Inferno Thyssen, Condanna a 16 anni

Foto: Ap/LaPresse

da Il Riformista di oggi, 16 aprile 2011.
di Angela Gennaro
Sentenza. La Corte di Assise di Torino ha riconosciuto l’omicidio volontario con dolo eventuale per i sette morti del rogo. Dura pena per l’ad, Espenhahn.

Colpevole. L’amministratore delegato della Thyssen Krupp, Herald Espenhahn, è stato condannato a 16 anni e mezzo di reclusione. La Corte di Assise di Torino ha riconosciuto per lui l’omicidio volontario con dolo eventuale per i sette morti del rogo alla Thyssen. Una sentenza che accoglie in pieno l’ipotesi dell’accusa. A quasi tre anni dalla strage del 6 dicembre 2007 in cui Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino, Antonio Schiavone hanno perso la vita, arsi vivi.La sentenza di primo grado della Corte d’Assise presieduta da Maria Inannibelli arriva in tarda serata, dopo un’intera giornata di camera di consiglio, dopo le 21. E dopo 94 udienze, compresa quella di ieri. L’aula è gremita. E infinita è l’attesa dei familiari dei sette operai morti quella notte a causa di un incendio sulla linea cinque delle acciaierie ThyssenKrupp di Torino. Una giornata di incertezza, fino all’ultimo momento. Nessuno dei legali può o riesce a fare previsioni: né il pool difensivo, con Cesare Zaccone, Ezio Audisio e Andrea Garavaneta, né la parte civile con Sergio Bonetto.

Sono 79 anni e mezzo di carcere quelli chiesti dall’accusa. Per l’amministratore delegato Harald Espenhahn, 45 anni di Essen, i magistrati coordinati dal procuratore Raffaele Guariniello avevano chiesto una pena di 16 anni e mezzo con l’accusa di omicidio doloso con dolo eventuale. Per la prima volta, in Italia, il capo di imputazione in un processo di morti sul lavoro è l’omicidio volontario. Contestato anche, ad Espenhahn come agli altri cinque imputati, incendio e rimozione dolosa di misure per la sicurezza: l’ad avrebbe deciso di posticipare i lavori per la messa in sicurezza dello stabilimento di Torino a una data successiva a quella della prevista chiusura e del trasferimento a Terni. Tralasciando così i rischi per i lavoratori. «Espenhan non è un cinico assassino», aveva detto l’avvocato Audisio nel chiederne l’assoluzione.

Anche la società ThyssenKrupp acciai speciali Terni è stata chiamata in causa dall’accusa come persona giuridica, con la richiesta del riconoscimento della responsabilità civile e del pagamento di una sanzione di 1,5 milioni di euro, l’esclusione da agevolazioni e sussidi per un anno, la revoca di quelli già concessi, il divieto di pubblicizzare i propri beni per un anno e la pubblicazione della sentenza sui maggiori quotidiani internazionali. È anche la prima volta che, a costituirsi parte civile, è un numero così alto di lavoratori: 48. Alcuni di loro sono stati ricollocati in altre aziende o enti. Altri cercano ancora oggi lavoro.

Nel corso della lunga veglia, i famigliari delle vittime ieri hanno ricevuto la visita del sindaco Sergio Chiamparino (anche Comune e Provincia di Torino, Regione Piemonte, Cgil e gli altri sindacati, oltre a varie associazioni, si sono costituiti parte civile) e del candidato piddino Piero Fassino.

Né naturalmente mancava Antonio Boccuzzi, parlamentare del Partito Democratico e unico sopravvissuto alla tragedia della ThyssenKrupp. Ce l’ha negli occhi e nella voce, quella notte d’inverno. Quando il rogo divampa violentemente in acciaieria, lì in corso Regina Margherita. Quando l’olio bollente in pressione fuoriesce da una vasca e le fiamme impazziscono. Quando i suoi colleghi vengono inghiottiti da quelle fiamme.

Ce li ha negli occhi, questo lungo processo cominciato a gennaio 2009 a Torino, e che rappresenta comunque un passaggio cruciale nella storia d’Italia. I testimoni che raccontano le debolezze nel sistema di sicurezza. Vengono chiamati a testimoniare anche tre ispettori della Asl 1 di Torino, accusati di aver favorito la multinazionale tedesca con controlli annunciati e prescrizioni tardive. E si avvalgono della facoltà di non rispondere.

I parenti delle vittime aspettano e non dimenticano le polemiche e l’attenzione di tutto il paese quando la difesa indica possibili «colpe» degli operai nel rogo dell’impianto e poi aggiusta il tiro nel sottolineare che alle vittime non sono imputabili. Tutti, qui a Torino, hanno negli occhi il video della polizia scientifica che mostra in aula le immagini del cadavere di Antonio Schiavone, il primo operaio arso vivo.

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