Ddl intercettazioni: Berlusconi cede, Fini al secondo scacco al Re

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Non è roba da poco: a conti fatti, il Bavaglio alla Legge è stato tolto, il Presidente del Consiglio incassa una sconfitta politica che ha un sapore particolare e la corrente finiana mette a segno il secondo bottino pieno consecutivo. Il primo: le dimissioni di Nicola Cosentino dall’incarico istituzionale. Il secondo: dentro gli emendamenti al decreto di legge sulle intercettazioni.

Cambia tutto: l’obbligo del segreto per le intercettazioni “cade” ogniqualvolta ne sia stata valutata la rilevanza. Nella sostanza, “rilevante diventa l’aggettivo chiave della svolta. A Berlusconi non resta altro che incassare il colpo, fare marcia indietro, constatare quel che non avrebbe mai creduto e che – a conti fatti – si sta avverando. Giorno dopo giorno. La presenza del Presidente della Camera, Gianfranco Fini, all’interno della maggioranza fino a qualche mese fa contava molto. Poi ha iniziato solo a pesare. Fino a diventare, giorni attuali, un macigno. Il Premier ha firmato la legge così come impostata da Giulia Bongiorno.

Nonostante le settimane di mediazione, il tentativo di un punto di incontro che potesse accontentare gli uni e gli altri. In realtà, quel punto di incontro non è mai esistito, alla conciliazione non ci si è mai arrivati: Fini è stato intransigente, Berlusconi non voleva mollare niente. La partita tra legali ha visto al lavoro il Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, a cui Berlusconi aveva lasciato piena delega. Una sorta di “Va’, Angelino, e portami i frutti del lavoro”. Solo che Alfano, più di quanto fatto, non avrebbe potuto dare. Perchè il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, non avrebbe mai firmato la legge così come erea stata formulata dal Governo. Perchè quegli altri – adagiati sulle spalle della Bongiorno – non hanno mollato di un’unghia. Non si è trattato di mediazione, occorreva solo attendere il primo che avesse ceduto.


Costretto a tornare sui suoi passi. E in questo momento, pare evidente che Berlusconi è sotto il giogo della corrente interna al PdL che ha iniziato a prendere posizioni nette e differenti rispetto a quelle del partito. Nell’ultimo incontro tra Berlusconi e Alfano, il faccia a faccia si dice essere stato sincero e al tempo stesso drammatico: “Presidente, è il massimo che possiamo ottenere. Devi decidere tu: da una parte c’è lo scontro con Napolitano, dall’altra c’è l’unico compromesso possibile”, Alfano. E Berlusconi, che ha mostrato di avere piena fiducia nell’operato del Ministro, si è dovuto arrendere: “Non è la legge che avrei voluto io, ma Napolitano non ci ha lasciato altra scelta. Ora l’importante è andare avanti”.

Chi se la ride, in questo momento ha nome e cognome: Gianfranco Fini sa bene che in una settimana è accaduto quello che non era successo in anni di politica congiunta. Mettere a tacere Berlusconi in un paio di circostanze. “Per la prima volta Berlusconi si è piegato e ha certificato la sua sconfitta. La cosa ha dell’incredibile”. Che le quote del Presidente della Camera siano in netta risalita, Fini lo documenta da solo nel momento in cui si ferma per dire che  “sono state accolte le due condizioni che avevamo posto per riavviare il dialogo nel Pdl. Ora bisogna fare il congresso”. Il presidente della Camera vuole che si svolga prima della scadenza naturale, nella primavera del 2012, ed è disponibile – pur di andare a Congresso – a dichiarare apertamente che Berlusconi è il leader. Il premier, nel corso della direzione nazionale  nell’aprile scorso, aveva detto che si sarebbe svolto entro un anno. Poi solo silenzio. E davanti al silenzio, Fini ha scelto di venire allo scoperto. La prossima mossa, per evidenza, tocca al Premier che ha già incassato troppo: “Da sei mesi a questa parte ci costringe a camminare con il freno a mano tirato. Non ci lasciano governare”. Ancora: “Abbiamo scaricato la pistola a Fini, ora cosa si inventeranno?”, parole di un esponente PdL di area maggioritaria. Già, ma la sensazione che a Fini basti così non ce l’ha nessuno. Perchè sanno tutti che l’appetito è sempre venuto mangiando.

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