E in Kenya è guerra etnica

Kibaki

Dagli scontri, violentissimi, causati dai risultati elettorali, si sta passando sempre più pericolosamente alle stragi tra etnie diverse. Il Kenya è sull’orlo di una vera e propria guerra etnica. Dinamiche che riportano drammaticamente alla memoria il Rwanda degli anni novanta. Le elezioni, i risultati equivoci, quattro giorni per dichiarare vincitore Kibaki per uno scarto di 250.000 voti su Odinga e gli osservatori dell’Unione Europea che ne avrebbero già denunciato i brogli.


Dagli scontri sui risultati elettorali, già violenti oltre misura, ora si passa alla contrapposizione etnica: Kibaki, leader del Party of National Union (PNU), appartiene alla dinastia Kikuyo, mentre Odinga, guida dell’Orange democratic movement (ODM) è dei Luo, gruppo economicamente e culturalmente molto forte ma da anni ai margini del potere politico. La situazione è molto grave e la comunità internazionale sta pensando a come muoversi.

Le strade delle città, in queste ore, vengono pattugliate da giovani armati di machete. Il reale bilancio delle violenze, forse, non sarà mai disponibile. Le ultime stime parlano di 300 morti e 70 mila sfollati. Il Presidente della Commissione Elettorale, con la sua dichiarazione di presunte pressioni ricevute, ha aumentato ulteriormente la tensione. Ieri la situazione è precipitata: 50 persone, soprattutto donne e bambini, sono stati bruciati vivi all’interno di una chiesa a Eldoret, 300 chilometri a nordovest di Nairobi. Le vittime appartenevano al gruppo etnico Kikuyu, quello cui appartiene il Presidente Kibaki. Il quale ha accusato direttamente il rivale: “E’ lui che guida il tentativo di pulizia etnica. Tutti gli attacchi e le stragi sono venute da loro“.

Immagini filmate da un elicottero della Croce Rossa, e passate su tutti i Tg nazionali, hanno mostrato decine di roghi e uomini armati di machete, pietre e bastoni nelle strade. Verso la Burnt Forest sono state avvistate bande armate in marcia: nella zona, la Rift Valley, vivono molti Kikuyu.

L’Unione Africana e il Commonwealth sono stati chiamati in causa dalla comunità internazionale, in particolar modo dalla Gran Bretagna, di cui il Kenya è una ex colonia. Il fine è quello di arrivare ad un tentativo di ricomposizione deirapporti tra Kibaki e Odinga. I sostenitori dei due leader, infatti, si accusano a vicenda di brogli nelle elezioni del 27 dicembre e violenze. E John Kufuor, presidente dell’Unione africana, ha accettato di prendere in carico l’avvio ad una trattativa che, nei disegni del primo ministro inglese Gordon Brown, potrebbe essere una prima via d’uscita dalla spirale di violenze.

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