Primarie USA: Volata in Pennsylvania

Siamo a pochissime ore dal Pennsylvania day. Un giorno importante per la fazione democratica, perchè da qui alle prossime 11 tappe il candidato democratico inizierà a prendere forma.

Dietro alla rabbia dei grandi capi democratici, che vedono in questa battaglia all’ultimo sangue tra Obama e Clinton come un piacere regalato ai repubblicani, si nota una strenua lotta tra i due candidati.

Sul lato degli spettatori, in questo caso, interessati c’è John McCain. Un McCain che è passato alle cronache in questi giorni per un gesto, dispregiativo, nei confronti di un delegato repubblicano dell’Iowa. Insomma il buon John non sa proprio più cosa fare, per ammazzare il tempo mentre aspetta che i due “bambini” smettano di litigare.

Primarie USA: Obama e il popolo delle “small-town”

Il 22 aprile si avvicina. Una giornata fondamentale per la corsa democratica verso la Casa Bianca, perchè sarà l’ennesima tappa delle primarie che decreteranno il candidato democratico alle presidenziali.

I dati attualmente vedono in vantaggio Barack Obama che ha conquistato 1638 delegati contro i 1502 della Clinton. Per poter vincere la nomination saranno necessari 2025 delegati.

E’ancora parecchia la strada da fare, se poi lungo questa strada ci si impegna a favorire anche i propri avversari, il tragitto diviene ulteriormente tortuoso, reso tale dal fondo che si è sconnesso a causa nostra.

Primarie USA: McCain e il problema degli sciiti

La campagna elettorale negli Stati Uniti prosegue, come in Italia d’altronde. Ma se nel Bel Paese è diventata una gara a chi la spara più grossa, ormai credo che il prossimo candidato dirà che aumenterà gli stipendi di 500 euro e poi andrà dritto a Parco della Vittoria, negli Stati Uniti la situazione del “chi la spara più grossa” non si basa sulle promesse, quanto sulle gaffe.

D’altronde nel paese a stelle e strisce non si cerca mai di fare promesse impossibili quanto invece si cerca di rivangare nel passato di ogni candidato e scoprire tutte le piccole macchie della sua carriera politica.

Certo che se queste pecche emergono senza che bisogni andare a cercare nel passato, tutto diventa più semplice. Per di più non solo nel presente ma anche in tv, in diretta, su CNN.

Primarie USA: Gli scheletri nell’armadio di John McCain

Forse non tutti lo sanno, ma la giornata di ieri è stata una data storica. Magari qui in Europa non tutti sanno o forse non tutti ricordano il fatto, ma il 4 aprile di quaranta anni fa a Memphis, Tennesse veniva assassinato Martin Luther King jr.

Per chi dovesse avere un grosso buco di memoria, Martin Luther King è stato un forte sostenitore dei diritti civili. Oltre ad essere stato il più giovane premio Nobel per la pace della storia la sua immagine viene spesso accostata a quella di Gandhi per la sua attività da pacifista.

La sua frase, celeberrima, che noi tutti abbiamo sicuramente sentito almeno una volta è quella che potete leggere proprio qui sotto:

Ho un sogno: che un giorno questa nazione si sollevi e viva pienamente il vero significato del suo credo: “Riteniamo queste verità di per se stesse evidenti: che tutti gli uomini sono stati creati uguali

USA: Tempi duri per McCain

La vita per John McCain inizia farsi complicata. Se fino ad ora è stata una corsa completamente in discesa, la strada tra poco potrebbe iniziare a salire e non poco. Per chi non lo sapesse, o non lo ricordasse, John McCain è il candidato repubblicano alla Casa Bianca. Uscito vincente dalle primarie del suo schieramento, travolgendo e asfaltando la propria concorrenza, ora per McCain si prospetta una gara molto più difficile.

Adesso non si tratta più di battaglia all’interno dello schieramento, ma si tratta dell’ultima battaglia, quella decisiva, quella che vale un posto in “paradiso”. Vincere significherebbe aver vinto la guerra contro i democratici, in queste primarie che già li hanno sconvolti abbastanza.

Poveri democratici. Sono passati in pochi mesi dalle stelle alle stalle. In principio era tutta esaltazione, con due candidati inusuali, un candidato di colore Barack Obama e una donna, tra l’altro abituata agli ambienti della White House, Hillary Clinton. Due candidati che per la loro particolarità avevano rapito l’attenzione di tutti i media mondiali, nonostante fossero avversari in casa. Eppure in principio, forse per questo spirito comune democratico che li univa, la battaglia sembrava dovesse essere corretta.

Primarie USA: Mississipi? Yes, We Can

Le primarie Usa proseguono nel loro percorso che sta giungendo inesorabilmente al termine. E se da una parte, i repubblicani, abbiamo già un candidato ufficiale, quel John McCain che ha completamente distrutto tutti gli avversari attorno a lui, sul lato democratico la situazione di incertezza che già da mesi sta dominando, continua a sussistere.

