Il dibattito francese sui voti espressi dai docenti

La Francia non getta soltanto un occhio su quello che succede nei paesi confinanti con il suo ma pone degli interrogativi che qualcuno vorrebbe estendere alla nostra giurisdizione, ad esempio il dibattito sui voti che i bambini ottengono a scuola. Secondo la Francia vanno soppressi. 

I voti scolastici, secondo molti francesi, dovrebbero essere soppressi perché frustrano il ragazzo e non danno una visione complessiva del suo andamento, concentrandosi troppo sulla singola verifica. In Francia allora, nel rapporto offerto a Najat Vallaud Belkacem, si preannuncia la fine dei voti scolastici fino alla sesta classe. Le note, però, non scompariranno del tutto ma saranno sostitute da un coefficiente e altri sistemi di valutazione.

In questo modo i francesi pensano di essere più rispettosi dei ragazzi e di ottenere da loro maggior risultati di quelli che si possano immaginare. Ma come sarebbe una scuola senza voti? I tradizionalisti e gli adulti non riescono nemmeno ad immaginarla.

Eppure Benoit Hamon non scherza e chiede che la valutazione scolastica sia più discorsiva, meno sanzionatoria e meno competitiva. D’altronde dalle scuole francesi vengono fuori dei ragazzi molto preparati, tra i migliori d’Europa. Il ministro francese all’istruzione vuole però che dello scolaro non si sanzionino gli errori ma si tenga conto delle sua evoluzione e dei miglioramenti fatti.

L’esempio è presto fatto: se un ragazzo in dettato e scarso ma riesce a recuperare sulla grammatica, si deve tener conto del risultato positivo, prima ancora di prendere in esame, la seconda ipotesi. Se sia più o meno giusto è difficile dirlo, fatto sta che la Francia sarà capostipite di una riforma che, nelle premesse, lascia un po’ a desiderare.