Renzi incassa la fiducia al Senato sul Jobs Act

È l’una di notte quando si chiudono gli scrutini del voto di fiducia all’indirizzo del Jobs Act di Renzi. Il premier è avvertito con un sms anche del fatto che i numeri fatti sono maggiori del previsto. Si dovrà fare i conti con la minoranza interna.

All’una di notte Matteo Renzi è avvertito che il governo ha incassato la fiducia sul Jobs Act e che lo ha fatto con numeri migliori del previsto visto che da quando è entrato in carica è la prima volta che ottiene 165 voti contro 111. Restano però delle questioni spinose ed aperte, prima tra tutti la relazione con la minoranza Pd che ancora si oppone alle riforme renziane e poi ci sono i tre senatori civatiani che hanno lasciato l’aula prima delle votazioni e il senatore democratico che dopo aver votato ha deciso di rassegnare le sue dimissioni.

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Intanto la riforma che pone un problema di scambio di vedute all’interno del partito di maggioranza, ottiene la fiducia al Senato ma anche una serie di pareri positivi dai rappresentanti delle autorità europee e sovranazionali. Renzi, intanto, certo che ormai andare avanti con le riforme e in primis con la riforma del lavoro sia un imperativo, avverte che se sarà necessario porrà la fiducia anche alla Camera. E lo dice mentre i sindacati e la minoranza Pd contraria al Jobs Act dicono di non voler mollare la presa sulla riforma del lavoro e chiedono più tempo per fare le loro valutazioni.

Per Renzi arriva intanto il plauso dell’Ocse che ritiene il Jobs Act un avanzamento benvenuto che contribuirà a dare all’Italia il dinamismo necessario per il suo percorso di crescita economica. Draghi che come il segretario generale dell’Ocse Gurria, si trova in America, ribadisce che gli elettori italiani dovrebbero mandare a casa i governi che non sono intervenuti contro la disoccupazione e dice di essere certo che il Jobs Act non si traduca in un aumento dei licenziamenti. Su questi, infatti, ha già fatto man bassa la crisi economica.