La lotta democratica è veramente una battaglia all’ultimo voto. A una sessione di primarie sembra che Obama possa prendere il largo e costruirsi il distacco necessario per avere una minima certezza su Hillary, la quale da parte sua, alla sessione successiva, riesce a recuperare l’intero distacco accumulato, alimentando questo effetto “fisarmonica” che sta tenendo gli occhi di tutto il mondo incollati allo schermo.

Oltre agli screzi che sono nati tra i due candidati democratici, che hanno pubblicamente affermato l’impossibilità, a primarie concluse, di collaborare per un eventuale presidenza democratica, è la capacità di agire sulle folle che impressiona. Non posso capacitarmi del fatto che a una sessione uno dei due passi in vantaggio e alla successiva l’altro recuperi. E così sembra che i due inizino a ricorrere a dei “mezzucci” per poter portarsi a casa anche un singolo voto.

Hillary: I will survive, anche all’evasione fiscale

Iwillsurvive

La senatrice Clinton sostiene di essere troppo occupata per divulgare la sua dichiarazione dei redditi ma visto che è stata in grado di finanziare la propria corsa con 5 milioni di dollari di tasca propria, ci sembra molto strano che non abbia ancora ingaggiato un contabile

Risponde così, Barack Obama, alla vittoria della sua nemica.

La Clinton ha vinto nettamente in Ohio, 56% a 42%, in Rhode Island, 58% a 40%, e in Texas. Pensavamo di essercela tolta di… La si dava per dispersa, senza speranza, niente da fare. E invece niente. Anche il nostro Uolter dice che la rimonta è possibile. Mentre Silvio risponde: in caso di pareggio, qui si riandrà alle elezioni. Prospettando un futuro di campagna elettorale perenne, di circolo infinito, voteremo per sempre, per sempre si andrà a votare ciclicamente. Non se ne uscirà più, ed è drammatico e terrificante perchè non se ne può, invece, già più.
Lei, che aveva visto il baratro più nero, la figuraccia abissale, il dover giustificare molto anzi troppo, vede uno spiraglio di luce in Texas. E in Ohio. Il suo giorno di inizio rimonta – ci si prova, insomma – è finalmente arrivato.

Primarie USA: Oggi è il Judgment Day

Il testa a testa tra i due democratici più famosi al mondo va avanti da mesi. Una rivalità prima partita in sordina con una stima silenziosa ma reciproca evolutasi poi in una lotta a 360 gradi, con affermazioni, critiche, denunce nei confronti dell’avversario. Hillary Clinton e Barack Obama si sono veramente attaccati su tutto, ma per fortuna (o sfortuna) loro oggi è finalmente arrivato il loro Judgment Day, il loro giorno del giudizio.

Oggi, 4 marzo 2008, si svolgeranno in Texas e Ohio le sessioni forse più attese delle primarie USA, con una lotta che nonostante tutto rimane molto serrata. Sono pochi i punti di scarto che dividono i due contendenti, seppur in entrambi gli stati sembra essere in vantaggio Obama con un 47 a 44 in Texas e un 47 a 45 in Ohio. Scarti minimi ovviamente che potrebbero essere benissimo invertiti a favore di Hillary.

Rimane il fatto che queste elezioni siano effettivamente il giorno del giudizio. Perchè molto probabilmente da questa giornata di primarie uscirà il nome del prossimo candidato alla Casa Bianca di parte democratica. Per i repubblicani, giusto per tenere fresca la memoria, John McCain rimane in super vantaggio rispetto ad Huckabee e al “nuovo” candidato Ron Paul. Anche in Texas e in Ohio John McCain gode di un vantaggio non indifferente che lo porterà certamente a conquistare la poltrona repubblicana alle prossime elezioni.

Hillary Clinton, ovvero: come si rosica made in US

Hillary Clinton
Hillary Clinton sta, come si direbbe a Roma, rosicando. Tsunami Barack è il suo incubo infinito. L’afroamericano è alla sua decima vittoria consecutiva dopo il Supermartedì del 5 febbraio scorso. 10. 10 vittorie per lui.
In Wisconsin si è portato a casa il 58% dei voti, contro il 41 dell’ex First Lady. Nelle native Hawaii è un tripudio (Hillary aveva sperato nel miracolo, ma niente): il 76% è un risultato pesante. Per le isole, inoltre, il momento è importante: sempre, le votazioni per le primarie sono fino ad ora arrivate quaggiù alla fine,a conti e giochi fatti. Oggi le isole hanno invece votato nella consapevolezza che i giochi sono aperti, e che il supporto è decisivo. Dall’altro lato del mondo, ma fa assai meno notizia mediatica e ha sempre solo un trafiletto di attenzione, il meno colorito John McCain ha stracciato Mike Huckabee nel Wisconsin e nella seconda parte delle primarie dello Stato di Washington, dove si era già imposto il 9 febbraio anche se di stretta misura, e adesso ha vinto con margine maggiore.

