Ufficio di Presidenza PdL: finiani fuori dal partito. Fini: conferenza stampa domani alle 15

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Rottura, come previsto. LUfficio di presidenza del PdL ha ufficializzato le divergenze irricucibili tra l’area finiana e la maggioranza del partito optando per la linea intransigente. Italo Bocchino, Fabio Granata e Carmelo Briguglio deferiti al collegio dei probiviri; le posizioni di Gianfranco Fini incompatibili con i principi ispiratori del Pdl. Viene meno “anche la fiducia del Pdl nei confronti del ruolo di garanzia di Presidente della Camera indicato dalla maggioranza che ha vinto le elezioni”.

Stavolta neppure lo spot vivente di quanto possa fare magie il cerone ha potuto nascondere tanto facilmente i segni fisici di una due giorni che rischia di lasciare il segno. Nel Governo, in Parlamento, in Italia. Silvio Berlusconi, nell’attimo in cui si affida alla stampa per leggere i passaggi significativi del documento approvato (33 sì e 3 no) dall’Ufficio di Presidenza PdL ha le occhiaie. Sembrano valigie. Non ha perso lo smalto, la fermezza, sempre lucido. Sta per rendere nota una frattura importante. La più importante degli ultimi lustri politici: per rievocare qualcosa di simile, occorre tornare ai tempi della spaccatura tra Fausto Bertinotti e Romano Prodi o a quella più recente tra lo stesso Prodi e Clemente Mastella. Ma pure trovando qualche analogia, i due casi sono ancora estremamente differenti dallo scenario odierno. Perchè in questo caso si tratta di spaccatura all’interno dello stesso partito, addirittura di rottura tra due dei cofondatori del Popolo delle Libertà, figlio concepito dal concupimento di Forza Italia e Alleanza Nazionale. Gianfranco Fini, a conti fatti, è fuori dal PdL: dopo mesi di liti interne, scontri fratricida, anomale dissonanze. Fin qui, nulla che meravigli: anche perchè il Presidente della Camera, nel vuoto politico che sta a sinistra, ha avuto anche il gusto di essere issato – da militanti e simpatizzanti dei partiti dell’opposizione – quale vera alternativa al Presidente del Consiglio. Una convivenza – quella di Fini e Berlusconi – che si è fatta difficile per poi diventare insostenibile. Le differenze sempre più marcate, poi inconciliabili. Resta il PdL, spariscono i dissidenti: che sono, stando al documento approvato dall’Ufficio di Presidenza, i tre esponenti più vicini (politicamente ma non solo) alla terza carica Istituzionale del Paese. Nome e cognome: Italo Bocchino, Fabio Granata e Carmelo Briguglio. Attacco frontale a Fini nelle parole a caldo di Berlusconi, a vertice appena concluso. “Si è manifestato il dissenso dell’Onorevole Gianfranco Fini e di esponenti che fanno riferimento a lui. Mi sono sempre attenuto al silenzio, da un anno a questa parte. Ma ora è il tempo della responsabilità nei confronti di una crisi che va chiarita. Oggi facciamo chiarezza. L’anomalia del Presidente della Camera che fa opposizione permanente non è più tollerabile. Non sono più disposto ad accettare forma di dissenso nel partito che si manifesta in una vera opposizione. Un partito nel partito. Nessun timore rispetto alla tenuta dell’Esecutivo e, in ogni caso, la chiarezza andava fatta comunque“. Fini annuncia una conferenza stampa per domani mattina ma fa già sapere che “in merito alla Presidenza della Camera, non decide Berlusconi“. Intanto, 34 deputati sono pronti a lasciare il Pdl e seguire l’ex leader An in un nuovo gruppo parlamentare.

