Lega, Bossi contro Maroni: “Non è soddisfatto? Peggio per lui”

Foto: AP/LaPresse

Sembrano allargarsi le fratture in casa leghista fra il leader Umberto Bossi e un altro esponente di spicco del partito, il ministro dell’Interno Roberto Maroni. Già domenica, infatti, al tradizionale raduno di Pontida, era apparso uno striscione con la scritta “Maroni presidente del Consiglio”, che sembrava svelare che l’unità all’interno del partito, finora ben saldo intorno al suo leader, cominciasse a dare segni di cedimento. Ieri sera, poi, è stato riconfermato a capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, “fedelissimo” di Bossi, e da parte di Maroni erano trapelati alcuni malumori per questa nomina, alla quale il ministro dell’Interno avrebbe probabilmente preferito quella di Giacomo Stucchi. Oggi, poi, quando è stato chiesto al Senatùr del fatto, appunto, che Maroni non sarebbe stato soddisfatto di tale decisione del partito, questi ha risposto deciso: “Maroni non è soddisfatto? Peggio per lui”. Ad una domanda sulla situazione interna della Lega, Bossi ha invece replicato: “E’ la base che tiene sotto controllo la Lega, non Maroni”. Sulla riunione di ieri, infine, ha detto: “E’ andata benissimo. Non ci sono mai liti dove ci sono io”.

Maroni, da parte sua, aveva in precedenza negato che vi fossero lotte interne al partito, delle quali, invece, parlava anche l’Economist, per il quale ci sarebbe una spaccatura fra un gruppo di “fedelissimi” di Bossi e un altro gruppo facente capo a Maroni. Per il ministro, invece, “sono solo diversità di opinioni, come è giusto che sia, valutazioni diverse, ma poi la sintesi viene trovata”.
Oltre alla sostituzione del capogruppo della Camera, il ministro dell’Interno, probabilmente, mirava anche alla sostituzione del capogruppo al Senato, Federico Bricolo, uno degli uomini più vicini a Bossi. Al posto di Bricolo, Maroni avrebbe pensato inizialmente al lombardo Massimo Garavaglia, poi anche al veneto Paolo Franco, per non dare un “peso” eccessivo alla sezione lombarda. La battaglia per la sostituzione del capogruppo al Senato sarebbe potuta cominciare, però, solo una volta vinta quella della Camera.
All’origine degli scontri interni ci sarebbero,probabilmente, diverse visioni del futuro del partito, l’aspirazione a prenderne il controllo, forse anche la paura che il declino di Berlusconi possa ripercuotersi su suoi più fedeli alleati. Probabilmente, però, all’interno del Carroccio, nessuno, tanto meno Bossi, ha dimenticato che Maroni fu l’unico a sfidare la sua leadership, nel 1995, candidandosi alla guida del partito.

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