Primarie USA: Nel nome del padre (di Bush)

Il bello delle primarie americane, o meglio statunitensi, è che sostanzialmente quando non ci sono voti in prossimità, ma si sta solo cercando di preparare la prossima votazione e quindi la campagna elettorale abbinata alla stessa, si vedono i volti più noti e maggiormente disparati andare ad appoggiare questa o quella fazione.

Supponiamo, ad esempio, che Robert De Niro domani si svegli e decida improvvisamente di pronunciare al pubblico la propria posizione politica e di affermare che cosa si prepara a votare sia alle primarie sia alle successive elezioni. Tutti i fan di “Rob” a quel punto saranno come stregati dalla sua posizione politica e inizieranno a pensare che forse De Niro non ha tutti i torti a votare l’una o l’altra fazione.

E’questo il bello della presidenziale “Made in USA”. Che la gente, la popolazione ci tiene. Vuole votare e per farlo è disposta a mettere il proprio faccione in primo piano. Ma con simpatia. Con la voglia di mostrare a tutti che si vota una determinata fazione o persona perchè lo si crede veramente, non perchè lo si è costretti a fare o perchè è così da una vita. E vi assicuro che in Italia, almeno ai miei occhi, ogni giorno che passa è sempre più così.

USA: La spintarella di Romney

Parlare di elezioni USA e non discutere di Democratici mi farà divenire impopolare tant’è che infatti tutti i lettori che si aspettano anche solo una parola su Obama e Clinton farebbero meglio non leggere oltre. Oggi si parla di Repubblicani, argomento che di sicuro mi farà divenire impopolare, ma che mi sembra giusto trattare visto il solito silenzio che viene buttato su questi candidati da parte dei media internazionali.

Per una volta non è così. Anche perchè sembra che la corsa verso l’elezione di novembre alla casa Bianca abbia preso una piega a senso unico. Direzione intrapresa grazie all’intervento di Mitt Romney, anche egli candidato alla presidenza.

Vediamo di fare un po d’ordine, un ripasso della situazione ci sta visto che non siamo abituati a parlare di loro. Se dalla parte democratica la lotta è voto a voto, dalla parte repubblicana la partita sembra già vinta, con John McCain ampiamente in vantaggio con oltre 800 delegati seguito da Mike Huckabee con 217.

Primarie USA: Volata finale

Ormai ci siamo. Se fossimo nel ciclismo potremmo dire ufficialmente che siamo appena passati sotto l’insegna dell’ultimo chilometro di una tappa di pianura. I velocisti sono nelle primissime posizioni pronti a partire, i gregari si sono messi in disparte tranne quei pochissimi “eletti” che tireranno il loro compagno di squadra fino a poche centinaia di metri dalla linea del traguardo.

Il traguardo è lì, poco lontano, e sembra proprio che i candidati destinati alla vittoria per i loro schieramenti saranno Barack Obama e John McCain. Cerchiamo di capire come le situazioni stanno andando da entrambe le parti.

Obama, Hillary, Hillary, Obama. M’ama non m’ama. Nel segno della profezia nera

Clinton Obama
La soap delle presidenziali continua. All’ultima sfida, e soprattutto sovrastata in modo ormai imbarazzante dalla forza comunicativa, di proposta, di spessore, e perchè no di diversità e giacchè anche un pizzico di maschia virilità dell’incubo delle notti della senatrice: Barack Obama.
La povera Hillary è stata schiacciata dal rivale della stessa casa madre in altri 4 Stati. Louisiana, Nebraska e Stato di Washington sabato, e domenica, ciliegina sulla torta, il Maine, 24 soli delegati in palio, ma un’altra tessera nel puzzle democratico che è più di un sassolino nella scarpetta di Hilary.
Obama, nel Maine, ha portato a casa il 62% dei consensi, mentre la Signora Clinton solo il 38. Poco meno del doppio. Numeri del genere stanno estremamente scottando all’ex First Lady. Sostanzialmente, così tanto certo non se lo aspettava.

Super Martedì, Super pareggio tra Obama e la Clinton

Clinton Obama
L’hanno chiamato tsunami, terremoto, onda anomala. Barack Obama, secondo alcuni – ma è sempre suonato strano, per i meno frettolosi e i più morigerati – doveva, secondo alcuni soldaggi, travolgere e stravolgere.
I sondaggi sono la vera anima nera di queste presidenziali infinite targate USA. Per quanto, spezzando una lancia a favore, l’utilizzo mediatico degli stessi sia plausibilmente un’insana ricerca dello scoop. Fatto sta – e l’avevano detto, anche questo – che il tanto atteso Super Martedì non ha ribaltato una beata fava. Lo stesso Barack aveva pronosticato il sostanziale pareggio poi verificatosi. Mentre Hillary, ora, ancora per un attimo, allontana i suoi incubi peggiori.
Nelle più grandi (e più esposte all’overdose mediatica) primarie della storia presidenziale Usa, con tanto di 24 Stati con in palio più di 3000 delegati, il singolar tenzone ha portato a casa un sostanziale pareggio.