IL DOCUMENTO DEFINITIVO DELL’UFFICIO DI PRESIDENZA PDL

Tempo reale delle ore che portano verso la riunione dell’ufficio di presidenza del PdL prevista per le 19. All’ordine del giorno, il documento che porterebbe all’espulsione dal partito di Gianfranco Fini, Italo Bocchino, Carmelo Briguglio e Fabio Granata, corrente in dissidenza con la maggioranza del Popolo delle Libertà.
Ore 16.30.
Nel testo in preparazione – e al quale starebbe lavorando lo stato maggiore del Pdl – verrebbe inserita la richiesta di sospensione per i quattro dissidenti per un periodo di tempo compreso dai tre ai sei mesi.
Ore 16.57.
Sarebbero 33 i deputati che hanno aderito alla richiesta dei finiani di costituire un gruppo parlamentare nuovo. L’atto verrebbe depositato in seguito all’eventuale provvedimento di espulsione o sospensione.
Ore 17.03.
Trapelano le prime parole di alcuni partecipanti alla riunione tenuta in tarda mattina dai finiani: “Non ci sono novità, ora attendiamo il documento dell’ufficio politico”. Tra le ipotesi circiolate, anche quella di ritirare dal Governo gli esponenti cosiddetti “finiani” e garantire all’esecutivo un appoggio esterno.
Ore 17.18.
I numeri per governare sono oggettivi: servono 316 deputati alla Camera e 162 senatori a Palazzo Madama. L’attuale maggioranza dispone a Montecitorio di 341 deputati e al Senato di 175 senatori. Stando alle ultime indiscrezioni, i deputati su cui può contare Gianfranco Fini sarebbero 33 mentre si aggirerebbe sulla quindicina il novero dei senatori “finiani”. Se le cifre fossero queste, il Governo potrebbe cadere sotto lo scacco dei “dissidenti”.
Ore 17.43.
Altri stralci che sarebbero contenuti nel documento PdL: “Fini e alcuni dei suoi uomini non sono più politicamente vicini al partito“.
Ore 18.00. Nel corso dell’incontro con i parlamentari affini alla sua linea poitica, Gianfranco Fini avrebbe detto: “Comunque vada, restiamo fedeli al governo e al programma sottoscritto con gli elettori“.
Ore 19.00. Ecco i trentasette mebri dell’Ufficio di Presidenza del Popolo delle Libertà: Silvio Berlusconi, Sandro Bondi (coordinatore), Ignazio La Russa (coordinatore), Denis Verdini (coordinatore), Gianni Alemanno (sindaco di Roma), Angelino Alfano (ministro della Giustizia), Italo Bocchino (vicecapogruppo Camera, finiano), Michela Vittoria Brambilla (sottosegretario al Turismo), Renato Brunetta (ministro della Pubblica Amministrazione), Ugo Cappellacci (governatore della Sardegna), Mara Carfagna (ministro delle Pari Opportunità), Gianni Chiodi (governatore dell’Abruzzo), Fabrizio Cicchitto (capogruppo Camera), Raffaele Fitto (ministro degli Affari Regionali), Roberto Formigoni (governatore della Lombardia), Franco Frattini (ministro degli Esteri), Giancarlo Galan (ministro dell’Agricoltura), Maurizio Gasparri (capogruppo Senato), Mariastella Gelmini (ministro dell’Istruzione), Carlo Giovanardi (sottosegretario alla presidenza), Michele Iorio (governatore del Molise), Alfredo Mantovano (sottosegretario all’Interno), Marco Martinelli (vice responsabile organizzativo), Altero Matteoli (ministro delle Infrastrutture), Giorgia Meloni (ministro della Gioventù), Stefania Prestigiacomo (ministro dell’Ambiente), Gaetano Quagliariello (vice capogruppo Senato), Andrea Ronchi (ministro degli Affari Comunitari), Gianfranco Rotondi (ministro per il Programma), Maurizio Sacconi (ministro del Lavoro), Claudio Scajola (ex ministro dello Sviluppo Economico), Antonio Tajani (vice presidente commissione europea), Renzo Tondo (governatore Friuli-Venezia Giulia), Giulio Tremonti (ministro dell’Economia), Adolfo Urso (viceministro dello Sviluppo Economico), Pasquale Viespoli (senatore), Elio Vito (ministro per i rapporti con il Parlamento).
Ore 19.10. Altre indiscrezioni: il documento conterrebbe all’ordine del giorno una censura per Fini e sanzioni per alcuni finiani. A predisporre l’atto: Berlusconi, La Russa, Verdini, Bondi, Gasparri, Cicchitto, Alfano, Ghedini e Quagliariello. Quest’ultimo: “Si parlera’ di politica, non di atti amministrativi“.
Ore 21.00. Riunione conclusa. Stando alle prime indiscrezioni, sanzione contro tre dei deputati più vicini Gianfranco Fini: Italo Bocchino, Fabio Granata e Carmelo Briguglio deferiti al collegio dei probiviri.
Ore 21.15. L’ufficio di presidenza ha approvato un documento conclusivo con il voto contrario degli esponenti finiani che concedono altre 24 ore di tempo per tornare indietro prima di arrivare alla rottura.
Ore 21.30. Rispetto a Gianfranco Fini, il documento dice che le posizioni del Presidente della Camera “sono incompatibili con i principi ispiratori del Pdl. Si pone il problema della presidenza della Camera perché viene meno anche la fiducia del Pdl nei confronti del ruolo di garanzia di Presidente della Camera indicato dalla maggioranza che ha vinto le elezioni”.
Ore 21.38. Nel corso del vertice, Berlusconi avrebbe detto: “Facciano pure i gruppi autonomi tanto sono fuori”.

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