di un risultato opposto. L’ergastolo e la magnanimità di giudici che troppo spesso si lasciano impietosire dagli atteggiamenti bonari di criminali pronti a mentire anche alla propria madre pur di poter uscire di prigione e continuare a vivere la loro vita.

Pensandola così forse è vero che questi non meritano di vivere. Sbagliato. La realtà è che non meritano di vivere più come prima. Da parte di tutti (stato, organizzazioni mondiali, opinione pubblica) deve crescere l’idea di punire realmente il reato commesso. Senza farci impietosire da chi, comunque nella sua vita, davanti a due studentesse ha avuto voglia di continuare e di non fermarsi.

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