Il Congo e il mese del genocidio

Parlare di certi argomenti, specie alla mattina di un week end che sta per giungere e quindi iniziare, non è certo una di quelle attività che si fanno volentieri. Va però detto che risulta assolutamente inutile lasciare il silenzio riguardo un argomento che, per quanto possa risultare ripetitivo, dimostra quanto la democrazia e il buon senso spesso non siano una caratteristica di tutti. Soprattutto non lo sono per i grandi capi che governano in Congo.


L’antefatto risale al 30 ottobre, ma la vicenda sta proseguendo ancora in queste ore nonostante una tregua che poi tale non è. La notizia era già preoccupante in quel momento, ma le telecamere di tutto il mondo non potevano spostarsi da quello che, a detta di tutti, sarebbe stato l’avvenimento mediatico dell’anno: l’elezione del presidente degli Stati Uniti. Così nell’ombra dei media i ribelli congolesi potevano agire indisturbati, applicando tecniche da medioevo con esecuzioni sommarie, stupri di massa: per dirla in una parola: Carneficine.

E’da ormai più di 10 anni che in Congo esiste questa situazione che, a cadenza ormai mensile, si esaspera e sfocia in tragedie come questa. La reazione che si sta avendo a riguardo, però, è di quelle che, almeno personalmente, lascia molto perplesso. Le stesse Nazioni Unite rimangono nel loro casermone a difendere se stessi anziché mantenere l’equilibrio del paese, un Congo che quindi si sente più libero di assestare l’equilibrio a proprio piacimento con la forza delle armi.

Fa sorridere pensare che il Congo, in realtà, si chiama Repubblica Democratica del Congo, un nome forse che si rifà ai tempi andati e che magari bisognerebbe avere il buon senso di cambiare: democratica significa potere del popolo, non significa che il popolo deve morire a causa del potere. Un potere che deriva dal fatto che questo stato africano è il più ricco di risorse tra tutti quelli presenti: le grandi potenze europee ed extra-europee fanno a gara per accaparrarsi i giacimenti, alimentando in questo modo i conflitti solo per riuscire ad ottenere più ricchezza possibile. Ricchezza che poi svanisce nel giro di qualche mese o di qualche anno, riaccendendo inevitabilmente il conflitto.

La città di Goma nel panico, 250 mila profughi che stanno scappando dal paese, il terrore nelle strade. Se tutto questo significa “democratica” allora forse non ho capito mai nulla nella mia vita. E che non mi si venga a dire frasi di rito come: “Ma lì è sempre successo così, cosa ci vuoi fare?”, chiudere gli occhi di fronte a questa situazione significa accettare, silenziosamente, che la strage di Goma, che i 250 mila profughi e che gli stupri di massa, in fondo, ci possono anche stare bene.

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